Se non fosse del Movimento 5 Stelle non ci sarebbe nulla di strano. Ma Cinzia Leone è un’attivista e senatrice pentastellata che sostiene lo sciopero della fame di Rita Bernardini per accendere i riflettori sul sovraffollamento carcerario. Un caso più unico che raro tra i grillini, storicamente non troppo sensibili al tema dei diritti dietro le sbarre. Leone è un’apostata del giustizialismo, fiera della propria abiura, tanto da farne oggetto di un intervento di fine seduta ieri a Palazzo Madama.

Senatrice, da dove nasce questa sua posizione eretica rispetto allo spirito del suo partito, il Movimento 5 Stelle?

L'aspetto umanitario, dal mio punto di vista, prevale sull'orientamento politico. Lo scorso anno ho avuto la possibilità, grazie ai Radicali, di vivere l'esperienza del “Ferragosto in carcere”: sostenere oggi lo sciopero della fame di Rita (Bernardini, ndr), che stimo tantissimo, per me significa dare continuità a un percorso per la tutela dei cittadini detenuti che già avevo intrapreso. Perché tra la popolazione carceraria - che siano detenuti, agenti di polizia o operatori - l'emergenza Covid si fa sentire ancora di più. E non ci si può limitare a non guardare.

Certo, la pandemia ha acceso i riflettori sul carcere, ma anche prima del Covid non è che la situazione fosse rose e fiori...

Senz'altro, infatti io non conservo un bel ricordo di quel Ferragosto in carcere del 2019, prima dell’emergenza: persone senza acqua calda per lavarsi, costrette a vivere in promiscuità e in condizioni precarie di igiene. Altro che agenzia educativa e riabilitativa. Per me, come istituzione, è stato mortificante vedere gente in queste condizioni.

Per Marco Travaglio, punto di riferimento del mondo pentastellato, «solo una mente disturbata può pensare di difendere i detenuti dal Covid mandandoli a casa». Anche lei ha qualche problema?

Spesso dico questo: per parlare di carcere bisogna entrarci in un carcere. È un'esperienza forte e non sempre si è abbastanza corazzati per reggerla. Io ne sono uscita con le lacrime agli occhi. Ma bisogna spendere del tempo a parlare coi detenuti per capire. Tra i miei ricordi più vivi: una nonnina di 75 anni, in carcere perché vendeva magliette contraffatte in un quartiere di Palermo. Ma cosa ci fa una donna di quell'età in galera? Il carcere non può essere una discarica sociale. Se trattiamo queste persone come delle bestie abbiamo fallito, lo Stato ha fallito.

Anche il Movimento 5 Stelle, però, ha contribuito a questa narrazione del carcere come discarica sociale. Il suo partito dovrebbe fare un po' d'autocritica?

Sicuramente. Non posso dire che non sia come dice lei. Ma per quanto mi riguarda non rinuncio a dire la mia, non ho alcuna intenzione di mettere la testa sotto la sabbia, soprattutto in un contesto di pandemia che in quei luoghi amplifica la drammaticità dell'emergenza.

Si sente isolata nel M5S?

Occuparsi delle carceri, in generale, non rientra tra le priorità dell'agenda politica. C'è tanto da fare e io voglio dare il mio contributo. Sostengo la battaglia non violenta di Rita Bernardini, è una causa giusta e assurda allo stesso tempo, perché non dovremmo arrivare a questo punto. Mi creda, io vivo il mio mandato con estrema serietà e responsabilità e non posso sentirmi tranquilla sapendo che tre persone sono costrette a vivere in sette metri quadri. Alcuni colleghi del mio partito la pensano come me ma preferiscono non esporsi.

C'è imbarazzo a condurre battaglie di questo tipo nel Movimento?

No, imbarazzo non credo, c'è forse una questione culturale che porta la politica a dare la priorità ad altre cose.

Durante la prima ondata di Covid il ministro Bonafede aveva reso più snelle le procedure per accedere alle pene alternative. È bastato un polverone mediatico, la scarcerazione di presunti boss, per far tornare il Guardasigilli sui suoi passi. Ma quella era la strada giusta?

Dobbiamo assolutamente riprendere quel discorso interrotto dopo la prima ondata pandemica a causa di una polemica politica. Ricordiamo che quei provvedimenti erano richiesti da vari magistrati di sorveglianza.

Servirebbe subito un nuovo “svuota carceri”?

A mio avviso sì, approfittando dell'opportunità che una crisi ci sta dando. Chiaro, è solo la mia parola, io però ci credo.