L’avvocatura si riunisce domani a Roma, giovedì 8 febbraio, per programmare il proprio ruolo nel futuro. Due i momenti previsti: l’agorà dei presidenti degli Ordini degli avvocati e delle Unioni regionali forensi e il tavolo di lavoro sulla riforma dell’ordinamento professionale. Il presidente del Cnf, Francesco Greco è molto fiducioso. «Sarà una preziosa occasione di confronto», dice al Dubbio. Ascolto e confronto sono stati, tra l’altro, i due fili conduttori del congresso nazionale forense dello scorso mese di dicembre.
Presidente Greco, quello di oggi è il primo, importante appuntamento dopo l’approvazione della mozione congressuale di quasi due mesi fa?
Proprio così. In mattinata, in occasione dell’agorà dei presidenti degli Ordini e delle Unioni, ci siamo dati appuntamento presso la Pontificia Università della Santa Croce per effettuare una valutazione degli esiti congressuali sulla riforma dell’ordinamento forense. Nel pomeriggio, nella sede del Cnf, abbiamo convocato con l’Organismo congressuale forense il tavolo di lavoro sulla riforma dell’ordinamento forense al quale parteciperanno il presidente di Cassa forense, i presidenti dei Consigli dell’Ordine degli avvocati distrettuali, i presidenti delle Unioni regionali forensi e i presidenti delle associazioni forensi maggiormente rappresentative. Come può notare, tutta l’avvocatura è coinvolta, a partire dai 140 Ordini degli avvocati italiani. Ci sarà inoltre la convocazione della rete dei Comitati per le Pari opportunità e dei Consigli distrettuali di disciplina. Avremo modo di confrontarci sui temi che riguardano il presente e il futuro dell’avvocatura.
Quali sono i primi obiettivi che si prefigge l’avvocatura a partire dall’appuntamento odierno?
Nel nostro lavoro vogliamo mettere al centro la legge 247 e riscrivere la legge forense. Io sono convinto occorra far trovare pronta l'avvocatura in questo momento di grandissime riforme che si stanno verificando non solo a livello nazionale. Come dicevo poc’anzi, dobbiamo pensare al futuro. Dobbiamo preparare l'avvocatura agli scenari che si presenteranno non solo a partire dal mese prossimo, ma nel 2030, nel 2040, nel 2050. Insomma, dobbiamo pensare almeno al prossimo ventennio e ridisegnare adesso le regole della nostra professione. Ecco perché credo che non possiamo limitarci ad aggiornare la legge forense, ma dobbiamo riscriverla con uno spirito che ci proietti al futuro attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti ordinistiche, istituzionali e associative.
Da dove parte la costruzione del futuro della professione forense?
Prima di tutto, dovremmo occuparci dell'accesso alla professione prendendo in forte considerazione il percorso universitario. I nostri giovani fanno un tipo di pratica modellata solo sul presente. Va invertita la rotta. Dobbiamo intervenire già durante l'università, senza tralasciare le nostre scuole forensi. Stiamo assistendo ad una professione standardizzata. È, a mio avviso, opportuno dedicare sempre più attenzione alle lingue straniere e introdurle nella preparazione dei tirocinanti. È altresì importante fornire conoscenze adeguate in economia, in ambito finanziario e per quanto riguarda l’informatica e le nuove tecnologie. Oggi, un candidato all’esame di abilitazione può non avere nessuna conoscenza in materia di bilanci societari. Dobbiamo altresì preparare i nostri giovani alle tecniche che saranno richieste all’avvocato del futuro.
Grande attenzione sarà rivolta alla formazione?
Sì. È importante concentrarsi su questo punto sin dall’università e proseguire con la formazione permanente, che dovrà essere riscritta. La formazione permanente deve essere vista come una costante occasione di arricchimento delle conoscenze del professionista. I corsi di formazione permanente, che oggi vengono realizzati, sono di alto livello, sono ben fatti, però hanno sempre lo sguardo rivolto all’avvocatura del presente. Viviamo in un mondo che si muove a velocità straordinaria, in un mondo che si evolve e che richiede conoscenze specialistiche. Proprio le specializzazioni devono essere considerate come un elemento fondamentale che caratterizza ulteriormente la collocazione di ciascun avvocato nella professione forense. Di questo ne è ho già parlato con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Anche su questo punto bisogna intervenire. In un mondo che cambia velocemente non si possono neppure trascurare i temi legati alla green economy, all’ambiente, alla sostenibilità, al commercio elettronico, al diritto nei Stati dell'Unione europea. Con il diritto di stabilimento gli avvocati europei possono muoversi nell'Ue ed esercitare la professione nei Paesi comunitari. Per questo motivo tra le specializzazioni bisogna individuare i migliori percorsi per consentire di svolgere l’attività professionale all'estero e avere rapporti con le avvocature degli Stati Ue. Tutto ciò senza tralasciare altre questioni.
Quali?
I procedimenti disciplinari sono troppo farraginosi e con tempi lunghi. Va detto pure che in questo ambito i consigli di disciplina stanno svolgendo un lavoro eccezionale, ma spesso sono ingessati. I passaggi che regolano il procedimento disciplinare andrebbero semplificati in modo che l’avvocato che è sottoposto alla procedura possa conoscere in tempi brevi gli esiti. Se ha commesso un illecito e se deve essere sottoposto a sanzione, ha diritto di saperlo nel più breve tempo possibile. Occorre mettere i Cdd in condizione di poter lavorare celermente e con efficienza.
L'avvocato del futuro al quale lei fa riferimento deve tornare ad essere un punto di riferimento della società?
Sicuramente. Deve essere un riferimento in una società che cambia e quindi anche noi avvocati dobbiamo saperci adattare ai mutamenti con un atteggiamento positivo. Quando parliamo di cambiamenti non possiamo non pensare all'avvento dell'intelligenza artificiale. È un tema che terrà banco a lungo. Nella giornata di oggi, con l’agorà degli Ordini e delle Unioni forensi prima e il tavolo di lavoro sulla riforma dell’ordinamento forense dopo, rifletteremo sulla modernizzazione della nostra professione.