Il vicepresidente della commissione Affari costituzionali e senatore del Pd, Dario Parrini, definisce il testo sul premierato «invotabile nel suo complesso» e sull’autonomia spiega poi che «i primi a sapere che non ci sono i soldi per finanziare i Lep sono Salvini e Calderoli». Sull’eventuale candidatura di Schlein alle Europee è netto: «Candidarsi per un ruolo che non si svolgerà sarebbe sbagliato».

Senatore Parrini, anche la maggioranza sembra voler tornare indietro sulla norma antiribaltone: si può arrivare a una misura condivisa almeno in parte anche dal Pd?

Che dicano di voler togliere alcune delle disposizioni anomale e assurde del loro progetto di premierato ( indicazione in Costituzione della percentuale di seggi spettanti alla lista o coalizione di liste collegata al premier eletto; norma “antiribaltone” e “secondo premier”; mancanza di tetto ai mandati) è positivo. Vedremo se lo faranno davvero. Ma che lo facciano o no, non cambia di una virgola il nostro giudizio complessivo di totale contrarietà al ddl 935 Meloni- Casellati: perché non viene meno il cuore esplosivo di questa proposta, ovvero l’elezione diretta del premier. Una norma pericolosa, che distrugge la forma di governo parlamentare ed equilibri costituzionali fondamentali azzoppando il presidente della Repubblica e le Camere, irrigidendo eccessivamente la forma di governo e dando troppa forza a una sola persona ( il premier, assurdamente eleggibile anche se non ha con sé la maggioranza dei votanti) senza prevedere nessun contrappeso, e senza restituire ai cittadini il potere piu importante di tutti, quello di scegliere i loro rappresentanti in Parlamento, che viene posto in condizione servile in quanto eletto come strascico di una persona. L'Italia ha bisogno di migliorare il suo sistema parlamentare. Non di liquidarlo per creare una variante di presidenzialismo, il cosiddetto “presidenzialismo primoministeriale”, che non vige in nessuna democrazia al mondo.

Il presidente della Affari costituzionale Alberto balboni parla di «chiusura totale e pregiudiziale del Pd». Quali sono gli aspetti del testo che per voi restano invotabili?

È invotabile il provvedimento nel suo complesso, perché, come detto, l’Italia necessita di un parlamentarismo razionalizzato, non di un presidenzialismo squilibrato e sgangherato. E soprattutto avrebbe bisogno di una maggioranza desiderosa di instaurare con l'opposizione un dialogo vero. Perché le riforme della Costituzione a colpi di maggioranza sono una disgrazia.

Purtroppo il coinvolgimento reale dell'opposizione è sempre stato lontanissimo dalle intenzioni del destra- centro. All’ascolto non è mai seguita la ricerca di punti di incontro.

Intanto è cominciata la discussione in Aula sull'Autonomia, che le opposizioni hanno ribattezzato decreto ' Spacca Italia': perché?

Perché l'attuazione del progetto di autonomia differenziata del governo, che insieme al premierato è al centro di un basso baratto sulla pelle degli italiani, produrrebbe non solo un aumento dei divari sociali ed economici tra le diverse aree del Paese ma anche danni per tutte le Regioni, quelle più ricche e quelle più povere, perché colpirebbe pesantemente la possibilità stessa di condurre politiche pubbliche adeguate in settori fondamentali, a cominciare da infrastrutture, sociale, scuola, sanità, energia, sostegno agli investimenti.

La maggioranza dice che il decreto servirà a diminuire le disuguaglianze che invece oggi ci sono. Crede che si riuscirà a finanziare i Lep necessari a mettere in pratica la riforma?

I primi a sapere che non ci sono soldi per mantenere questa promessa sbagliata sono Calderoli e Salvini. I quali hanno però un solo obiettivo al momento: avere una bandierina ideologica da sventolare prima di giugno per provare a frenare l'annunciata caduta libera della Lega alle Europee rispetto al 34 per cento del 2019.

A proposito di Europee, la segretaria del Pd Elly Schlein non ha ancora ufficializzato la sua candidatura: pensa che la sua corsa sia opportuna?

In ogni caso serve una decisione in tempi rapidi, e con un adeguato coinvolgimento degli organi dirigenti del partito. Nel merito, mi riconosco nelle parole di Prodi: candidarsi per un ruolo che non si svolgerà sarebbe sbagliato. Peraltro i segretari del Pd, da Franceschini nel 2009 a Renzi e Zingaretti nel 2014 e nel 2019, non si sono mai candidati alle Europee. E non si candidarono nemmeno i segretari di Ds e Margherita ai tempi della lista Uniti nell'Ulivo nel 2004. Mi pare quanto meno necessario, e serio, interrogarsi a fondo sulle ragioni di una prassi ventennale, e sul fatto se sia opportuno rovesciarla. Che si candidi o no, Elly dovrà comunque essere protagonista della nostra campagna elettorale dando battaglia sulla base di una forte proposta europeista ed eurofederalista. Cosa fondamentale in un'epoca di grande aggressività dei nazionalismi illiberali.