Che l'Associazione nazionale magistrati assuma posizioni critiche verso il governo o verso il Parlamento non è cosa nuova, manifestandosi queste almeno da quattro decenni, con sempre maggior intensità.Sta di fatto comunque che da molto tempo l'Associazione nazionale magistrati è divenuta il più forte partito italiano e che anzi, di fronte all'ormai endemica crisi dei partiti tradizionali - ci cui è testimonianza l'emergere di un non-partito come quello di Grillo - forse è l'unico partito rimasto nel panorama politico italiano.Lo dimostra la circostanza che pochi giorni or sono un comunicato dell'Anm ha stigmatizzato in modo negativo il ventilato desiderio del governo - non ancora formalizzato in alcun disegno di legge - di rafforzare il ruolo degli avvocati nei consigli giudiziari soprattutto con riferimento alle valutazioni di professionalità dei magistrati, in quanto si tratterebbe di un "profilo che non attiene al perseguimento degli obiettivi di efficienza del sistema giudiziario" (sic!).Ora, a prescindere dal fatto che non si vede proprio come si possa pensare di separare il problema della professionalità da quello della efficienza, quasi che possa concepirsi un magistrato efficientemente non professionale (che sarebbe una vera sciagura) o, al contrario, uno professionalmente inefficiente (che sarebbe perfino comico), c'è da notare con vera preoccupazione come l'Anm, ragionando in tal modo, manchi di senso della realtà.E ne manca perché sembra proprio non sospettare neppure come in linea di principio non sia possibile immaginare giudici più competenti e scrupolosi degli avvocati nei confronti dei magistrati.Nessuno, meglio e più di un avvocato, è davvero in grado di giudicare l'operato di un magistrato, il suo buon senso, la sua preparazione, la sua equanimità.Nello stesso modo, Giovanni Gentile affermava che chi nel corso di un'ora di lezione non ha imparato nulla dai suoi allievi, non ha neppure insegnato nulla.E dunque pare proprio, come insegna il sagace monito del filosofo, che se non si capisce che fra docente e discente si instaura una dinamica circolare che rende ciascun ruolo tributario dell'altro, non si capisce proprio nulla: si tratta infatti di una dinamica genuinamente antropologica, come tale presente in ogni tipo di rapporto umano.Ecco perché - anche se l'Associazione nazionale magistrati non lo sospetta neppure - fra giudici e avvocati nasce e si alimenta una salutare dialettica in virtù della quale ciascun ruolo si trova nelle condizioni ideali per giudicare l'operato dell'altro.Come gli avvocati soni i migliori giudici dei loro giudici, così questi lo sono di quelli: mi capitò una volta, quando mi trovavo ancora nei ruoli della magistratura, di bloccare un avvocato (di cui non dirò nulla neppure sotto tortura), il quale, per insipienza, per distrazione o per ignoranza, stava letteralmente rovinando senza avvedersene il proprio assistito.Feci bene o male? Penso di aver agito allora nel nome di una superiore istanza di giustizia che vuole appunto il rispetto del principio delle rispettive posizioni processuali e che mi parve in grave pericolo di essere violato dalle parole di quell'improvvido avvocato.Non basta.Infatti, Piercamillo Davigo, Presidente della Associazione, ha rincarato la dose prendendosela con la lobby degli avvocati e sostenendo la necessità del numero chiuso in Giurisprudenza allo scopo di ridurne il numero complessivo.Davigo, evidentemente lontano da questa realtà, non sospetta neppure l'assurdità del numero chiuso nelle facoltà universitarie.Infatti, questo assurdo sistema dice ai giovani che abbiano superato l'esame di maturità e che dunque sono maturi per continuare gli studi presso le Università che invece non è vero e che bisogna superare i test e ciò solo due mesi dopo l'esame di Stato: una pura ridicolaggine.Inoltre, è sotto gli occhi di tutti che di molte professioni da molto tempo esistono potenti lobbies - notai, commercialisti, case produttrici dei farmaci ecc. - ma non certo degli avvocati.Se esistesse davvero una tale potente lobby, molte storture oggi presenti nel nostro sistema non esisterebbero.Comunque sia, una cosa è certa: che cioè Davigo parla, si muove, agisce come un segretario di un forte partito politico, così come hanno fatto del resto in passato i suoi predecessori.Solo che oggi, l'Associazione da lui guidata è il più forte partito e anzi, come dicevo, l'unico rimasto sulla scena.Nulla di male? No, molto di male per il semplice motivo che se i magistrati collaborano a confezionare le norme di legge che poi loro stessi dovranno applicare, viene violato il principio cardine dello Stato di diritto: quello della separazione dei poteri.E quest'effetto, purtroppo, è pericolosissimo, perché potrebbe segnare l'inizio della fine.Ma Davigo lo sa? E se lo sa, che ne dice?