Due domeniche fa, nel corso di una nota trasmissione televisiva, un importante Ministro ha fatto riferimento alla necessità di “mettere il carcere per i grandi evasori”, il giornalista che lo intervistava ha precisato che “la legge c’è già” ma la soglia di “tre milioni di euro” per mandare in galera l’evasore è troppo alta.

Questo scenario- francamente sconcertante- di lassismo legislativo era stato accreditato anche in un articolo pubblicato alcuni giorni prima da uno tra i più diffusi quotidiani nazionali.

A fronte di affermazioni di tale tenore, provenienti o comunque accreditate financo da un esponente del Governo, il cittadino comune è chiaramente indotto a indignarsi e a invocare un intervento riformatore che gli renda giustizia.

Tuttavia si tratta di prospettazioni errate: il “carcere”, per richiamare l’espressione usata dal Ministro, è già previsto per i reati tributari e le soglie di punibilità, nei casi in cui siano previste, sono quasi sempre molto più basse di quelle indicate in questi giorni.

Infatti per i casi di evasione realizzata attraverso il ricorso a fatture o documenti che riportino costi inesistenti è prevista la reclusione fino a sei anni e la norma non contiene alcuna soglia di punibilità: in altri termini in tali casi si può “andare in carcere” anche se il costo falsamente documentato sia di poche migliaia di euro. Marginalmente può notarsi che sei anni di reclusione costituiscono la stessa pena che l’attuale Ministro degli Esteri ritiene significativa per chi ottiene illecitamente il c. d. reddito di cittadinanza.

In altri casi è sì previsto che la pena detentiva si applichi soltanto se si evade più di un certo importo, ma esso è assai più basso di quel che si vuol far credere. Infatti per il reato di omessa dichiarazione la pena detentiva si applica se si evadano più di 50.000 euro, o 150.000, per il reato di omesso versamento di ritenute.

Ciò detto, è forse opportuno chiarire se il famoso tetto di tre milioni esista oppure no.

Per risolvere il mistero bisogna fare riferimento alla norma che disciplina la c. d. dichiarazione infedele, cioè il caso di chi, senza utilizzare documenti falsi, indichi elementi attivi inferiori rispetto a quelli reali o elementi passivi inesistenti. In questo caso il reato è punito ( con una pena detentiva, ovviamente) se ricorrono congiuntamente due requisiti: 1) l’imposta evasa è superiore a 150.000 euro; 2) gli elementi attivi sottratti all’imposizione siano più del 10% di quelli indicati in dichiarazione. Tuttavia se gli elementi attivi non indicati dovessero essere più di 3.000.000 di euro, l’evasore sarebbe punito anche se essi non superassero il 10% di quelli indicati in dichiarazione. In altri termini non occorre affatto che l’evasione sia superiore a 3 milioni di euro per punire l’evasore.

Ovviamente si può credere che le pene detentive previste nel sistema penale tributario debbano essere inasprite oppure le soglie abbassate o addirittura eliminate, ma sicuramente non si possono diffondere semplificazioni fuorvianti in ordine alla normativa che disciplina i reati tributari: il “carcere” è già previsto e per soglie molto più basse.

* Avvocato