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Luca Palamara
Come abbiamo più volte annotato su queste colonne, la magistratura italiana gode di una condizione di forza come nessun’altra al mondo. E’ indipendente dai cittadini e amministra la giustizia “in nome del popolo italiano”; è indipendente dalla politica (in altri Paese il Pm è sottoposto al controllo del ministro della Giustizia); ha un proprio organo di autogoverno che stabilisce promozioni e sanzioni. Si autodisciplina. Tuttavia le intercettazioni dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, dottor Luca Palamara, l’hanno fatta sprofondare nelle sabbie mobili del discredito e dello sconcerto.La politica corre ai ripari: se non ci saranno ulteriori rinvii, oggi il Guardasigilli presenterà alla maggioranza l’ultima versione della riforma dei criteri di elezione del Csm. Materia incandescente, che va ben ponderata e che forse impegna un trattamento con norma costituzionale.Ci vorrà tempo. Nell’attesa, va chiarito che nessuna disposizione legislativa, pur necessaria, può da sola risollevare la credibilità e l’autorevolezza dei magistrati. Non c’è un demiurgo procedurale - per di più se si tratta di un meccanismo a sorteggio: legittimo ma per forza di cose aleatorio - alle cui vesti aggrapparsi per uscire dal fango delle pastette, delle manovre, dei magheggi per mettere sulle poltrone “sensibili” gli amici degli amici. Perché non può che essere la magistratura stessa, con uno scatto di orgoglio e senso del proprio ruolo, a riabilitarsi agli occhi dei cittadini. E’ il caso di dirlo con nettezza: poiché l’esercizio della giurisdizione è uno dei pilastri della democrazia, quella che stiamo vivendo è una vera e propria emergenza. Da affrontare con determinazione: oltre alla riforma, occorre un’autoriforma. Il contributo delle toghe al rafforzamento della democrazia è indiscutibile, come indiscutibile è la necessità che si impediscano, attraverso lo scioglimento delle correnti e altre misure, le degenerazioni che sono state squadernate.Chi entra in un’aula giudiziaria deve essere tranquillo che verrà giudicato con imparzialità applicando la legge, dopo essere stato indagato con i limiti e la tutela dei diritti che essa gli riserva. E’ ciò che avviene grazie all’impegno di migliaia di magistrati i quali non meritano un’ondata di discredito che tutto travolge e niente distingue. E visto che ci siamo, una giustizia efficace non può non prevedere un sistema di check and balance tra toghe e avvocatura. Che è la migliore garanzia, anche per i magistrati, di adeguato controllo e democratico bilanciamento. Riprendere il tema dell’avvocato in Costituzione da questo punto di vista, appare auspicabile.