Negli ultimi diciotto anni, ci dice la Svimez, quasi due milioni di giovani meridionali hanno abbandonato il nostro paese. Qualcuno è andato al Nord, moltissimi all’estero.

Due milioni vuol dire un po’ più di una intera Regione, come la Calabria o come la Sardegna. Capite? una intera Regione che scompare. E vuol dire quasi il 10 per cento della popolazione meridionale. Siccome però questi migranti sono quasi tutti giovani tra i 18 e 30 anni, la percentuale è molto, molto superiore: quasi la metà dei giovani meridionali è in fuga.

Se andate in vacanza al Sud, provate a fare una gita nei paesini di montagna, della Sicilia, della Calabria, dell’Abruzzo. Sono bellissimi. Bellissimi ma vuoti.

Sono ancora “vivi” perché fino a trent’anni fa, nonostante l’emigrazione, ci abitavano moltissime persone. Ora sono quasi deserti, silenziosi. Poche decine di residenti, tutti vecchi, un ufficio postale, i locali del comune, un droghiere, un bar che vende le sigarette e forse una trattoria quasi sempre senza clienti.

Il rapporto della Svimez, uscito l’altro giorno, mette i brividi. Il Sud, da quando è iniziata la crisi, è su una china che non sembra avere fine. La crescita del Pil, nonostante una ripresa tra il 2015 e il 2017, è a meno 10 per cento, mentre al Nord è al meno 4 per cento. Il che vuol dire che in questi pochi anni il divario tra Nord e Sud è ancora aumentato. E per il 2019 si prevede un’ulteriore frenata dello sviluppo al Mezzogiorno, compensata da un aumento al Nord. Investimenti pubblici per il Sud zero, i privati ci hanno messo qualche soldo tra il 2015 e il 2017 poi si sono ritirati.

Voi capite che considerare la questione meridionale quasi come una questione minore è una follia. Stando ai numeri nudi e crudi scopriamo che il fenomeno dell’emigrazione è quantitativamente quasi uguale al fenomeno dell’immigrazione. Eppure di immigrazione si parla moltissimo, si discute di come fermarla, viene posta al centro di tutte le discussioni politiche, presentata come l’emergenza delle emergenze. Sebbene i dati ci dicono che l’aumento degli immigrati non ha prodotto grandi danni, anzi ci ha salvati, in questi anni, dal crollo demografico, e ha portato risorse indispensabili alle casse dello Stato. E quando si propongono alla discussione questi numeri, in molti rispondono che il problema è quello di sostituire l’immigrazione con l’aumento delle nascite, mettendo a punto delle forti strategie di sostegno alla famiglia.

Sarà anche vero. E non voglio qui addentrarmi nella discussione ( che considero un po’ surreale) sulla sostituzione etnica, che è lo spauracchio dei sovranisti. Voglio solo far osservare che aumentare le nascite, per esempio al Sud, potrebbe non servire niente se poi la metà o più di quelli che nascono, a sedici anni se ne scappa via.

Il danno irreversibile che l’emigrazione ha procurato al Sud è incalcolabile. La perdita di forza lavoro giovane, di intelligenze, di sapere, ha ridotto molti paesi e città e province e in una condizione di povertà e di disperazione. Non solo mancano i soldi, manca lo Stato, mancano le strutture, mancano le scuole, le università, i musei, ma mancano le intelligenze e le braccia. Cioè manca l’umanità: tutto. Intelligenze e braccia sono andate a lavorare per il Nord, o per gli stranieri, e il prezzo sociale ed economico pagato dal Sud è mostruoso. Una cosa è pagare una tassa, una casa è regalare i propri figli. Naturalmente se vogliamo parlare di colpe dobbiamo chiamare in causa tutti. I partiti di sinistra e di destra, i giornali, le Tv, tutta l’informazione, gli imprenditori ( quelli del Sud, apatici, quelli del Nord, rapaci ed egoisti, che sono scesi al Mezzogiorno solo per raccattar sussidi e poi sono spariti), i sindacati, la magistratura, i prefetti. In questi decenni c’è stata come una specie di grande alleanza tra tutti questi soggetti che ha avuto come risultato l’impoverimento del Sud e la perdita di prospettive. I partiti hanno tagliato i fondi ( specie da quando la Lega Nord ha assunto un peso molto grande nella politica italiana, cioè dalla fine degli anni ottanta), e hanno rinunciato a sviluppare ricerca sociale e strategia. Il meridionalismo, che era stato uno dei punti forti dell’elaborazione teorica dei grandi partiti negli anni sessanta, è scomparso. Messo al bando. Voi sapete chi è Pasquale Saraceno? Forse si, ma se facciamo un sondaggio tra gli italiani credo che almeno il 90 per cento confesserà di non averlo mai sentito nominare.

