Alessandro Alfieri, coordinatore dell’area riformista nel Pd, non voterà i referendum sul Jobs act perché «è inutile riaprire una storia chiusa anni fa» ma definisce «offensive» le parole di Renzi contro gli stessi riformisti.

Senatore Alfieri, come giudica la lettera dei riformisti dem sul referendum, lei che dell’area riformista è il coordinatore?

Penso che la segretaria Schlein abbia espresso un’indicazione chiara in Direzione e allo stesso tempo ha detto che riconosceva e riconosce agibilità politica a chi sui referendum del Jobs act la pensa in maniera diversa. Questo è il primo punto. Quindi ognuno ha la sua libertà individuale e personale di esprimere una propria posizione. Mai nessuno ha pensato di dare indicazioni di voto come area riformista. Ognuno voterà secondo la propria linea di coerenza e la propria storia, considerati anche certi ruoli ricoperti durante la fase politica in cui stato votato e approvato il Jobs act.

Dunque, pur non avendola firmata, condivide quella lettera?

La mia opinione personale è nota da tempo. L’ho comunicato prima alla segretaria, poi l’ho detto negli organismi dirigenti. Non voterò a favore ai quesiti sul Jobs act mentre voterò sì agli altri quesiti. Penso che abbiamo bisogno in questo momento di battaglie che guardino al futuro e uniscano tutti, come sul salario minimo e sulla difesa della sanità pubblica, da fare in Parlamento e sul territorio.

Quindi i riformisti dem non voteranno i quesiti sul Jobs act?

Ripeto: ognuno è libero. E aggiungo un altro aspetto. Avendo la responsabilità di coordinatore dell’area riformista e sapendo che ognuno seguirà i propri convincimenti e la propria storia, sono stato molto chiaro nel dire a chi ha responsabilità di guida a livello locale nel partito che occorre garantire massimo impegno sul tema dei referendum, sulla conoscenza dei quesiti e sulla partecipazione. Siamo persone serie e quando vengono prese decisioni bisogna mettere in grado la comunità democratica di scegliere consapevolmente. Detto ciò, molti di noi sono usciti dall’Aula in direzione nazionale per evitare che ci fossero voti contrari rispetto alla linea della segretaria e mi sembra che tutto questo dimostri senso di responsabilità e correttezza dell’area riformista nei rapporti interni. A fronte di questo, reputo normali e legittime iniziative come la lettera.

Pensa che da qui ai referendum verranno prese altre iniziative?

Guardi, siccome non c’è un’indicazione dell’area riformista ognuno è libero di prendere le iniziative che crede. Vengo da una storia di impegno politico sempre in soggetti politici plurali e dunque nel rispetto reciproco sono convinto che si possano esprimere le proprie posizioni. Mi sembra che ognuno stia facendo la propria parte: stiamo dicendo tutti che bisogna andare a votare, poi ognuno seguirà la propria coscienza e la propria storia.

Quanto è diffusa la perplessità nel partito rispetto alla linea della segretaria?

Al netto di alcuni messaggi che sono stati un po’ strumentalizzati, penso che non ci sarà nessuno che farà mancare la propria partecipazione ai referendum. Di fronte al messaggio sbagliato della destra di non votare serve una risposta forte. Ciò non toglie che poi nel voto possano esserci scelte differenti. Ma ripeto: oggi la priorità è trovare battaglie che uniscano tutti i soggetti politici del centrosinistra e che possibilmente creino le condizioni di una maggiore unità sindacale.

Il Jobs act è un tema che di unità ne ha sempre creata poca…

Io cerco sempre di non fare polemiche e di lavorare per la massima unità possibile. Penso si debbano portare avanti battaglie su salari e sanità perché ci accomunano tutti. Il rischio è quello di riaprire una partita che si è chiusa anni fa. Dopo dieci anni è normale che qualcosa abbia funzionato e altro meriti aggiustamenti, come peraltro in parte è stato già fatto.

Renzi dice che i riformisti stanno nascosti per non perdere il posto nelle liste: cosa risponde?

Renzi fa il suo mestiere e prova a portare via un pezzo di consenso al Pd, ma spero che in futuro si concentri più nel portarli via alla destra e non a noi. Sono stato uno dei fondatori del Pd e continuo a pensare che si possano rappresentare idee riformiste senza rinnegare il nostro passato dentro un partito plurale. In ogni caso, ho trovato offensive le parole di Renzi nei confronti di chi sta con le proprie idee nel Pd. Ci vorrebbe un po’ più di rispetto se si vuole costruire l’alternativa insieme.