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Ancora domenica scorsa, a due passi dal Cenacolo di Santa Maria delle Grazie e dalla sezione elettorale milanese in cui aveva votato, parlandone in un bar alla maniera sua, cioè a ruota libera, di quelle che ai tempi di Palazzo Chigi procuravano un mezzo infarto al compianto portavoce e parlamentare Paolo Bonaiuti; domenica scorsa, dicevo, Silvio Berlusconi sembrava convinto che Matteo Salvini fosse il “vero” e “unico” leader italiano, non solo del centrodestra. Così l’ex presidente del Consiglio aveva incoronato qualche mese prima il capo leghista in una festa quasi matrimoniale affollata di amici ma disertata dal figlio Pier Silvio.
Sempre domenica scorsa, Berlusconi aveva difeso Salvini anche sul fronte più delicato e rischioso, quello internazionale, sul quale l’amico si era esposto col progetto di un viaggio a Mosca con l’assistenza dell’ambasciata russa a Roma, per costruire la pace di Putin addirittura con l’Ucraina rasa praticamente al suolo nella parte forse destinata al Cremlino. Un viaggio che forse lo stesso Berlusconi avrebbe tentato personalmente ben prima se solo l’amico Putin gli avesse risposto al telefono e si fosse risparmiata l’avventura ucraina, come tanti anni prima si era risparmiato, grazie ai consigli telefonici di Berlusconi, un’avventura analoga in Georgia.
Peccato che di quella chiacchierata domenicale con alcuni amici i furbacchioni del Corriere della Sera avrebbero poi fatto un uso un pò spericolato lusingando sotto sotto la vanità di Berlusconi, contrapponendolo cioè al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che a Putin non si era neppure sognato di rivolgersi telefonicamente per cercare di trattenerlo, senza neppure lo scudo di un’amicizia personale, sulla strada dell’aggressione - e che aggressione- all’Ucraina. Ebbene, prima ancora della conclusione di questa settimana post- elettorale, e tanto più dei ballottaggi comunali del 26 giugno, Berlusconi ha fatto all’amico Salvini uno di quegli scherzi che di solito si chiamano “da preti”, senza riguardo per questi ultimi. Dopo averlo generosamente sostenuto nella candidatura pur improbabile a sindaco della sua Verona, egli ha perfezionato l’operazione con l’affiliazione di Flavio Tosi a Forza Italia. Che non deve essere stato il massimo del godimento per Salvini, data la rottura clamorosa consumatasi a suo tempo fra i due nella Lega, che ne è stata penalizzata come peggio non poteva accadere in Veneto.
Nè deve avere contribuito a indorare la pillola a Salvini ciò che il neo- forzista Tosi ha appena detto alla Stampa seppellendo ciò che ancora poteva essere rimasto dell’ambizione del leader leghista a Palazzo Chigi nel caso di una vittoria elettorale del centrodestra, nonostante il sorpasso ormai inarrestabile di Giorgia Meloni.
“Statura internazionale, autorevolezza in Europa, atlantismo” sono - ha detto Tosi- “i requisiti” che fanno di Berlusconi il “solo” leader del centrodestra. E la Meloni? “Da un punto di vista tattico - ha risposto l’ex sindaco di Verona- è stata perfetta, coerente e lineare. Per diventare il capo del centrodestra però ci sono questioni sovranazionali di cui tener conto. Quel vestito lì ce l’ha solo Berlusconi”, pur avendo o proprio per avere 85 anni sulle spalle. E Salvini?, ha insistito impietosamente l’intervistatore. E lui, ancora più impietosamente ha risposto: “Ha fatto il primo errore col Papeete, poi tanti altri, una serie di mosse scomposte: A me dispiace per la Lega”. Per lui personalmente niente: tutto meritato.
Dalla Stampa intesa come giornale sono arrivate cattive notizie anche a Giorgia Meloni, invitata in una intervista dal suo amico, sponsorizzatore, consigliere e quant’altro Guido Crosetto a “non urlare troppo” e a cominciare a pensare anche lei ai problemi che prima o dopo potrebbe procurarle la magistratura, per quanto nei referendum di domenica scorsa non l’ex ministra di Berlusconi si sia impegnata per niente contro di essa, cercando anzi di darle una mano contro due dei cinque quesiti abrogativi.
Il quadro delle novità nel centrodestra dopo il primo turno elettorale amministrativo, con particolare riguardo ai rapporti una volta privilegiati fra Berlusconi e Salvini, all’origine peraltro di grandi ed ora anche visibili sofferenze in Forza Italia, si completa con quanto è appena accaduto al Senato. Dove i forzisti, appunto, non hanno spalleggiato l’assalto o l’azione di disturbo condotta dai leghisti, dopo il flop referendario, contro la riforma della giustizia targata Cartabia, già approvata dalla Camera. L’aria insomma per Salvini sembra cambiata anche ad Arcore: una buona notizia, forse, pure per Mario Draghi fra una missione e l’altra all’estero.