Non sono in grado di dire che cosa le sardine diventeranno, gli effetti che potranno avere sulla politica e i partiti. Posso soltanto parlare delle reazioni che suscitano in me: io delle sardine conosco le immagini, le piazze piene, gremite di persone una vicina all’altra senza nessun simbolo o segnale politico. E poi il silenzio, che è la comunicazione delle sardine. Non so cosa accadrà a San Giovanni, ma se si passerà dal silenzio alla parola sarà una novità; e non è detto che le sardine riuscirebbero a restare unite come sono adesso. Tuttavia, quel silenzio ha un significato grande: ognuno conosce le ragioni che lo hanno portato in piazza, che possono essere le più varie; ma è evidente che tutti si ribellano alla quantità e alla qualità delle parole, dei rumori che gli vengono riversati addosso, perché tutti ne ricavano uno stato di disagio e di rifiuto tali da volerlo, doverlo esprimere con il silenzio, ognuno insieme a tanti altri come lui in silenzio. Sono l’opposto del pubblico degli applausi nei talk show.

Rifiutano l’uso smodato, offensivo e violento dei social, del web; come rifiutano la politica ridotta a selfie, degradata a urlo o sberleffo senza alcuna possibilità di verifica fattuale o razionale. E’ qualcosa che riguarda la nostra civiltà della comunicazione, si tratta di una comunicazione critica della comunicazione oggi dominante.

Come reagiranno i diversi personaggi della politica a questa manifestazione non sono in grado di dirlo, però capisco e condivido questo tipo di reazione. Noi viviamo in un universo della comunicazione dove la parola fondamentale è “virtuale”, quindi volersi riunire in modo “corporeo” è ricordare che il virtuale esiste perché esistiamo noi, corporeamente: con le teste e le idee che ci sono dentro, senza gridare. E’ un’affermazione in sé, una critica dell’esaltazione anticorporea del virtuale. Ci sono le persone, e queste persone fanno vedere che ci sono riunendosi.

Oggi sono cinquant’anni da Piazza Fontana, io ero già adulto, ricordo molto bene quel giorno e quelle immagini. La piazza del Duomo a Milano e le vie adiacenti, il 15 dicembre giorno dei funerali era gremita, piena di persone strette una all’altra, in assoluto silenzio. E’ stata quella forse la prima piazza delle “sardine” di cui ho memoria. Se posso esprimere un augurio a questo Paese, lo faccio ricordando quella piazza in cui c’era la parte migliore dell’Italia, in silenzio, senza bisogno di identificarsi in simboli o insegne perché quella presenza e quel silenzio dicevano già tutto l’essenziale. Grazie a quella parte d’Italia, il nostro paese in questo mezzo secolo in cui ne ha passate tante è riuscito a restare in piedi. Il mio auspicio, il mio augurio è che quella Italia non si sia dispersa, che riseca a ritrovarsi; che, forse, cominci a ritrovarsi.