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Arturo Scotto, esponente del Partito democratico
«Per tornare a essere alternativa di governo, dobbiamo riprendere in mano la bandiera delle questioni sociali e sottrarla a una destra che se ne è impossessata in maniera propagandistica». Arturo Scotto, capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, è convinto che solo se la sinistra torna a fare la sinistra può tornare a essere credibile agli occhi dell’elettorato. E la battaglia sul salario minimo legale è un buon punto di partenza per imboccare la giusta direzione.
Onorevole, un sito, “salariominimosubito. it”, che va in tilt per i troppi accessi e oltre centomila sottoscrizioni in poche ore a sostegno della proposta di legge delle opposizioni. Vi aspettavate questo successo?
Questa partecipazione è la risposta più naturale a tutte le critiche piovute negli ultimi giorni. Questo tema non è una bandierina piazzata da qualcuno ma attraversa la carne viva del Paese, riguarda la condizione materiale di milioni di persone. Non si tratta solo di quelli che definiamo “lavoratori poveri”, ma di una larga fascia di popolazione che vive con insofferenza i bassi salari e la precarietà. Sono convinto che questa iniziativa, da qui a fine settembre, farà registrare dei numeri impressionanti.
Lunedì la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha aperto uno spiraglio per un provvedimento a sostegno dei salari più bassi. La premier sta provando a raddrizzare il tiro su tema così “popolare”?
La stessa scelta di convocare le opposizioni sul salario minimo, per quanto sapientemente costruita sul piano mediatico, è la spia di una difficoltà del governo. Del resto, quando più di un mese fa abbiamo depositato la nostra proposta unitaria la risposta immediata della destra è stata presentare un emendamento soppressivo. Potevano chiudere la partita in venti minuti in Commissione ma non ci sono riusciti perché hanno trovato un muro da parte della minoranza, Quindi hanno prima virato sul congelamento dell'emendamento soppressivo e infine hanno optato per la sospensiva. In altre parole hanno provato a cancellare il salario minimo ma non ci sono riusciti.
Eppure avrebbero potuto forzare la mano...
Evidentemente anche settori del loro elettorato spingono perché ci sia una risposta non ambigua sui salari. Ma attenzione, noi parliamo di salario minimo legale, non di interventi frammentati sulla condizione dei lavoratori più esposti, che sarebbe un passo in avanti ma insufficiente. Negli ultimi 10 anni l'Italia è il Paese che ha perso maggiormente nel rapporto tra salari e inflazione, chi ha perso meno sono i Paesi con un salario minimo legale. Qualcosa vorrà pur dire...
Per la premier però l'introduzione del provvedimento proposto dalle opposizioni potrebbe provocare una rimodulazione “a ribasso” di tutti i contratti. Non vede questo rischio?
Meloni evidentemente non ha letto la nostra legge che è molto chiara in merito. Noi stabiliamo solo un trattamento minimo economico, legandolo al contratto collettivo nazionale. Faccio un esempio: il contratto della vigilanza privata attualmente prevede un minimo tabellare di 5,5 euro l'ora, con la nostra legge passa a 9. Ma se il minimo tabellare è invece quello metalmeccanico, che prevede 12 euro l'ora, resta tale, non può scendere.
Ora toccherà al Cnel elaborare una soluzione condivisa sul rafforzamento dei salari entro 60 giorni. Come giudica questa scelta?
Il governo non ha un'idea, è questa la realtà. La maggioranza è confusa e divisa, visto che persino la timida apertura di Meloni è stata stoppata da Salvini e Tajani. La scelta di demandare tutto al Cnel sta dentro questa dinamica ma rappresenta anche uno schiaffo oggettivo al ministro del Lavoro, che nei fatti è stato deposto dalle sue funzioni. Il Cnel non può diventare una terza Camera e nemmeno un governo ombra.
Ma il Cnel non aveva già depositato un testo in commissione Lavoro?
Sì, ma non si parlava per nulla di salario minimo. Il Cnel lega il problema dei salari alla bassa produttività. Ma come si fa a sostenere una tesi del genere con un rider? Il problema sta altrove, è lo sfruttamento.
È la prima volta dalla nascita del governo Meloni che le opposizioni, a eccezioni Italia viva, marciano compatte verso un obiettivo comune. Quella sul salario minimo può essere la prova generale di un'intesa più ampia tra le forze di minoranza?
Io mi limito a notare che questo tema ha finalmente riunificato i principali partiti di opposizione presenti in Parlamento. Se ci fossimo presentati davanti al governo con sei testi diversi, le sei proposte iniziali, non avremmo raggiunto nessun risultato. Il successo è figlio dell'unità. Questo significa che ci troviamo davanti a nuovi campi larghi o stretti? Indubbiamente no, i campi si costruiscono su un piano programmatico solido purché sia socialmente decifrabile, cioè in grado di far capire a tutti da che parte si sceglie di stare e persino contro chi. Se saremo in grado di non frantumarci da qui alle Europee ne beneficeremo tutti.