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I tanti dubbi sul doppio turno alla francese e quella stabilità politica che il proprorzionale può riuscire a garantire
In Europa molti hanno manifestato soddisfazione ed entusiasmo per la elezione di Macron in Francia. In un periodo oscuro e per certi versi enigmatico l’ elezione di Le Pen avrebbe messo in difficoltà l’unità europea che da poco ha consolidato una solidarietà istituzionale, giuridica e sociale come garanzia di libertà e di democrazia: questa democrazia occidentale tanto contestata e disprezzata dalla Russia e dagli autocrati.
Il risultato però ci consente un’analisi del voto sul doppio turno elettorale sul quale abbiamo espresso riserva da tempo che ora ci vengono tutte confermate.
Lo scontro tra due soli candidati consente, come dicono i tecnici dei sistemi elettorali, che l’elettore deve esprimere una sorta di “secondaria preferenza“. Sta di fatto che tanti si rifiutano di esprimerla perché non coerente con la loro idee e con il loro schieramento politico, e molti esprimono un voto “contro” per evitare che vinca il candidato non gradito. Un voto “contro” e non “per” è sempre negativo!
Questo determina una distanza tra l’elettore e l’eletto e quindi un rapporto molto debole sul piano della rappresentanza, perché il sistema rappresentativo è caratteristica delicata e preziosa che configura e dà forza alla democrazia.
Tutti i sistemi elettorali che rendono debole questo rapporto sono inadeguati e pericolosi.
Nel caso particolare della elezione del presidente in Francia si evidenzia in maniera vistosa che i voti ottenuti di Macron sono contro Le Pen per evitare, in un momento drammatico, un chiaro indebolimento dell’Europa a favore di Putin.
Tutto bene ovviamente, perché una Francia non più protagonista in Europa avrebbe ancora più complicato il dramma della Guerra, ma il pericolo è che tanti cittadini non si sentono “rappresentati” da Macron e non gli riconoscono l’autorità che deriva dalla “rappresentanza”.
Questo è un problema istituzionale delicato che dobbiamo porci per il nostro Paese perché i sistemi della raccolta del consenso non sono neutri ma incidono sul risultato che non può essere approssimativo o incerto.
Il sistema del doppio turno ha in qualche modo funzionato per il passato, ma non è più adatto a una società complessa che ha bisogno di partiti forti e consistenti con militanti che non possono rinunziare alle loro idee per votare il meno peggio.
I sistemi elettorali devono determinare stabilità e i sistemi presidenziali la tutelano ma la stabilità del governo del Paese non può essere formale, schematica, tecnica, ma sostanziale, politica. Vedremo nei prossimi mesi come “rappresenterà” i francesi il presidente Macron.
In Italia abbiamo modificato negli anni 90 i sistemi elettorali per avere stabilità nel governo e nell’assetto parlamentare, ma abbiamo ottenuto il contrario. E come è possibile affermare, dopo l’esperienza degli ultimi trent’anni e in particolare degli ultimi quattro anni, che il ritorno al sistema proporzionale non garantisce stabilità e rischi di generare “un Parlamento
Il tradimento dell’indicazione degli elettori con i vari diversi governi costituiti nella legislatura in corso non fa riflettere sulla necessità di trovare una modalità sostanziale formale per rispettare la volontà del corpo elettorale?!
La volontà dell’elettore deve essere positiva riferita a una “identità politica” precisa non quella del “meno peggio”. Per fortuna in Italia non vige il sistema del doppio turno, anche se auspicato da qualcuno, ma anche qui è necessario garantire una stabilità sostanziale politica per rendere più forte l’Europa. Questa stabilità politica la può dare solo una legge proporzionale “che non serve ad avere le mani libere, ma a ricostruire un solido sistema dei partiti che dal crollo del ’ 92-’ 93 non siamo più stati in grado di mettere in piedi”. Sono parole sacrosante del ministro Provenzano che ci lasciano ben sperare.
Si sostiene che il sistema proporzionale non consente ai cittadini di votare per il governo dimenticando, credo dolosamente, che appunto nell’ultima legislatura si sono costituiti dei governi che gli elettori non si sarebbero mai sognati di indicare.
Perché questo pregiudizio è così insistente in tanti politici e politologi?!
Io ritengo che derivi dalla paura di presentarsi all’elettorato per quello che si è, perché la maggior parte dei movimenti esistenti sono senza l’identità, inconsistenti e credono di accreditarsi o di nascondersi dietro una coalizione possibilmente vincente per avere l’investimento del governo del paese.
Su questa illusione si è creato un bipolarismo forzato che avrebbe dovuto rappresentare la maturità della politica non più frazionata o affollata di partiti piccoli o grandi, e invece siamo in presenza di partiti personali, che ogni giorno aumentano, e quindi il panorama politico è avvolto da una nebbia fitta che crea un distacco marcato con i cittadini.
“Le coalizioni sono nate non per convinzione ma per necessità dice giustamente D’Alimonte, necessità dettate da regole elettorali inevitabili, sembra aggiungere per la fine del comunismo e per le conseguenze di Mani Pulite. Siccome le coalizioni si sono fatte per necessità non sono risultate valide e non hanno governato il Paese. La crisi politica e la mancanza di partiti deriva da questo. Ma D’Alimonte aggiunge che “adottando il sistema proporzionale che consente le alleanze tra gruppi parlamentari dopo le elezioni si determinerebbe una discontinuità con i sistemi elettorali per le Regioni e i Comuni stabiliti sin dal 1993”.
“Nel momento in cui cresce la voglia di proporzionale, c’è anche il rischio di consolidare un sistema incoerente in cui gli elettori votano direttamente sindaci e presidente, ma non il governo nazionale: si rischia di ritrovarsi con un Parlamento ingovernabile”.
“Di questo passo si finirà per buttare a mare quel poco di stabilità che abbiamo faticosamente raggiunto finora” È un mistero dove D’Alimonte veda un “poco di stabilità” perché le cose che sono capitate in questa legislatura non hanno precedenti nella storia repubblicana.
Aggiungo che le coalizioni a livello locale non sono politiche né consolidate, sono fasulle e procurano l’ingessatura del Presidente delle Regioni e il dominio del Sindaco nei comuni dove i consiglieri comunali non hanno nessun ruolo e gli scioglimenti dei consigli comunali sono all’ordine del giorno. Anche qui registriamo il fallimento del doppio turno che in ogni caso allontana l’elettore dal seggio elettorale.
Sorprende, dunque, che dopo l’esperienza fatta in questi lunghi anni con i sistemi elettorali sempre diversi ma con costanti incertezze politiche e con assenza di governabilità, si continui a ritenere che il sistema proporzionale sia invece la causa della ingovernabilità e delle divisioni, e meraviglia che anche firme autorevoli del giornalismo, così come raffinati politologi possano non tenere conto di quelle esperienze e continuare a ripetere che il sistema proporzionale
Il Parlamento deve essere rappresentante di quello che c’è nel Paese e al suo interno si costituiscono le alleanze che debbono essere fatte, queste sì, nell’interesse