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EDITORIALE
C’è una stampa di regime che fiancheggia il ministro Orlando nella sua crociata contro la magistratura? Lo sostiene il giornale ufficioso dei Pm – Il Fatto Quotidiano – nell’editoriale del direttore, pubblicato ieri in prima pagina.
Prima di tutto bisognerebbe capire bene cosa si intende per regime. Il “regime Gentiloni”? O addirittura il “regime Orlando”? Non credo che ci voglia moltissima fantasia per capire che in Italia, in questo momento, il rischio politico è il caos e l’ingovernabilità, non certo il regime. Ci sono almeno tre schieramenti in corsa per vincere le elezioni politiche ( con pari possibilità). E’ il regime del ministro Orlando o di Davigo e dei maestri dell’Etica?
Epoi ci sono un bel gruppetto di partiti e sottopartiti che cercano un loro spazio, voci di scissioni, di riaggregazioni, eccetera. Non succedeva esattamente così né nell’Italia di Mussolini né nella Russia di Breznev. In genere nei regimi c’è una sola lista elettorale che è in grado di vincere le elezioni ( se ci sono le elezioni), non è legale l’ opposizione.
Ma allora perché il Fatto, e il suo “vate”, il dottor Davigo, si ostinano a parlare di regime?
Credo che ci siano due ragioni.
La prima è la necessità di difendere una richiesta corporativa dell’Anm ( l’associazione magistrati guidata da Davigo) e cioè l’aumento dell’età della pensione. Richiesta praticamente indifendibile davanti all’opinione pubblica.
La seconda è una ragione di potere. Se ci fate caso, è quasi sempre così: quando, in democrazia, si parla di regime, chi ne parla serba in qualche angolo del suo animo una sua propria aspirazione al regime. O comunque a un forte aumento del proprio potere.
C’è un settore importante – anche se forse non maggioritario, ma egemone – della magistratura, che si è convinto della necessità di aumentare il proprio potere.
Non è detto che questo desiderio sia originato semplicemente da ambizioni personali o da fini oscuri; anzi, molto probabilmente dipende in larghissima parte da un altro fattore: la convinzione che la società sia corrotta e che sia corrotto lo Stato, e che dunque occorra una drastica azione di pulizia, e che questa azione non possa essere condotta in un regime fortemente democratico e di equilibrio di poteri, ma solo in presenza di un soggetto forte – e cioè la magistratura – che possa agire indisturbato, che possa far prevalere il sospetto sul diritto, che non debba rispondere a nessuno. E’ una specie di pulsione autoritaria originata da una spinta etica. E non è detto che l’aspetto più pericoloso di questo fenomeno sia l’aspetto autoritario: forse è proprio l’aspirazione all’etica, che in alcuni casi diventa la culla del fondamentalismo e dell’integralismo.
Nel caso specifico, Davigo e Travaglio contestano al ministro Orlando di volersi scegliere lui i giudici che gli fanno comodo.
Fingendo di non sapere che nessun Pm e nessun giudice e nessun procuratore o presidente di nessun luogo o grado della magistratura è nominato dal governo, né in alcun modo il governo, o il ministro o chi per lui può influenzarne o pretenderne la nomina. In questo caso la polemica di Davigo e Travaglio è esplicitamente contro il Presidente della Cassazione, Giovanni Canzio. Per quale ragione? Canzio è un interprete molto rigoroso del diritto e un difensore dello Stato di diritto, e dunque – comprensibilmente e legittimamente – non sta molto simpatico a Davigo e Travaglio, che hanno un’idea diversa di giustizia, abbastanza lontana dallo Stato di diritto. Ma chi lo ha nominato Canzio? Il Consiglio superiore della magistratura. E da chi è composto questo consiglio superiore? Lo abbiamo già detto nei giorni scorsi: per i due terzi da magistrati scelti dagli altri magistrati secondo le indicazioni ( per la verità un po’ partitocratiche o correnti– cratiche) dell’Anm, cioè del cosiddetto partito dei Pm guidato da Davigo. Sulla nomina di Canzio il governo ha avuto un peso pari a zero, l’Anm un peso enorme.
Diciamo che il governo, e Orlando, per ragioni di opportunità e per non lasciare la Cassazione senza una guida, quando è stato varato il provvedimento sulle pensioni a 70 anni per i magistrati ( che ha fatto infuriare molti magistrati che in pensione non ci vogliono andare), ha concesso una proroga ( non di un decennio: di un anno!) alle massime cariche in modo da non provocare traumi. Una proroga ai magistrati nominati dal Csm e scelti dall’Anm! E questa sarebbe l’ingerenza? E così si metterebbe in discussione l’autonomia della magistratura?
Ma avete una idea vaga di quale sia il potere dei governi, rispetto alla magistratura, negli altri paesi occidentali, dalla Francia agli Stati Uniti? Dieci volte superiore al potere dell’esecutivo in Italia.
E allora di quale regime e di quali giornali di regime, si parla? Beh, forse qualche giornale di regime c’è, se posso fare un paradosso. In qualunque altro paese, dove la stampa è critica e autonoma, una sollevazione corporativa e scombiccherata come quella di Davigo e di una parte dell’Anm per ‘ sto fatto delle pensioni, sarebbe stata massacrata di critiche e di ironia, su tutti gli organi di informazione. Qui da noi silenzio. Perché la stampa, in larghissima parte, è subordinata alla magistratura e non osa criticarla o metterla in burla. Tutto qui. ( E tuttavia, anche in questo caso, se parliamo di regime lo facciamo per puro spirito polemico).
P. S. Nello stesso articolo del “Fatto” del quale riferivamo, c’era un altro elemento interessante. Si diceva che per mettere in prigione, in Italia, tutti quelli che se lo meriterebbero, altro che le attuali carceri, “non basterebbero gli stadi! “. Oddio: Gli stadi? Come faceva Pinochet?
Gli sarà scappata, d’accordo, però certe espressioni, quando scappano...