«La cosiddetta fuga dagli albi, determinata dalla stagione dei concorsi e dalla profonda crisi economica, in uno con quella endemica della giustizia, non mi allarma e non mi sorprende». Dina Marasco, presidente dell’Ordine degli avvocati di Lamezia Terme è chiara nell’esprimere il suo stato d’animo rispetto a quanto sta accadendo nella professione legale. «C’è sicuramente chi lascia perché deluso nelle sue aspettative – dice al Dubbio -, ma è pur vero che negli anni il bacino dell’avvocatura ha accolto e raccolto al suo interno anche tante persone poco motivate che non avevano trovato altra collocazione con il posto fisso. Anche nel nostro Ordine abbiamo registrato parecchie richieste di cancellazione, certamente superiori a quelle degli anni passati, e sono tanti i vincitori nel concorso per l’Ufficio del processo, che, per il momento, stante la legislazione attuale, non hanno ancora avanzato richiesta in tal senso. Non si può negare che il momento non sia particolarmente felice per chi vive della tutela dei diritti, ma si tratta di un dato comune a tutte le libere professioni. Nel nostro settore le maggiori criticità sono legate alla situazione penosa della giustizia nel Paese e ai tanti improvvidi interventi legislativi tesi ad erodere sempre più, piuttosto che a favorire e agevolare, le garanzie difensive». L’avvocatura sta affrontando un periodo di grandi cambiamenti. La questione, però, non riguarda una maggiore difficoltà, rispetto al passato, nell’indossare la toga. «Non so se fare l’avvocato oggi – commenta la presidente del Coa di Lamezia Terme sia diventato più difficile rispetto al passato. Sicuramente il “mestiere” dell’avvocato è radicalmente cambiato negli ultimi trent’anni, da quando cioè io ho mosso i primi passi, e potrei fare un lunghissimo elenco delle cose che sono mutate e di quelle per me importantissime che si sono perse per strada. Ma non credo che si tratti di un esercizio costruttivo. Il rimpianto per i tempi andati mi pare comune a tutte le generazioni. L’avvocato deve non solo essere capace di cambiare pelle e di adeguarsi al cambiamento, ma deve essere capace di governarlo se vuole essere vincente. Lamentarsi non solo non serve ma soprattutto è sterile e nocivo». Avremo sempre meno toghe? «Forse sarà così – evidenzia l’avvocata Marasco -, ma ancora vedo negli occhi dei nuovi avvocati che prestano il giuramento grande emozione ed entusiasmo e questo dato mi conforta. Un segnale si coglie probabilmente anche nella sensibile diminuzione del numero degli iscritti agli esami di avvocato. Quest’anno formeremo due sottocommissioni in meno, dieci rispetto alle tradizionali dodici, nel distretto della Corte di Appello di Catanzaro. Piuttosto, mi preoccuperei della qualità della prestazione legale che negli ultimi anni ha subito una certa erosione. Desta tanto allarme, e io ne soffro particolarmente, il progressivo abbassamento di qualità delle decisioni della giurisdizione ordinaria ma dobbiamo essere capaci anche di guardare in modo altrettanto critico a noi stessi e ammettere che la qualità si è un po’ diradata anche al nostro interno, complice un sistema scolastico sempre meno all’altezza del compito e quello universitario dominato da logiche di profitto economico». Gli avvocati, a detta della presidente dei legali lametini, devono prendere sempre più dimestichezza con le nuove tecnologie. Non è una questione di stravolgimento delle abitudini lavorative: si tratta di un nuovo modo per ottimizzare i tempi e le modalità del lavoro. «Grazie alle nuove tecnologie, anche in tempo di Covid, - afferma - abbiamo l’opportunità di confrontarci di continuo con le istituzioni forensi nazionali e con gli altri Ordini e l’impressione che si ricava è di grande omogeneità di problemi e criticità in tutto il territorio. Sono davvero rare le isole felici. È invece sul piano economico che nel nostro territorio si avverte una maggiore sofferenza stante la minor presenza di realtà economiche trainanti di più ampio respiro. Altra peculiarità è che i nostri Tribunali sono caratterizzati dal continuo avvicendamento di magistrati di prima nomina che qui iniziano a farsi le ossa, sulla pelle degli avvocati, per poi sparire nel firmamento come meteore, con inevitabili ripercussioni sullo smaltimento dei ruoli». La fase che si aprirà al termine dell’emergenza sanitaria potrebbe offrire nuove occasioni. Guai, però, a non farsi trovare pronti. «Io credo – aggiunge Marasco che la fase post pandemica, ammesso che inizi davvero, possa sortire effetti positivi nella misura in cui ciò avviene per ogni crisi. Da una crisi, le culture, gli ordinamenti, i singoli individui possono uscire annientati o rafforzati. Ritengo che al nostro interno vi siano le risorse giuste per cogliere le opportunità che si presenteranno». Il futuro si costruisce nel presente e con le radici bene salde. «Il necessario e inarrestabile cambiamento – conclude la presidente del Coa di Lamezia Terme - non significa certamente abdicare alla missione fondamentale della tutela dei diritti e a quella libertà che costituisce strumento e condizione stessa di democrazia. A tale proposito, proprio il tema della libertà e indipendenza della toga appare di particolare rilievo in un contesto, come quello attuale, intrappolato tra passato e futuro, tra modelli anche deontologici che andavano bene quando svolgevano la professione i miei avi, ma che oggi andrebbero sottoposti ad un momento di revisione critica, soprattutto pensando a che tipo di avvocato vogliamo per il futuro. Mi vengono in mente i recenti dibattiti sulla libertà per un avvocato di esprimere sui social la propria opinione su temi altamente sensibili o di esprimere nuove idee e nuovi modelli di professione. Pensiamo alla recente querelle sulle professioniste “legal” che sta agitando l’Ordine di Torino. Vicende “social” come questa possono essere occasione importante di riflessione».