Il linguaggio ricorda gli schedari della polizia politica di uno Stato delle banane a caso: «Giorgio Bianchi, noto freelance italiano in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso». Stop. Quello di Bianchi è solo uno dei nomi della fantomatica rete putiniana dItalia su cui sta indagando il Copasir (il comitato di controllo parlamentare sulla sicurezza e i servizi) e che il Corriere della Sera, giornale della borghesia liberale, ha avuto la cortesia di raccogliere in una simpatica lista di proscrizione con tanto di fotine e didascalie dei protagonisti: mancavano solo i numeri di cellulare e gli indirizzi. Ci sono fotoreporter come Bianchi, freelance e influencer come Laura Ruggeri e Maurizio Vezzosi, vecchi comunisti come Manlio Dinucci, lormai noto professor Alessandro Orsini, ma anche parlamentari della repubblica come il pentastellato Vito Petrocelli. Secondo il Corriere costoro non agiscono spontaneamente, ma si muovono coordinati come una falange in una «rete complessa e variegata che coinvolge socialnetwork, tv e giornali», con una preferenza per il web: Twitter, Facebook, Tik Tok, Telegram, Instagram. ExitNews le piattaforme da dove lanciare i dardi avvelenati della propaganda putiniana. E nulla avviene a caso: «La rete si attiva nei momenti chiave del conflitto», giurano Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, autrici dello scoop. Siamo ai limiti della mitomania, un po come accadeva con la geometrica potenza che i quotidiani negli anni di piombo attribuivano alle Brigate rosse senza alcuna cognizione di causa. Ma a riprova della forza di questa Russia connection ci sarebbero le apparizioni televisive nei passaggi cruciali della crisi ad esempio come durante il voto sullinvio di armi a Kiev e con il mail bombing a senatori e deputati. E non è necessario sostenere la guerra di Putin per finire in lista, basta schierarsi contro le sanzioni a Mosca o pensare che siano nocive per lUnione europea e si viene automaticamente arruolati nella diabolica rete. Attenzione poi, non tutto avviene alla luce del sole: «La rete si muove in pubblico ma anche riservatamente» esercitando in modo subdolo pressioni sul mondo della politica e dellinformazione. Insomma, stando agli «allarmi» del Copasir parrebbe che una significativa fetta della società italiana che conta sia sul libro paga del Cremlino, Peccato che nessuno parli di finanziamenti russi né tanto meno ne fornisca un indizio concreto. Non cè alcun archivio Mitrokin da spulciare, nessuna spia o nemico interno da scovare, solo persone colpevoli di esprimere le proprie opinioni per quanto stupide o faziose possano essere.Ma qui siamo nel campo del confronto delle idee, del dibattito democratico e non si capisce cosa mai centrino i nostri servizi segreti. I proscritti hanno forse commesso dei reati o sono accusati di averli commessi? Niente affatto. E soprattutto niente che giustifichi lo zelo maccartista con cui il Corriere sbatte i mostri in prima pagina. La lista dei putiniani dItalia è uno dei punti più bassi che la nostra informazione ha toccato da quando lesercito di Mosca è entrato inm Ucraina, un misto di squadrismo e cialtroneria, un esercizio del tutto speculare al negazionismo sui crimini russi a Bucha e Mariupol o alla narrazione tossica degli ucraini tutti nazisti. Va da sé che la vicenda ha generato ruvide polemiche e lo sconcerto degli interessati (Orsini deciso di querelare il quotidiano di via Solferino). Al punto che lo stesso presidente del Copasir Adolfo Urso (Fdi) si è sentito in dovere di intervenire, smentendo in parte lesistenza di uno schedario di personalità filorusse: «La lista lho letta sul giornale, io non la conoscevo prima». Ma confermando lindagine in corso: «Ho ricevuto proprio stamane un report specifico sulla questione, ma si tratta di materiale che come sempre resta classificato». Siamo curiosi di sapere cosa mai uscirà fuori dallindagine e cosa saranno capaci di inventarsi per giustificare questo (probabile) spreco di denaro pubblico. Nel frattempo i cataloghi dei nemici politici, e le liste dei cattivi lasciamoli fare a Russia Today e ai servizi di sicurezza del Cremlino. Una democrazia come la nostra non ne ha bisogno.