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A volte le parole nascondono, proprio per la loro storia, tutto un mondo da ricordare e ravvivare. Competenze, il latino ci ricorda appunto, dirigersi, ambire, orientarsi, “con”. Insomma, ambire insieme. Le competenze sono una combinazione fortunata di capacità, prospettiva “più- che- individuale” e di tensione verso un obiettivo. E, si sa, per arrivare ad un obiettivo, occorre non solo conoscere la strada che porta verso l’obiettivo, ma anche avere la maitrise del come percorrere quella strada tenendo, non lo si sottolinea mai abbastanza, la rotta.
Fra le molte idee che si trovano ivi sistematizzate anche facendo eco ad un paradigma consolidato a livello internazionale, nel quale si coniuga innovazione, sviluppo, sostenibilità sociale ed ambientale, partecipazione delle scelte, qualità delle regole, il Piano Colao include il tema delle competenze a più riprese. È bene su questo tema tornare soffermandosi anche su quei nessi che intercorrono fra cio’ che viene definita “dote formativa” e il mondo delle professioni, soprattutto pensato in interazione con la PA. Cominciamo dalla spinta alla formazione su nuove competenze.
Il rapporto PISA ha mostrato che l’Italia si caratterizza per un gap significativo in termini di financial e scientific literacy, un gap tanto più critico se si pensa che la società del XXI secolo è una società nella quale l’esercizio di una cittadinanza critica e attenta passa dalla consapevolezza con la quale cittadini e comunità si confrontano con informazioni e dati che attengono ai settori delle scienze naturali e matematiche applicate. Ma non solo. Viene richiamato il gap fra la domanda del mercato del lavoro e la offerta di conoscenze e competenze certificate e validate – ossia riconoscibili con titolo come tali perché erogate da istituzioni che sono deputate a questo per missione, le università. Education to employment significa anche integrare il mondo dei professionisti e delle professioni di impresa nella formazione soprattutto adesso, a fronte di una finestra spalancata di opportunità di erogazione anche di DAD, che per professionisti anche operativi con forte mobilità risulta un interessante strumento per avere in “aula” virtuale o materiale le testimonianze e le competenze narrate i case uses di attori che si muovono nel mondo dell’economia, finanza, governance in senso ampio. Education to employment significa employment toward education, fra le altre cose.
Poi si tratta di pensare, finalmente (!) la dote educativa come un patrimonio da coltivare, da crescere, ed accrescere, durante tutta la carriera, anzi, no durante tutta la vita. Si tratta di rimodulare l’accesso alla formazione e alla professionalizzazione in relazione agli sviluppi della carriera e della vita, senza che barriere preconcette e prestrutturate senza alcun significato funzionale ormai per la crescita della persona e della società siano frapposte fra la domanda e l’offerta di formazione. Nel mondo delle professioni, sia legali, sia tecnico- scientifiche, si tratta di una rivoluzione di paradigma. Non una abilitazione one shot, ma un percorso, la cui programmazione e la cui responsabilità deve stare in capo a chi, negli studi e nelle realtà di carattere imprenditoriale, si occupa della governance. È tempo di smettere di pensare che la formazione professionale sia aggiornamento, come si farebbe un aggiornamento di un software dove mancano alcune delle novità di ultima generazione, proposte dalla scienza informatica. Si tratta piuttosto di pensare che la intera policy di formazione in uno studio cosi’ come in una qualsiasi organizzazione pubblica e/ o privata che si muove lungo una filiera di produzione di valore debba essere la policy cardine. Costruire su competenze, integrate, sapendo come ciascuna di esse sarà valorizzata e sarà operazionalizzata nel contesto di una organizzazione. Allora non è più aggiornamento, non è più il conseguimento di crediti, è il pensare ciascuno a cosa si puo’ imparare a fare per costruire insieme agli altri che a loro volta avranno imparato a fare qualcosa o a pensare in un qualche modo nuovo. La dote educativa dovrebbe tradursi nel mondo delle professioni in un indicatore di qualità di uno studio, tanto più investe sulla costruzione delle competenze, durature. Uscire dalla trappola nella quale facilmente si finisce se si pensa la formazione e le competenze come uno strumento per produrre di più e meglio e le si comincia a concepire come dotazioni infrastrutturali, che stanno “infra” le strutture, rafforzando cooperazione, proiezione condivisa verso strategie di crescita future. Perché fare insieme significa fare fiducia, e fare fiducia sulla base delle competenze, significa fare futuro.
* OECD Justice Research Committee Chair Political Science University di Bologna