Lella Paita, capogruppo di Iv in Senato, risponde al coordinatore dell’area riformista, il dem Alessandro Alfieri, che su questo giornale aveva definito «offensive» le parole dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi contro gli stessi riformisti, accusati di non uscire allo scoperto sul referendum sul Jobs act perché decisi a mantenere il proprio poto nelle future liste elettorali del Pd.

Senatrice Paita, sulle colonne del nostro giornale il dem Alessandro Alfieri ha definito «offensive» le parole di Renzi sui riformisti del Pd riguardo ai referendum sul Jobs act, cosa risponde Italia Viva?

Le uniche offese sono quelle che Renzi ha ricevuto quando è stato stato accusato di aver creato precarietà con il Jobs act. Non abbiamo sentito forte e chiara la voce di Alfieri in difesa di un provvedimento che i riformisti del Pd hanno votato, anche se non se lo ricordano. Noi non accusiamo Landini e Schlein di avere una posizione diversa sul Jobs act, perché loro la avevano fin dall’inizio. È più discutibile che, chi ha votato quella riforma, oggi non la sostenga apertamente e rilasci dichiarazioni sempre molto tiepide. Noi rivendichiamo orgogliosamente quella stagione riformista: gli 80 euro, l’Irap, il Jobs act, il milione di posti di lavoro a tempo indeterminato creato. I riformisti sono così, persone che lavorano per il futuro, che fanno scelte importanti e non le rinnegano, ma le portano avanti con coerenza.

Alfieri dice anche che Renzi dovrebbe occuparsi di più di prendere voti alla destra, piuttosto che toglierli al Pd: che ne pensa?

Chiunque passi dal Senato sa che Matteo Renzi è molto concentrato nella costruzione di una alternativa a Giorgia Meloni. Italia viva e Renzi in particolare sta portando avanti una durissima opposizione a questo governo, che sta facendo danni enormi al paese, a cominciare dall’economia. Come è accaduto ieri al Senato, quando abbiamo messo l’imbarazzante ministro Urso davanti alle sue responsabilità, dati alla mano: dal calo della produzione industriale per 26 mesi consecutivi al caro energia, dal disastro dell’Ilva al fallimento di Transizione 5.0, dalla riduzione della fiducia delle imprese e delle vendite al dettaglio fino ai dazi, che il governo continua a minimizzare per compiacere Trump. Italia viva si sta attivamente impegnando a smascherare le bugie del governo. Semmai, è chi porta avanti una discussione con lo sguardo rivolto indietro, e che non avremmo mai voluto fare, come questa sul Jobs act, che fa un favore a Meloni. Anziché mettere al centro la critica a quanto questo governo e la destra non stanno facendo, si parla di quanto ha fatto, peraltro di buono, un governo del centrosinistra? È paradossale.

Come i firmatari della lettera a Repubblica in cui spiegano che non ritireranno le schede sul Jobs act, Alfieri ha detto che farà lo stesso: non è una mano tesa a Iv?

La nostra indicazione è, innanzitutto, di andare a votare ai referendum dell’ 8 e 9 giugno. E poi di votare No ai due quesiti con Jobs act e Sì a quello sulla cittadinanza. Se Alfieri e gli altri riformisti del Pd voteranno come noi, ne saremo lieti. Capisco il suo l’imbarazzo e quello di tutti i riformisti del Pd. Loro sono veramente in una posizione scomoda.

Nel Pd i contrari alla linea del Nazareno sono molti, alcuni dei quali contribuirono concretamente a scrivere la legge: è ancora possibile fare del Pd il perno di una coalizione di centrosinistra?

Italia viva e Matteo Renzi sono al lavoro per creare una coalizione alternativa alla destra che sia in grado, alle prossime elezioni, di battere Giorgia Meloni. Il Partito democratico è la forza principale di questa coalizione. Noi abbiamo un principio guida: non mettere veti e non riceverne. Con il centro e Italia viva è possibile vincere e lo vedremo già nelle Amministrative, a cominciare dalla mia Genova. Con Italia viva alle comunali, il centro sinistra vincerà, senza Italia viva alle regionali della Liguria il centro sinistra ha perso.

Il referendum sul Jobs act ha spaccato anche il sindacato, con la Cisl in posizione diversa rispetto a Cgil e Uil: crede sia necessario il dialogo tra sindacati il temi del lavoro?

L’unità sindacale è un valore per i lavoratori e per il rafforzamento della rappresentanza. L’augurio è che si possa tornare a quella stagione positiva. Forse un atteggiamento meno ideologico e meno rivolto al passato da parte della Cgil potrebbe aiutare a creare un clima più favorevole. Serve anche una operazione verità: se, sui due quesiti legati al Jobs act, dovesse vincere il Sì, non si tornerebbe all’articolo 18 ma alla riforma Monti- Fornero, che prevede un indennizzo pari a 24 mensilità anziché le 36 previste dal Jobs act. Una vera beffa per un dipendente costretto a subire un licenziamento illegittimo. Non cambierebbe nulla, se non in peggio. Anche perché l’emergenza, oggi, non sono i licenziamenti, ma gli stipendi troppo bassi.

I riformisti dem dicono di confrontarsi su altri temi, come salario minimo e sanità: Iv è disponibile?

La disponibilità al dialogo è totale sulle vere urgenze del Paese : salari, sanità, industria e trasporti. Lo faremo con le nostre idee e le nostre priorità programmatiche ma sempre aperti al confronto. La vera priorità del Paese è costruire una alternativa al governo Meloni che sta isolando e impoverendo l’Italia.