Per il politologo Marco Tarchi cacciare i giovani di FdI protagonisti dei servizi di Fanpage «invece di formarli e educarli, non solo non risolve il problema, ma lo aggrava, spingendoli all’estremismo gruppuscolare». E una nuova svolta di Fiuggi da parte di meloni «sarebbe un segno di debolezza».

Professor Tarchi, come commenta la lettera di Giorgia Meloni ai dirigenti di FdI dopo quanto emerso dai servizi di Fanpage?

Sono argomentazioni ripetute già molte volte e in varie sedi. E che, fra l’altro, ribadiscono che il partito ha votato nel parlamento europeo una mozione che condannava il fascismo, oltre che il comunismo. Insistere a contestarla su questo punto è pura strumentalità. Detto ciò, è troppo facile scagliare l’anatema su alcuni giovani ingenui che, in privato, hanno espresso considerazioni molto sgradevoli per l’odierno senso comune. FdI, come già An e Msi, sia pure in circostanze ben diverse, attira molti ragazzi e ragazze motivati da un senso di insofferenza verso il mondo in cui si trovano a vivere, un tempo si sarebbe detto «che contestano il sistema», o perlomeno molti suoi aspetti, e che nella loro ricerca di alternative si richiamano ingenuamente in blocco a modelli del passato, su cui solo in seguito potranno esercitare senso critico. Cacciarli, invece di formarli e educarli, non solo non risolve il problema, ma lo aggrava, spingendoli all’estremismo gruppuscolare.

Crede anche lei, come ha suggerito il direttore del Maxxi Giuli, che Meloni dovrebbe definitivamente rinnegare l’elettorato di estrema destra perché vale molto poco rispetto ai “moderati” che oggi votano FdI?

Ma cosa significa «elettorato di estrema destra», oggi? Quello che ha apprezzato il libro di Vannacci? Che non ama l’immigrazione né il Gay pride? Che considera folli la gender theory e la cancel culture? Che ha una considerazione generalmente negativa dei politici di professione perché li considera incapaci e propensi alla corruzione? Che apprezza più Trump di Biden? Che è molto preoccupata del degradarsi della sicurezza quando vede certe scene di rivolta nelle banlieues di molte città e teme che fra poco sarà così anche in Italia? Beh, allora Meloni faccia attenzione, perché molti dei suoi elettori la pensano così.

Nel 1994 Fini fece la svolta di Fiuggi, dopo quella della Bolognina fatta qualche anno prima da Occhetto. Meloni dovrebbe oggi intestarsi una nuova Fiuggi?

Sarebbe solo un segno di debolezza. Occhetto aveva di fronte il crollo del muro di Berlino e della cortina di ferro. Meloni ha contro una classe giornalistico- intellettuale che da sempre è avversa alle idee che lei sostiene di avere e che, qualunque scelta facesse, la accuserebbe di essere ipocrita e la incalzerebbe con nuove intimazioni di abiure. Quanto al precedente di Fini, mi pare abbia dimostrato quanto valeva: oggi FdI ha il doppio dei voti di An e Fiuggi non ha certo eliminato la subordinazione al berlusconismo, che oggi è un problema superato.

Il dibattito si inserisce nella partita europea, con la destra che si avvicina al governo in Francia e con Meloni che cerca un ruolo nelle nomine della Commissione: pensa che sia possibile la nascita di una nuova destra europea?

No. Anzi, le vicende delle ultime settimane stanno mostrando quanto quell’ipotetico cartello sia slabbrato, diviso in tronconi e discorde su molti temi. Per non parlare delle invidie e delle antipatie personali fra i personaggi di maggiore spicco dei diversi gruppi che si contendono l’etichetta di patrioti e sovranisti. Ci saranno convergenze su un certo numero di questioni, ma niente di più. Non va poi dimenticato che tutti i partiti nazional- populisti, cioè quelli che fanno capo al gruppo di Marine Le Pen e Matteo Salvini Identità e Democrazia, i voti li raccolgono anche per le critiche vivaci che rivolgono all’Unione europea, mentre i conservatori, soprattutto in alcuni paesi, su questo versante sono molto più vicini all’establishment di Bruxelles, il che complica molto i rapporti. La gara a cercare legittimazione presso le istituzioni dell’UE scaricando su ex- alleati giudicati più sulfurei la patente dell’estremismo, come ha fatto ID con l’Alternative für Deutschland (ma non ECR con gli ex seguaci di Zemmour), non fa altro che complicare la situazione.

Dalla Rai al decreto Sicurezza, fino alla surrogata, la dialettica in maggioranza si è riacutizzata dopo le Europee, nonostante il buon risultato complessivo dei partiti di centrodestra: come se lo spiega?

Per il fatto che, una volta appurata la stabile consistenza dell’attuale elettorato del centrodestra – attorno al 48- 49% di quel 50% che va a votare –, si è aperta la caccia alla conquista degli spazi interni, con Forza Italia che vorrebbe ampliare l’aria dei moderati ma se la vede contendere da una Meloni che punta a spostare l’immagine del suo partito verso il centro, la Lega che punta a raccogliere i frutti di questa deriva già in atto sperando nel recupero di un elettorato di destra più “ruspante” e populista, che aveva contribuito ai successi del periodo 2017- 2019, E Fratelli d’Italia che vede messa in difficoltà la sua strategia morbida di approdo all’afascismo conservatore dalle polemiche alla Fanpage. La partita è aperta e i giocatori stanno in campo.

Su autonomia e premierato la dialettica è aperta, con i forzisti molto cauti soprattutto sulla prima: pensa che si arriverà in entrambi i casi alla resa dei conti con i referendum?

È senz’altro possibile, ma le sinistre dovrebbero tenere ben presente che per avere successo un referendum abrogativo deve portare alle urne almeno la metà più uno degli avanti diritto al voto. Se oggi quel quorum è difficilmente raggiungibile nel caso delle elezioni politiche e amministrative, si può immaginare che un invito a disertare le urne dei partiti di governo – che, con scarse defezioni a titolo personale, i provvedimenti in oggetto li hanno sostenuti e votati – metterebbe in seria crisi le prospettive di successo dell’iniziativa. E mi chiedo come farebbe, in un caso del genere, Forza Italia a tirarsi indietro, malgrado i mal di pancia di un certo numero di suoi esponenti meridionali. Il rischio di una crisi di governo, in un’ipotesi del genere, sarebbe molto elevato, e i forzisti non mi sembrano così indifferenti al mantenimento dei posti che occupano nell’esecutivo.