Il Consiglio nazionale forense sarà protagonista dell’Expo di Dubai con la presentazione del decalogo dei principi del diritto all’acqua. Si tratta di uno studio sulla normativa legata a questo bene essenziale al centro di numerose iniziative delle Nazioni Unite. Francesco Greco, vicepresidente del Cnf e coordinatore della Commissione per l’Expo, non nasconde la sua soddisfazione per il documento che sarà presentato a Dubai il 22 marzo e che tre giorni dopo verrà distribuito in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense. «Il diritto all’acqua – evidenzia Greco - è un diritto umano fondamentale, sebbene faticosamente lo si provi a riconoscere come tale nel diritto internazionale. Ecco perché dovrebbe trovare piena affermazione nelle Costituzioni nazionali. Nell’area euro, solo la Slovenia prevede espressamente il diritto all’acqua nella sua Costituzione a seguito di una revisione del 2016».

Avvocato Greco, il decalogo sull’acqua redatto dal Cnf non si pone confini? 

«Il nostro progetto è il frutto di un intenso lavoro di studio. Ha trovato, questa è una notizia dell’ultim’ora, pure il sostegno della sindaca di Assisi. La città umbra è infatti candidata al World water Forum nel 2024. Ci siamo impegnati nel sensibilizzare giuristi ed istituzioni, soprattutto in riferimento al fatto che in alcune parti del mondo non esistono regole per quanto riguarda l’utilizzo dell’acqua. Mancano principi positivi, cogenti. Siano stati stimolati, quindi, a rilanciare un diritto universale sulla distribuzione dell’acqua. Può sembrare qualcosa di scontato, ma in realtà presenta tanti caratteri innovativi. L’acqua è un bene fluttuante presente ovunque. Possibile che nel mondo non ci siano delle regole condivise per tutelarla, per distribuirla a tutti? Purtroppo, è così. Di qui la nostra idea di una autorità mondiale per il diritto all’acqua. Il nostro impegno, lo dico, con grande modestia, è stato apprezzato da più parti».

L’appuntamento di Dubai si pone come l’evento internazionale in cui l’avvocatura italiana potrà dimostrare tutto il suo valore?

«Gli avvocati sono i difensori dei diritti, prima di tutto. Occorre, però, occuparsi non soltanto dei diritti all’interno dei Tribunali, ma dei diritti che riguardano gli esseri umani, i rapporti sociali. Tra i diritti fondamentali, dopo il diritto alla vita, troviamo proprio il diritto all’acqua, dalla quale dipende la vita di ognuno di noi. Abbiamo iniziato a lavorare su questo diritto fondamentale che non ha una regolamentazione uniforme. Porteremo a Dubai il nostro decalogo e lo consegneremo a tutti i Paesi presenti all’Expo. Tutto avverrà il 22 marzo in occasione della Giornata mondiale dell’acqua in un evento del Commissariato generale del governo italiano. Una vetrina prestigiosa per il Cnf, per far conoscere il contributo fornito su un tema di vitale importanza per il pianeta Terra. Gli avvocati italiani offrono a tutta l’umanità il loro studio e le loro idee. Non vogliamo alcun copyright».

Il diritto all’acqua va tutelato con maggiore impegno?

«Nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo le Costituzioni non contemplano il diritto all’acqua. Comprendono, tante volte, il diritto all’aria. Acqua e aria in passato erano considerati diritti infiniti, per i quali non si poneva l’esigenza di una tutela giuridica. Oggi abbiamo scoperto che non è più così. L’aria va presa in considerazione. Da essa derivano i cambiamenti climatici e se inquinata ha ripercussioni sulla salute umana. Lo stesso deve valere per l’acqua. Il legame con alcuni fenomeni è diretto. Penso allo scioglimento dei ghiacciai, alla desertificazione di intere aree geografiche, all’inquinamento delle falde acquifere. Occorre, dunque, che il mondo si fermi un attimo a riflettere e cominci a ragionare su regole comuni per un uso razionale e tecnologico delle risorse acquifere. Noi avvocati abbiamo scritto un documento e lo mettiamo a disposizione della comunità internazionale. L’Expo di Dubai rappresenta l’occasione migliore per far conoscere il nostro studio e iniziare a farlo condividere con tutti gli Stati».

L’acqua è un bene vitale, sempre più prezioso e con ripercussioni sulla geopolitica?

«Proprio così. Dal 1950 ad oggi ci sono già stati nel mondo ben trentacinque conflitti armati tra Paesi confinanti per accaparrarsi l’acqua del sottosuolo, dei fiumi, delle dighe. Si contano in tutti questi anni circa cinquecento diaspore, flussi di popolazioni che pur di non vivere in guerra hanno abbandonato le loro terre, sradicandosi completamente. Mai come in questo momento, visto pure quanto sta accadendo con la guerra in Ucraina, stiamo comprendendo il valore dell’esigenza di pace e stabilità. Speriamo che, grazie anche al nostro contributo, possano essere prevenuti ed evitati conflitti legati all’utilizzo e allo sfruttamento dell’acqua. Il nostro, voglio sottolinearlo, non è un Codice mondiale. Ma è un punto di partenza. È un insieme di dieci principi, messi nero su bianco, sulla distribuzione dell’acqua, sui quali si può cominciare a ragionare per cercare di arrivare poi ad una condivisione a livello internazionale. Sappiamo che è un percorso complesso, dato che interessa la sovranità degli Stati, che dovranno accettare un’autorità esterna che regoli l’uso del bene acqua, come quello, per esempio, dei fiumi. Alcuni contrasti, si pensi a quanto accade tra Stati Uniti e Messico, lo dimostrano con chiarezza».

Molte volte però gli sprechi dell’acqua vengono posti su un secondo piano. Cosa ne pensa?

«Un tema molto importante sul quale ci siamo soffermati è quello della distinzione tra uso e abuso dell’acqua. Ci preoccupa il mancato impiego di adeguate tecnologie per evitare gli sprechi di acqua. Se si facessero più investimenti per l’ammodernamento degli acquedotti, probabilmente verrebbero dimezzate le perdite nel percorso dalla estrazione fino ai suoi utilizzatori e si potrebbe guardare al futuro con più ottimismo».