La polemica tra i sostenitori del Sì e del No al referendum continua come se dovessimo votare tra 15 giorni e il cittadino non può che essere ancor più frastornato perché non trova un lineare discorso sul merito delle norme ma ascolta giustificazioni varie, senza senso, senza un costrutto con riferimenti al passato, a personaggi del passato, che avendo ancora autorevolezza sono citati perché si ritiene che avrebbero votato nel modo desiderato. Tutti i sostenitori del Si promettono una stagione nuova per il nostro paese.  In ogni mio intervento ribadisco che i comitati per il NO hanno ragioni di esistere se fuori da qualunque strumentalizzazione politica portano avanti un discorso lineare e obiettivo.Dico subito quindi che il comitato "popolare" per il No che ho l'onore di presiedere ha criticato dal primo momento il significato politico che il presidente del Consiglio ha dato al referendum facendone una battaglia personale e visto l'andamento del dibattito, aggiungo subito che paradossalmente Renzi aveva ragione perché "solo con una interpretazione politica, fuori dal significato delle norme si può convincere l'elettore a votare Sì", perché obiettivamente motivazioni non ve ne sono.Esaminiamo le posizioni assunte da illustri personaggi negli ultimi giorni.Luigi Berlinguer uomo di cultura e di grande esperienza politica ripete che chi vota No vuole far fuori Matteo Renzi; a parte trascurabili minoranze, io credo che non ci sia nessuno che ha questa smania, escluso lo stesso Matteo Renzi e la minoranza del suo partito perché è messa ai margini, compressa osteggiata, e quindi alla ricerca di un ruolo.D'altra parte resta per me una cosa incomprensibile come sia stato consentito al Capo del governo di essere il proponente di una riforma costituzionale che va aldilà del programma di governo e come si può consentire che da un anno faccia campagna elettorale come se si trattasse di un programma di governo. Pietro Calamandrei chiedeva per il governo assoluta estraneità nelle questioni istituzionali, ma tutti hanno dimenticato quella lezione.L'onorevole Luciano Violante, il quale facendo una rapida e tiepida difesa d'ufficio dell'ormai insopportabile argomento del superamento del bicameralismo paritario (o perfetto) argomento truffaldino, non vero ma che in ogni caso non giustifica lo stravolgimento della Costituzione, si appella a Togliatti e a Dossetti che avrebbero preferito altra soluzione alla Costituente.Violante assume che la Costituzione è frutto di un compromesso che oggi è superato e quindi è assolutamente necessario cambiare nonostante le tante riserve anche da lui messe in risalto. Un cittadino ha scritto una lettera al giornale Il Fatto Quotidiano rilevando che "il problema del nostro ordinamento giuridico, non è quello di produrre più leggi in poco tempo, come se fossero biscotti, ma leggi di qualità che resistano nel tempo". Violante sa bene che l'unico compromesso, per il significato che la parola ha, fu raggiunto sui problemi della magistratura, per il resto si raggiunse un accordo per una Costituzione rigida che garantisse, con un preciso disegno la democrazia.Si aggiunge ai primi due l' onorevole Mario Segni, a cui non piacciono assolutamente le "modifiche", che ritiene che tutto si giustifichi con il sistema elettorale maggioritario che è la cosa più bella del mondo!  Dunque secondo Segni il combinato disposto delle "modifiche" costituzionali e della legge elettorale "Italicum" determina un vincitore fittizio che prevale anche se è in minoranza assoluta, ma che vince solo perché il meccanismo elettorale glielo consente. È dagli anni 90 che si pensa di risolvere i problemi politici con i meccanismi elettorali e questo è la dimostrazione della crisi della cultura e della politica. Su questo Segni è un antesignano ed io non mi stanco di ripetere che è da quel referendum da lui proposto negli anni 90 che sono cominciati i guai del nostro Paese!Ma è stato ripetuto spesso una frase la più stupida da me ascoltata che la sera delle elezioni bisogna sapere chi ha vinto? perché chi vince governa, e governa senza inciuci. Ha ragione il presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, il più illuminato in questo periodo, che commentando le dichiarazioni di Segni trova la conferma che chi è a favore della riforma vuole che ci sia una sola persona che rappresenti il governo, il quale in base alle "modifiche" ha la prevalenza sugli altri poteri e quindi si presume che decida! Ma se è minoranza nel Paese può governare legittimamente e serenamente?È molto strano che questa tesi venga sostenuta da chi ha vissuto e ha avuto ruoli da protagonista negli anni della Repubblica e che sa per esperienza che è la politica, sono i rapporti politici che determinano la governabilità e l'armonia di un governo capace di rappresentare la complessità del nostro paese, non i marchingegni dei sistemi elettorali.Non si sottrae a queste valutazioni, che possiamo classificare come "idola" di baconiana memoria, Arturo Parisi considerato l'inventore delle "primarie" che già tanto danno hanno procurato alla democrazia e alle regole della rappresentanza. Parisi anche lui riconosce che è difficile "non vedere compromessi che determinano limiti e contraddizioni" ma il Sì manterrebbe aperto quel "cammino di cambiamento nella continuità"? "mentre la vittoria del No ci riporterebbe alla casella di partenza?". E "passerebbero altri decenni. " È una predizione oscura difficilmente comprensibile, purtroppo utilizzata da tanti, che dimostra per tabulas la mancanza di altre e più pertinenti motivazioni: modifichiamo pur di far qualcosa perché la gente è assetata di riforme purché siano.Ma Parisi va al di là di queste valutazioni e scopre che le "modifiche" sono figlie del programma dell'Ulivo di prodiana memoria.A parte l'ironia di altri "ulivisti" che sono intervenuti su questa ardita tesi fosse verosimile, dovrei essere personalmente ancor più lusingato nel non avere aderito al Pds o all'Ulivo negli anni 90 perché vorrebbe dire che era in atto uno stravolgimento della tradizione popolare democratica sin da allora e che in ogni caso l'equivoco di quell'incontro tra Dc e Pci giustifica il perché tanti di "noi" democristiani fecero scelte diverse.Non è così, caro Parisi, e il tuo accanimento ad arrampicarti sugli specchi ti porta a questo infingimento perché proprio non riesci a trovare altre motivazioni.Se l'Ulivo avesse dovuto realizzare la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni (che è un titolo accettabile) avrebbe fatto (ne sono certo) altro tipo di scelte, utilizzando cultura ed esperienza, e avrebbe scritto norme organiche e armoniche.Perché umiliare quella classe dirigente dell'Ulivo che in definitiva un progetto, sia pur errato come abbiamo constatato, lo aveva?La conclusione per chi sente la responsabilità di dover spiegare la riforma e convincere, è questa: è necessario trovare una ratio di fondo, un'idea che giustifichi le norme intorno alle quali si muove e si realizza tutto il resto. Per le leggi normali si va sempre alla ricerca di una "ratio"; per una legge costituzionale la "ratio" dovrebbe essere solenne e solare e purtroppo non c'è nelle attuali modifiche che senza una nuova coerenza stravolgono l'assetto costituzionale. Si sono modificate le norme senza un disegno organico, senza un'armonia ma solo per la voglia di cambiare. Ma purtroppo una "ratio" negativa c'è: si rinnega la rappresentanza, si tolgono funzioni e ruoli agli altri poteri, e di conseguenza si dà potere al presidente del Consiglio privilegiando un falso presidenzialismo senza il rigore di norme che possano regolarlo e responsabilizzarlo.