Ignoranti, superficiali; “capre”, per utilizzare l’espressione resa ormai famosa da Vittorio Sgarbi, e con tutte le debite scuse per le capre, amabili bestiole che non meritano l’oltraggio… A proposito dell’aggressione subita da Daisy Osakue, l’uovo scagliato da alcuni ragazzi cretini che certamente non si rendevano conto di quello che facevano, ma non per questo vanno perdonati, pressoché tutti i giornali hanno riferito della “linea di difesa”: “una goliardata”.

Per favore, non scherziamo. Non scherziamo davvero. Ma quale “goliardia”? I goliardi erano e sono una cosa seria, non irresponsabili cretini

La Goliardia è stata una cosa seria e importante. Poco conosciuta, forse, ma a cui questo paese deve tanto. Dall’Unione Goliardica Italiana è uscita il meglio della classe politica, culturale e intellettuale che ha reso, dopo la seconda guerra mondiale, questo Paese civile, la quinta potenza mondiale. Procuratevi, per favore, i bellissimi libri di Vittorio Emiliani, “I cinquantottini”; e di Piero Pastorelli, “l’Unione Goliardica Italiana”, poi ne parliamo. Scorrete l’elenco di quanti hanno militato nell’UGI; in ordine alfabetico: Piero Craveri, Tullio De Mauro, Cesare De Michelis, Fabio Fabbri, Gino Giugni, Lino Iannuzzi, Piero Isnenghi, Giuseppe Loteta, Gerardo Mombelli, Marco Pannella, Franco Roccella, Stefano Rodotà, Sergio Stanzani, Massimo Teodori, Paolo Ungari, Brunello Vegezzi, e sa il cielo quanti altri ne perdo per strada… Per almeno un paio di generazioni universitarie, Goliardia è stato il centro- motore di progetti di vera modernità: cultura ed educazione democratica, partecipazione e impegno civile e politico, unione laica delle forze da contrapporre alle strumentali unità di potere… Una singolarissima esperienza durata vent’anni, un comune sentire di autentici liberali e laici contrapposti ai clericalismi democristiano e comunista. Una sigla che negli atenei d’Italia seppe riunire qualcosa come ventimila studenti: una esperienza straordinaria mirabilmente riassunta in un “manifesto” che dobbiamo a un “dimenticato” dirigente dell’Ugi, il bolognese Guido “Bobo” Rossi, che Pastorelli così descrive: “Classe 1916, è un giovane cordiale, iconoclasta, sorridente… si è laureato nel 1939, ma rimane ancora nella politica studentesca prima di avviarsi alla carriera universitaria quale apprezzato studioso di storia del diritto italiano. Una sorta di giovane Falstaff petroniano, allegro, trasgressivo e poetico insieme che redige anche un documento sugli Statuta Goliardica dettati

dai Principi della Go-liar-dia riuniti a Bologna nel 1946, con uno splendido incipit che recita: ‘ Questo libretto è fatto per noi; per noi che crediamo a quanto esso contiene; per noi che, ridendo, mordiamo senza svillaneggiare alcuno; per noi che amiamo tutti; per noi che siamo figli di principi e contadini… Amiamo il vino perché il diluvio ha dimostrato che tutti i malvagi sono bevitori d’acqua’…. ”.

“Goliardia è cultura ed intelligenza”, sillabano Rossi e i Goliardi. “È amore per la libertà e coscienza delle proprie responsabilità sociali davanti alla scuola d’oggi e alla professione di domani. È culto dello spirito che genera un particolare modo di intendere la vita alla luce di un’assoluta libertà di critica: senza alcun pregiudizio di fronte ad uomini ed istituti. È infine culto delle antichissime tradizioni che portarono nel mondo il nome delle nostre università di Scholari”.

Dunque: la prossima volta, quando si deve parlare delle mascalzonate di giovani o meno giovani, favore e per elementare decenza: non si parli di Goliardia e goliardate; che sono state e restano cosa seria. Non cosa di cretini e irresponsabili.