Ieri Tito Boeri, presidente dell’Inps, ha fornito le cifre che riguardano il reddito di inclusione, cioè la più importante delle misure contro la povertà prese dai governi di centrosinistra. Ha detto che circa 900 mila persone, fino ad oggi, hanno ottenuto il reddito di inclusione e che lui pensa che questo numero, l’anno prossimo, possa raddoppiare. Il reddito di inclusione è un sostegno finanziario che viene concesso alle famiglie più povere. Poveri, ricchi redditi e tasse

Un po’ meno di 300 euro al mese, in media. Non è tanto, e anche 900 mila non è una cifra enorme, se è vero che gli italiani a rischio povertà sono vari milioni. Però va anche detto che comunque è la prima volta che un governo affronta seriamente il problema.

Allora vediamo un po’ meglio le cifre. Quelle ufficiali, che sono state fornite poche settimane fa da Bankitalia. Si riferiscono al 2016 e dicono tre cose. La ricchezza sta aumentando. La disuguaglianza sta aumentando. La povertà sta aumentando.

La prima e la terza di queste cose appaiono in contrasto tra loro. La seconda però spiega e risolve il contrasto. La ricchezza sta aumentando ma tende ad accumularsi tutta verso l’alto. E addirittura una parte della ricchezza che prima stava in basso, cioè era a disposizione dei ceti più deboli, si sta innalzando, cioè tende a defluire verso i ceti più ricchi, o addirittura verso i ceti ricchissimi.

Vediamo ancora meglio. Il reddito medio nel 2016 è aumentato ( rispetto al 2014) del 3,5 per cento, attestandosi sui 18 mila e 600 euro. Di conseguenza è aumentata la quantità delle famiglie che è riuscita a mettere dei soldi da parte ( dal 27 al 33 per cento). Tuttavia è aumentata la povertà. Il 23 per cento degli italiani ( dieci anni fa era il 19 per cento) è a rischio di povertà, cioè dispone di un reddito che è del 60 per cento inferiore al reddito medio, cioè è inferiore agli 830 euro al mese. Ho scritto “italiani” ma forse non sono stato preciso. Dovevo scrivere “residenti in Italia”. Il problema riguarda in modo del tutto speciale gli immigrati. Tra i quali coloro che sono a rischio di povertà sono aumentati in maniera impressionante: dal 33 al 55 per cento. Una valanga sociale sulla quale, poi, occorrerà riflettere.

Comunque non serve una volpe, e neppure un esperto di sociologia, per capire che queste cifre ci dicono che sono aumentate le differenze tra ricchi e poveri. Bankitalia è molto chiara su questo. E ci dice che l’indice “Gini” ( usato a livello internazionale per stabilire il grado delle differenze sociali) è salito dal 33 al 33,5 ( dieci anni fa era del 32). L’Italia, in Europa, è seconda solo alla Gran Bretagna nella classifica delle diseguaglianze.

Se le cose stanno così come dice Bankitalia, possiamo trarre due conseguenze politiche. La prima è che ha fatto bene il governo Gentiloni a introdurre una misura come il reddito di inclusione.

La seconda è che il reddito di inclusione non basta.

Allora che fare? Dobbiamo prendere in considerazione il reddito di cittadinanza proposto dai 5Stelle? Oppure la flat- tax proposta dal centrodestra? O dobbiamo considerare tutte e due le misure necessarie?

Il problema è che chiunque non sia in malafede capisce che le due misure sono in totale alternativa. Il reddito di cittadinanza per essere davvero realizzato richiede un fortissimo investimento. Gli esperti forniscono cifre diverse, noi possiamo dire che la forbice va dai 25 ai 35 miliardi di euro. All’anno. Non esiste nessuna altra fonte alla quale attingere che non siano i proventi delle tasse. E’ inutile raccontare balle. Per esempio: tagliamo i vitalizi. Benissimo, tagliamoli, in modo che invece di avere bisogno di 35 miliardi ci basteranno 34 miliardi e 990 milioni. Roba da ridere. Ma non diciamo neanche: tagliamo gli sprechi nella spesa pubblica. Per esempio? Riduciamo il personale nella pubblica amministrazione, si può fare a meno di molti. Benissimo: facciamolo, ammesso che sia possibile. Dopodiché ci troveremo di fronte a un fortissimo aumento della disoccupazione che porterà a 40 o 45 miliardi la cifra necessaria per distribuire il reddito anche ai nuovi disoccupati.

Dunque, se non ci vogliamo prendere in giro, c’è un solo modo per realizzare il reddito minimo. Aumentare le tasse anziché diminuirle. E, possibilmente, aumentarle al ceto medio alto e ai ricchi. Perché solo così potremmo ridurre le diseguaglianze. E se non si riducono le disuguaglianze è impossibile sconfiggere la povertà. Per sostenere un aumento di circa 30 miliardi di spesa pubblica serve un aumento delle tasse non piccolissimo. Mediamente del sette- otto per cento.

Esistono forze politiche, in Parlamento, in grado di farsi carico di questa politica? Io non lo so, vedremo. Ho l’impressione che questa linea politica dovrebbe essere la sostanza della linea politica, e del pensiero, e della stessa anima della sinistra. Però in questo parlamento ( come in quello francese, quello tedesco, in quello spagnolo…) la forza della sinistra è sempre più debole, e la sua combattività ( e la sua radicalità) sempre meno evidente. Sospetto che l’assenza della sinistra sia uno dei problemi che l’Europa ha davanti. Un’Europa senza sinistra è un’Europa squilibrata. Le forze populiste sono in grado di sostituire la forza della sinistra, di prenderne il posto? Ne dubito fortemente. Però vediamo: ora sono alla prova.