Si è tenuto sabato il convegno nazionale di Unicost “Le Medee del nostro tempo: spunto di riflessione sull'infanzia violata”. Ne parliamo con un dei relatori, Raffaele Sabato, giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

In quanti modi si può violare l’infanzia di un bambino?

In molti modi: dal negargli una vita di “bambino”, spensierata e giocosa (anche per ragioni incolpevoli, quali difficoltà economiche e culturali), fino a negargli la vita vera e propria (come negli abusi fisici per violenze, nella denutrizione e nella morte nei paesi del sud del mondo). Ci sono poi gli abusi sessuali diretti, nonché gli stessi in maniere indirette, quali lo sfruttamento delle immagini dei bambini nelle reti di pedofilia. Vorrei però sottolineare delle forme di abuso più sottili, ma altrettanto pericolose: il negare al bambino l’istruzione (anche in questo caso talvolta possono esserci difficoltà economiche e culturali) o il consentire che il bambino subisca quella che si chiama “violenza assistita”: vivere in ambienti dove i genitori o altri familiari, tra loro o nei confronti di terzi, indulgano a violenza, o anche solo pratichino eccessiva e non filtrata esposizione a spettacoli, discorsi, immagini violente. Sono situazioni che danneggiano talvolta irrimediabilmente una personalità in formazione. Rispetto a questi tristi fenomeni, di cui si è discusso nel convegno, l’aggancio al personaggio eterno della Medea di Euripide è solo uno “spunto”. Il figlicidio in Medea si inserisce in tutt’altro contesto, quello della lucida denuncia – già nel mondo di oltre due millenni fa – della disuguaglianza di genere combattuta da una donna “atipica”, che già aveva violato le convenzioni dell’epoca scegliendosi essa stessa il partner, affiancandolo – cosa inusuale - nelle imprese eroiche a costo di più omicidi, e che – vistasi tradita per le ambizioni politiche dell’uomo che sposa la figlia del re – viola ancora una volta la legge della soggezione femminile, vendicandosi contro l’uomo e togliendogli non solo la discendenza già esistente, ma anche la possibilità di avere altri figli e il regno ( infatti porta a morte anche la rivale e il padre di lei). Poi, c’è anche la prospettiva positiva: Medea, che è una maga, ottiene rifugio altrove, promettendo a un altro re di procurargli discendenza in quanto conosce i farmaci adatti a favorire la procreazione. Insomma, Medea ci fa riflettere su temi diversi, pur sempre moderni.

La Cedu si trova a dover affrontare molti casi di infanzia violata?

Negli ultimi anni sono stati esaminati dei casi di violenza domestica che hanno comportato l’uccisione di bambini, di solito da parte di un padre violento. Uno dei casi più importanti si chiama Kurt c. Austria. Per il nostro Paese, si può ricordare la sentenza Landi c. Italia: una donna vittima di violenza domestica a opera del compagno convivente che, in un’escalation di condotte aggressive e maltrattanti, arriva a uccidere il figlio di un anno, dopo aver tentato di uccidere anche la compagna. Nei diversi casi esaminati si pongono due questioni principali: se lo Stato – informato della situazione dalle denunce – abbia fatto quanto necessario per prevenire l’escalation; se, una volta verificatosi un evento tragico, siano state fatte indagini e se la giustizia abbia fatto il suo corso. In un caso riguardante l’Italia, il nostro Paese è stato sanzionato per quest’ultimo aspetto, avendo lasciato prescrivere i reati per durata eccessiva dei processi. Con l’occasione, parlando di infanzia, vorrei ricordare che, a seguito di numerose sentenze della Corte, l’Italia è da un anno sotto sorveglianza rafforzata da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa in quanto il sistema italiano non è sembrato avere efficaci strumenti per consentire il mantenimento di contatti tra i bambini e i genitori separati o divorziati ( anche per comportamenti ostativi dell’altro genitore affidatario), o – nei casi di adozione non causata da abbandono “colpevole” - con i genitori biologici. Su tali temi mi sembra che possano incidere recenti riforme e mutamenti giurisprudenziali.

Esistono in Italia strumenti giudiziari adeguati alla tutela dei diritti dei minori?

Lo strumentario giuridico esistente è certamente adeguato. Il problema non riguarda gli strumenti, ma il loro utilizzo tempestivo e adeguato. In particolare, in alcuni casi si nota il ritardo da parte delle autorità italiane nell’” accorgersi” delle violenze; in altri la loro sottovalutazione, riducendosi spesso le violenze a questioni di conflittualità tra partner.

Come si pone l’Italia rispetto all’Europa?

Il Presidente Mattarella, nell’ambito di una sua recente visita presso l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha avuto parole di apprezzamento per il fatto che l’Europa talvolta richiami l’Italia agli obblighi che liberamente assume; ha anche detto però – ed è vero – che le carenze riguardano casi fortunatamente isolati in un sistema che ha – come già menzionato – uno strumentario di tutela adeguato, che si deve solo usare con efficacia.

Lei sarebbe favorevole alla figura dell’avvocato del minore nelle cause di separazione?

In Italia e in molti Paesi nelle cause di separazione e divorzio i figli non rivestono la posizione di parti del processo. Obblighi internazionali e norme comportamentali nazionali impongono ai giudici soltanto di sentire i minori per le decisioni che li riguardano, come l’affidamento. In altri casi, già in base alle attuali norme il giudice può nominare un curatore speciale ai minori che non siano adeguatamente rappresentati dai genitori. In aggiunta al curatore, una figura defensionale – in casi ben determinati, diversi da separazione e divorzio – ci potrebbe star bene. In alcuni Paesi tale ruolo è svolto da un avvocato dello Stato specializzato.