L’informazione non ha mosso un dito per raccontare il Sud e rappresentarne le ragioni. Del resto c’è un dato che colpisce: le direzioni e i centri produttivi di tutte le Tv, tutte le radio, tutti i quotidiani e tutti i settimanali nazionali, risiedono al Nord. Tutte. Sotto Roma, zero. E’ immaginabile che un paese dove esiste un Meridione che non è in grado di produrre nemmeno un grammo di informazione, possa essere un paese equilibrato dal punto di vista territoriale? Tutti noi conosciamo le idee del Nord sul Sud. Nessuno conosce quelle del Sud sul Nord. E in questo modo il nordismo diventa senso comune, il sudismo diventa spazzatura. E alla fine la questione meridionale si riduce alla questione criminale, alla lotta alla mafia. E’ giustissimo combattere la mafia, ma pensare che la lotta alla mafia possa sostituire un “piano”, una “strategia” per il Sud, è come pensare che per governare bene una azienda, prendiamo la Fiat, bisogna mettere i metal detector all’uscita. la lotta alla mafia è stata una specia di scusa, per la politica. Una scusa per ignorare il Sud. e spesso ha prodotto danni, invece che sollievo, ha bloccato lo sviluppo, ha creato nuove ingiustizie.

Ora però, si dice, c’è il cambiamento. Un governo nuovo, nato dalla sconfitta dei partiti tradizionali, che agisce al di fuori degli schemi di destra e sinistra, che vuole azzerare le vecchie idee politiche, che vuole cambiare l’Italia. Benissimo. E questo governo che idee ha per il Sud?

Purtroppo finora non ha detto una parola. Tranne la promessa del reddito di cittadinanza, che è la promessa con la quale i 5 Stelle hanno stravinto le elezioni in tutte le regioni del Mezzogiorno. Il reddito di cittadinanza può essere un’ottima idea per combattere la povertà ( anche se è improbabile che si potrà realizzarlo, perché mancano i soldi, e perché certo non si può avere sia il reddito di cittadinanza sia la riduzione delle tasse) e tuttavia è semplicemente una misura sociale, che non garantisce sviluppo, ricchezza, modernità. Il reddito di cittadinanza non è una strategia per lo sviluppo del Meridione. Qual è la strategia che ha il governo?

Sento dire: turismo, turismo, turismo. Il Sud è bello e basta. Usiamo la sua bellezza per venderla i turisti. E questa vi sembra una strategia? A me pare una resa. E’ come dire: il Sud è perduto, vediamo almeno di monetizzare il suo mare e i suoi monti. Il turismo sicuramente può essere parte della ripresa del Sud, ma non può essere la sola scelta. Vogliamo dire ai ragazzi del Sud: scegliete, o andate a fare i camerieri in un hotel oppure emigrate?

Il Sud ha bisogno di opere pubbliche, di investimenti, di prospettive produttive e industriali. La riduzione del gap tra capacità produttive del Sud e del Nord ( che oggi è una voragine, una voragine che da 150 anni, incessantemente cresce, cresce, cresce) è la chiave, l’unica chiave, di sviluppo e di modernizzazione dell’Italia.

I nuovi governanti, riescono a capire questo? La ripresa del Sud, e dunque una strategia politica ed economica per il Sud, è la condizione indispensabile alla ripresa dell’Italia e al suo ritorno tra i grandi. Un paese zoppo, dove gira solo il Nord, è un paese morto. Che si allontana dall’Europa. Non si tratta di fare assomigliare il Veneto alla Baviera, il problema è quello di avvicinare lo sviluppo della Sicilia a quello, almeno, del Sud della Francia.

Se invece nella nuova maggioranza, sulla spinta di un vecchio leghismo nordista, prevarrà l’idea che l’Italia ha bisogno di un Nord tedesco e di un Sud greco e assistito, si va alla rovina. Tutto il paese va alla rovina. Per il nuovo governo il Sud non è una tra le tante sfide: è la madre di tutte le sfide. Molto, molto più della questione immigrazione, più della Flat Tax, del reddito di cittadinanza, dei vitalizi, della prescrizione...