Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex parlamentare del Pd, sulla discussione relativa al terzo mandato spiega che «non si poteva lasciare per anni il Trentino (e a breve anche il Friuli) con fortissimi dubbi di costituzionalità» e per questo «va dato atto a FI e FdI di aver agito secondo una logica istituzionale». Riguardo alla Campania, dove l’uscente De Luca è in guerra con la sua segretaria Schlein, è netto: «Il fatto che un Presidente uscente non debba essere ricandidabile non significa che, specie se ha ben operato, si debba procedere a una damnatio memoriae, non valorizzandone il ruolo nelle scelte successive».

Professor Ceccanti, il Cdm si è spaccato sul terzo mandato, con la Lega in forte dissenso rispetto alla linea espressa da FdI e FI: è un problema per il governo?

È il dissenso esplicito più forte che si è espresso sin qui, però questa coalizione ha un’indubbia capacità di superare i conflitti. Se si esclude il periodo 1994- 1998 quando la Lega correva da sola, queste forze sono sempre riuscite a state unite, anche perché si percepiscono come parte di un insieme. Ovviamente è un dato ambiguo: positivo perché struttura il sistema, negativo perché scatta una logica di poteri di veto che provoca un basso rendimento. In questo caso va però dato atto a FI e FdI di aver agito secondo una logica istituzionale. Non si poteva lasciare per anni il Trentino ( e a breve anche il Friuli) con fortissimi dubbi di costituzionalità. Senza impugnativa si sarebbero dovuti aspettare i tempi lunghi di un ricorso incidentale. La posizione della Lega è strumentale: se sono così sicuri che la legge sia costituzionale non dovrebbero temere un giudizio tempestivo della Corte.

La questione interessa due regioni a statuto speciale, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, dopo che la Consulta si era già espressa su quelle ordinarie: cosa cambia in base allo statuto?

Il sistema delle fonti è diverso. Nel caso delle ordinarie si tratta di una competenza concorrente, regolata dall’articolo 122 della Costituzione. La Campania, giocando sui tempi dell’attuazione del principio fondamentale del tetto dei mandati, voleva in realtà eluderlo. Nelle Speciali la competenza è esclusiva sulla base degli Statuti Speciali, ma ciò non significa che siamo in una confederazione. Gli Statuti devono essere comunque in armonia con la Costituzione e nello specifico con gli articoli 3 e 51, sull’uguaglianza di accesso alle cariche pubbliche. Il diritto di elettorato passivo non tollera trattamenti differenziati che non siamo motivati in modo puntuale e specifico. La Corte lo ha già detto, censurando la legge sarda sui sindaci che prevedeva un tetto dei mandati diverso rispetto a quello vigente nel resto d’Italia. Così come non si capisce, sotto il profilo dell’uguaglianza, perché il sindaco di Cagliari potrebbe fare tre mandati consecutivi e quello di Pisa due, non si capirebbero neanche tre mandati in Trentino e due in Campania. Nella sentenza su quest’ultima regione la Corte ha richiamato espressamente anche la sentenza sui sindaci sardi e anche questo contribuisce a farci capire come l’esito della censura della legge sia il più probabile. Per di più pochi mesi fa il Trentino Alto Adige ha ribadito il tetto dei due mandati per i sindaci: perché allora tre per il Presidente?

Nelle motivazioni con cui la Consulta ha bocciato la possibilità di terzo mandato c’è un tema di “principi costituzionali”. Cosa si intende?

La Corte ricostruisce la logica della forma di governo neoparlamentare adottata per Comuni e Regioni. Essa, costruita a partire dalle elaborazioni di Maurice Diverger, si basa non solo sull’elezione diretta del vertice dell’esecutivo, ma anche sulla necessaria coesione della maggioranza intorno all’eletto col meccanismo del cosiddetto simul stabunt simul cadent con i Consigli. Per avere governi di legislatura, a partire da sistemi di partito frammentati e incapaci di produrre accordi stabili, si realizza così una forte concentrazione di potere, sia pure ridotta dalla dimensione, dal fatto che i comuni sono più di ottomila e Regioni e Province Autonome sono 21.

La concentrazione, che ha portato ai risultati sperati di governi stabili ed efficienti, è accettabile se è bilanciata da un limite temporale nei confronti dei vertici eletti. In questo senso il tetto ai due mandati consecutivi non è una scelta casuale o accessoria del legislatore, ma è consustanziale a quel modello. La riprova è data dal fatto che i Presidenti di Regione tendono a interpretare il rispetto dell’autonomia come assenza di limiti per loro stessi, tendono a identificare l’istituzione con la loro persona. Proprio le loro reazioni dimostrano quanto sia giusta la giurisprudenza della Corte.

La problematica divide il centrodestra ma anche il centrosinistra, con la guerra ormai aperta tra De Luca e il suo partito, il Pd: lei che idea si è fatto?

Il fatto che un Presidente uscente non debba essere ricandidabile non significa che, specie se ha ben operato, si debba procedere a una damnatio memoriae, non valorizzandone il ruolo nelle scelte successive. Questa dovrebbe essere una ragionevole via d’uscita.

In che modo la questione potrebbe inserirsi nel dibattito in corso sulle riforme, dal premierato alla nuova legge elettorale?

Il tetto dei due mandati è stato inserito anche nel testo del premierato, anche per questo sarebbe stato incoerente non impugnare. Il testo resta però gravemente deficitario, soprattutto lasciando due Camere che danno la fiducia al Governo e non affrontando la questione del ballottaggio che, come dimostrato in Romania, ha un indubbio valore nel contenere le forze estreme.