Il presidente del Cnf Francesco Greco traccia un bilancio della sessione ulteriore del congresso nazionale forense, svoltasi a Roma nello scorso fine settimana. «L’avvocatura italiana – dice al Dubbio – ha dato un grande segnale di maturità e fiducia verso la massima istituzione che la rappresenta. Siamo inoltre orgogliosi per la considerazione espressa dalle istituzioni e dalla politica, con tre esponenti del governo e con parlamentari della maggioranza e dell’opposizione che hanno partecipato al nostro congresso. La politica vede nell’avvocatura e nei suoi organi di rappresentanza dei soggetti con i quali discutere. Non siamo più disponibili ad essere soggetti passivi in occasione delle riforme della giustizia»

Presidente Greco, la sessione ulteriore del congresso nazionale forense è stata l’occasione per riflettere su innumerevoli temi. È soddisfatto?

Sono molto soddisfatto. I delegati hanno affrontato tantissimi temi contemplati nelle mozioni successivamente approvate. È stato un congresso breve, così come prevede lo Statuto per le sessioni ulteriori. Il limitato arco temporale a disposizione non ha impedito però che venissero presentate numerose mozioni e che si riflettesse su temi che hanno un impatto nel nostro lavoro quotidiano. È stato un congresso all’insegna del pluralismo. Non c’è stato nessuno che non abbia potuto esprimere le proprie idee. Questo è il principio basilare della democrazia. Tutti hanno potuto mettere al centro del dibattito il proprio punto di vista. E c’è un altro aspetto che mi preme evidenziare.

Quale?

La prima delibera approvata dal congresso è stata quella di costituire un tavolo di confronto. Le esperienze passate hanno dimostrato che le varie delibere approvate durante i precedenti congressi, spesso scollegate tra di loro e relative ad argomenti disparati, presentavano una difficile attuazione. Adesso invece è stata raccolta l’idea di costituire un tavolo che faccia la sintesi di tutte le mozioni congressuali e le elabori in un testo da presentare alla politica. Il Cnf ne esce, oggi più che mai, rafforzato e ancora di più legittimato dalla volontà espressa dai congressisti. C’era chi avrebbe voluto intervenire anche con qualche delibera sulla composizione e sulle funzioni del Cnf. Ebbene, gli avvocati italiani hanno risposto confermando la volontà che il Consiglio nazionale forense debba mantenere la sua attuale composizione e le sue attuali funzioni. Questo ci gratifica, perché è stata riconosciuta la centralità del Cnf.

Nel congresso si è verificata una unità di intenti anche da parte di altri soggetti.

Devo dire che anche Ocf, a mio avviso, ne esce rafforzato. L’attuale sistema di rappresentanza istituzionale e di rappresentanza politica ritrova una rinnovata legittimazione congressuale. Di qui il mio ulteriore motivo di soddisfazione. Conclusa la fase congressuale, ora dobbiamo affrontare i temi delicati che riguardano l’avvocatura.

E quali sono le priorità?

Io comincerei dall’accesso alla professione. Come abbiamo avuto modo di osservare negli ultimi giorni, i numeri dei partecipanti all’esame di abilitazione fanno suonare un campanello d’allarme. Si tratta di dati che, al tempo stesso, vanno letti tenendo conto degli iscritti alle Facoltà di Giurisprudenza. La riflessione su questo tema deve continuare ad essere molto approfondita. Dovremo ragionare sul percorso dell’accesso e sul percorso universitario in modo che diventare giuristi possa di nuovo essere, per i giovani, un obiettivo. Il ruolo del giurista è importante e delicato, nelle nostre società. Senza giuristi, andremmo incontro a un futuro molto incerto. In questo contesto, ritengo che sia molto importante quanto dichiarato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, secondo il quale chi pensa che la giustizia possa essere amministrata dall’Intelligenza artificiale non ha idea di cosa significhi occuparsi di diritti. L’Intelligenza artificiale può essere uno strumento al servizio della persona, al servizio del giurista per migliorare la selezione dei temi, ma non può mai sostituirsi al giurista stesso. Questo concetto è emerso nel corso dei lavori congressuali ed è un tema sul quale ci dovremo confrontare.

A Roma, delegati e congressisti si sono soffermati anche su altri “temi caldi”…

Abbiamo proseguito la riflessione sulle specializzazioni. Ci siamo soffermati sul tema del gender gap, che richiede una nuova strada in grado di portare alla parità anche sul piano economico. Conforta, a tal proposito, la presenza di molte colleghe che ricoprono la carica di presidente di Coa e che fanno parte dei Consigli degli Ordini Siamo ancora lontani, invece, per quanto concerne la parità di genere sul piano economico. Dobbiamo concentrarci su questo punto e lavorare sodo. È prioritario eliminare tale differenza. Mi auguro che da qui al prossimo congresso nazionale forense, in programma nel 2025 a Torino, l’avvocatura avrà già cominciato a superare le difficoltà che stiamo affrontando.

Il 2023 si sta chiudendo con due guerre in corso, in Ucraina e a Gaza. Il Cnf ha riservato grande attenzione ai diritti umani. Quali sono le sfide per il nuovo anno su questo versante?

Nel 2024 l’Italia avrà la presidenza del G7. Questo significherà che il G7 dell’avvocatura vedrà protagonista il Consiglio nazionale forense. Vorrei che questo grande appuntamento fosse dedicato all’avvocatura e al tempo stesso alla giurisdizione, con un occhio di riguardo ai diritti umani, tenendo conto di tutto quanto sta accadendo. Il G7 è una grande occasione per sottolineare quanto siano importanti il dialogo e i negoziati. Il tutto con il contributo dell’avvocatura.