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Gian Domenico Caiazza, presidente dei penalisti italiani
«La Giunta UCPI esprime apprezzamento, solidarietà e sostegno per la dura azione non violenta con la quale un detenuto in regime di 41 bis, il signor Alfredo Cospito, ha inteso denunziare con forza, a rischio della propria vita, l’incivile barbarie di quel regime detentivo»: inizia così il documento dei penalisti italiani. Ne parliamo con il loro presidente Gian Domenico Caiazza.
«Apriremmo una diga a tutta una serie di pressioni da parte di detenuti che si trovano nello stesso stato» di detenzione se «lo stato di salute» di Cospito finisse per essere un condizionamento nell'allentamento del 41bis, ha detto il ministro Carlo Nordio due giorni fa nella sua informativa alla Camera sul caso dell’anarchico. Cosa ne pensa di questa affermazione?
In astratto questa risposta ha un senso. Non si tratta di riconsiderare una posizione perché il detenuto sta facendo lo sciopero della fame. Semmai occorre valutare se permangono le condizioni e le esigenze che hanno giustificato il 41 bis. Se c’è una persona che mette in atto una protesta nonviolenta non significa che bisogna accogliere necessariamente la sua richiesta ma che la si possa valutare certamente. Sarebbe singolare se per il fatto che Cospito fa lo sciopero della fame non si valutasse nuovamente il suo regime detentivo.
Lei parlava di protesta “nonviolenta”. Ma forse è diversa dai digiuni nonviolenti di Marco Pannella: mai assenza totale di cibo, una forma di dialogo con le istituzioni, in quanto tale lontana anni luce da ogni ipotesi di “prendere o lasciare”.
C’è sicuramente una differenza che Pannella rivendicava sempre: la nonviolenza è per la vita e non per la morte. Allora si discuteva se gli scioperi di Pannella fossero come quelli di Bobby Sands: è ovvio fossero diversi. Tuttavia quello di Cospito è innegabilmente nonviolento perché mette in discussione la propria salute, la propria vita. Fino a poco tempo fa prendeva gli integratori.
Ha deciso di rinunciarvi.
Questo non lo condivido. Mi sembra un modello non accettabile.
Come Giunta Ucpi avete espresso apprezzamento e solidarietà per l’iniziativa di Cospito.
.Perché ha dichiarato di farne una questione di carattere generale per tutti quelli rinchiusi al 41bis. È deprimente che la politica non abbia la forza per cogliere questa occasione per una riflessione seria sull’istituto. Lo Stato ha certamente il diritto ed il dovere di differenziare i regimi detentivi in ragione della gravità dei reati commessi dal detenuto, e della ritenuta, accertata sua pericolosità. Ma questo elementare principio di sicurezza non ha nulla a che fare con le regole odiose, violente, non di rado irragionevolmente sadiche che connotano il regime del 41 bis, strumento chiarissimamente finalizzato alla collaborazione. In questo senso è concettualmente pari alla tortura e questo potrebbe essere il momento per discutere di una forma di umanizzazione dello stesso. Impedire all’essere umano detenuto, quale che siano le colpe di cui si è macchiato, di non poter per decenni o per tutta la vita mai più abbracciare un figlio o un familiare che cosa ha a che fare con la sicurezza?
Però su questo l’onorevole Rita Dalla Chiesa in una recente intervista ha detto: «I boss incontrano i figli raramente? Io mio padre soltanto al cimitero…».
Ho letto l’intervista. Chi formula queste frasi, ossia un familiare con un dolore irreparabile verso cui nutro il massimo rispetto, dovrebbe rendersi conto che queste affermazioni sono una rivendicazione della legge del taglione. Se il parametro dell’afflittività della pena dovesse essere l’equivalenza del dolore che ha provato la vittima o i suoi familiari allora ci troveremmo nella condizione di occhio per occhio, dente per dente. Queste frasi che raccolgono facili consensi in realtà sono irresponsabili perché non ci si rende conto che si alimenta nell’opinione pubblica la cultura della vendetta. Questa non può essere la regola che ispira la vita di uno Stato di Diritto.
Voi scrivete: Cospito, 41 bis e la doppia morale delle anime belle. Intendete dire che non si sono fatte campagne simili quando ad esempio si trattava di Provenzano? Ci sono 41bis di seria A e 41bis di serie B?
Assolutamente sì. Questo conferma quello che dicevo: c’è una connotazione ideologica nell’affrontare questo tema. O si affronta quantomeno il tema della umanizzazione di questo regime per tutti o non lo si affronta per nessuno.