“Ma in ferie da cosa?”, esclamò uno stupefatto Marchionne quando, rientrato in Fiat in pieno agosto e vedendo il deserto negli uffici, chiese dove fossero finiti i dirigenti.

“Sono tutti in ferie”, rispose la segretaria. “E all’epoca - aggiunse il buon Sergio - la Fiat perdeva cinque milioni al giorno”.

Ecco, sicuramente l’Italia perde qualcosa di più di cinque milioni al giorno, ma l’idea di passare l’estate a organizzare le elezioni di ottobre ci sembra una sciocchezza siderale. Intanto perché fa caldo e il caldo genera sempre insofferenza. Voi direte: ma che c’entra, il caldo non è mica un elemento politico.

Sbagliato.

Il caldo è politica.

Altrimenti Papeete e quella roba lì non sarebbero mai nati.

Ma una cosa è dimenarsi sulla spiaggia, dove da mezze rifatte hanno tutto l’interesse a esibire il gioiellame, ( e fino alla fase circense ci possiamo anche stare), ma un’altra è farsi imporre da questi sciamannati una decina di tribune politiche al giorno tra telegiornali, talk, internet e, appunto, comizi sulle spiagge. Da qui e per tre mesi tre.

D’estate si va in vacanza, mica a ritirare il certificato elettorale.

No, grazie. Si arriverebbe a ottobre con le fiamme negli occhi. Noi cittadini, si intende. Saremmo molto poco disponibili a mediazioni, promesse di un mondo migliore, detassazioni vagheggiate, redditi vari, porti chiusi/ aperti, e tutte le meraviglie che una campagna elettorale porta e comporta.

Ci arriveremo sfibrati dalle peripezie lessicali di Toninelli& C., vi rendete conto? Saremo decotti come una mela d’ospedale, dopo che il Capitano avrà fatto decine di volte il questurino con i cronisti.

Ma dai. E a quel punto cercheremo, per forza di cose, le vie d’uscita più detox, che ora è difficile immaginare. Insomma, saremmo insofferenti.

Anzi, non insofferenti.

Furibondi e sviliti. Ne vale la pena?