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Sono stato invitato a esprimere il mio pensiero sulle donne respinte, insieme ad alcuni bambini, nel ferrarese, in tutto una ventina di immigrati. Dovremmo riflettere su come vengono accolti i tanti profughi provenienti dai Paesi a rischio di guerra, di fame, di malattie mortali, di abusi. La prima ipocrisia è ripeterci: «Si accolgano solo migranti di Paesi in guerra», come se la fame, le malattie e lo sfruttamento non siano causa di disprezzo delle persone fino alla morte morale e fisica.La seconda ipocrisia è parlare in maniera generica dei migranti, facendoci guidare dalla nostra paura e dal nostro odio razziale.Il migrante non è una categoria astratta che ognuno può dipingere come gli è più comodo.Il migrante ha un nome, è una persona che ha diritto a la tua stessa dignità.Il migrante ha un volto: occhi affossati che ti implorano, mani che cercano la tua mano per aggrapparsi all'ultimo filo di speranza che solo tu gli puoi dare. Alle spalle ha una patria dalla quale è stato costretto a fuggire, un viaggio disumano, una traversata piena di insidie: alcuni sono dei sopravvissuti all'oblio, molti - troppi! - sono cancellati dalla storia per sempre.Mi hanno commosso la frenesia, le lacrime, l'impegno di tutti per salvare la vita dei terremotati. Tutti sono solidali! Ogni salvato era un nostro familiare, ogni morto una nostra amara sconfitta.Le donne e i bambini da accogliere sono stati salvati da una morte data come certa. E ora cosa facciamo? Non abbiamo cuore per trattarli almeno come i salvati dalle macerie?Il problema non è di mezzi, di possibilità o logistico. Il problema è molto più grave: la paura, l'ostracismo, la cacciata dello straniero. L'Evangelista Luca mette sulla bocca di un fariseo una preghiera blasfema: «Ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri e come quel pubblicano» (Lc, 18).Potrei continuare sulle donne e i bambini rifiutati, ma desidero parlare di un'altra grave emergenza, che ho già sottointeso nel titolo: meno Caritas, più Carità. C'è un interrogativo che mi assilla: da anni la Caritas offre assistenza a milioni di poveri, di immigrati, di anziani, ma, stando ai fatti, tutto questo denota una crescita del razzismo e della paura del diverso che alberga spesso anche nel cuore dei cristiani. Centinaia di migliaia di volontari che, con sacrificio, danno la loro opera e spesso la loro vita per servire nell'ombra, non riescono a trasmettere lo spirito di accoglienza di cui spesso parla Papa Francesco. Insieme a molti altri centri liberi di carità ci chiediamo: «Come è possibile che le opere della Caritas non riescano a toccare il cuore dei cosiddetti "praticanti"? ».Ritorno alle donne e ai bambinii cacciati dal ferrarese: per tutta la vita porteranno il ricordo del loro Paese dal quale sono dovuti fuggire; le sofferenze del lungo e disumano viaggio, ma soprattutto le barricate disumane che li hanno cacciati.Mi viene dal cuore un invito: mandateli a Sant'Eustacchio al centro dello Stato. I senatori, i deputati, i membri del governo che circondano la Basilica sono molto più umani di quello che a volte appare o si pensa.