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«La tragedia di Giulia colpisce particolarmente per la giovane età dei protagonisti, che ci impone un esame di coscienza sui principi che stiamo trasmettendo ai nostri figli. Forse ci illudevamo di aver passato, almeno alle giovani generazioni, il messaggio del rispetto reciproco, l’idea che la donna non è un oggetto che appartiene all’uomo, evidentemente c’è ancora tanto da fare». Lucia Secchi Tarugi, avvocata a coordinatrice della Commissione pari opportunità del Consiglio nazionale forense, parte da un’amara considerazione e da un momento di riflessione collettiva: perché il femminicidio di Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni per la cui morte è accusato l’ex fidanzato Filippo Turetta, «ci pone di fronte ad una responsabilità sociale».
E «ci fa prendere atto - sottolinea - del persistere, ancora oggi, di un modello socio-culturale, in cui la donna occupa una posizione di subordinazione, divenendo soggetto discriminabile, violabile, uccidibile». «Sul piano dei comportamenti individuali - prosegue la consigliera del Cnf - il femminicidio, che non si configura come un fatto isolato che accade all’improvviso, ma è l’ultimo atto all’interno del ciclo della violenza, è la massima espressione del potere e del controllo dell’uomo sulla donna, l’estremizzazione di condotte misogine e discriminatorie fondate sulla disuguaglianza di genere». Un pericolo dal quale «nessuna donna può considerarsi esente, neppure chi si ritiene che abbia una formazione che deriva dalla propria professione. Penso alla collega Martina Scialdone, uccisa dall’ex compagno lo scorso 13 gennaio».
Si tratta di riconoscere la violenza in tutte le sue forme e le dinamiche all’interno di una relazione affettiva, che non possono e non devono mai essere confuse con la “lite”. «È bene intendersi sulle parole: quando una parte è superiore all’altra - economicamente, psicologicamente o fisicamente - non si può parlare di “conflitto”. Questa è violenza», dice Secchi Tarugi, che da avvocata pone una questione di linguaggio (e di sostanza) per ciò che riguarda l’attività di contrasto alla violenza di genere nell’amministrazione della giustizia. Già presidente del Cpo dell’Ordine di Siena, di cui poi ha assunto la guida, e oggi consigliera provinciale di parità nella città toscana, Secchi Tarugi conosce a fondo la materia. E rispetto agli interventi normativi messi in campo negli ultimi anni non ha dubbi: «In astratto possono anche essere utili, il problema sta tutto nei fondi. Se continuano a fare riforme senza avere la possibilità di metterle in pratica, non risolveremo mai nulla».
Per contrastare davvero il fenomeno abbiamo bisogno di strumenti e mezzi adeguati, integrando il numero di pm che possano dare seguito alle “corsie rapide” introdotte con il Codice rosso e velocizzando l’attività di acquisizione delle prove. Ma abbiamo bisogno anche di un maggiore investimento sul piano culturale, di una formazione per gli operatori della giustizia e di un «linguaggio comune». Proprio in quest’ottica si inserisce l’iniziativa che il Cnf ha organizzato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre il 25 novembre. Un evento nato da un confronto con il consigliere Cnf e vicepresidente Fai, Vittorio Minervini, che ha l’obiettivo di trasmettere un messaggio potente attraverso l’arte: un’installazione collocata in piazza dell’orologio a Roma, davanti alla sede amministrativa del Cnf, che possa rappresentare un momento di riflessione per chiunque decida di parteciparvi. L’esperienza in programma sabato prossimo sarà di grande impatto: si potrà attraversare un tunnel costellato di luci, ognuna delle quali rappresenta una vittima di femminicidio.
«Sarà un percorso dal buio verso la luce, attraverso le storie di queste donne a cui vogliamo dare un nome perché il loro sacrificio sia di monito per tutti noi», spiega Secchi Tarugi. «Al nero della morte si contrapporrà l’arancione, il colore scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata del 25 novembre», aggiunge la Consigliera. Che si augura la massima partecipazione dell’avvocatura romana. «Vogliamo richiamare l’attenzione sul grande lavoro svolto in questi anni dai comitati pari opportunità presso gli Ordini locali» con riferimento all’impegno e all’opera di sensibilizzazione che si inquadra nella funzione sociale dell’avvocatura. E non solo qui, da noi, ma in tutto il mondo, come dimostra il sacrificio delle avvocate che hanno pagato anche con la vita il prezzo della libertà.
È il caso di Ebru Timtik, la legale turca morta nelle prigioni di Erdogan dopo 238 giorni di sciopero della fame. Ma anche di Nasrin Sotoudeh, l’avvocata iraniana da poco rilasciata dopo l’ennesimo arresto arbitrario da parte degli ayatollah. «La persecuzione sempre più frequente delle avvocate nel mondo dimostra che le donne hanno potere e fanno paura», puntualizza Secchi Tarugi. Che non solo vuole mettere in rete le esperienze sul territorio, valorizzando le attività dei Cpo e strutturandole in un organo permanente, un comitato pari opportunità all’interno del Cnf, che sostituisca l’attuale Commissione. Ma spera anche di avviare un percorso che metta in relazione la Giornata del 25 novembre con il 24 gennaio, Giornata internazionale degli avvocati in pericolo.
«Il 25 novembre nasce dell’omicidio delle sorelle Mirabal che lottarono contro la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, che non era altro se non l’iperbole del maschilismo - chiosa la consigliera del Cnf -; la lotta delle sorelle Mirabal dimostra fino a che punto il femminile è una forma di dissidenza. La data della giornata internazionale segna anche l’inizio dei “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere” che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani il 10 dicembre, per ribadire come la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani. Diritti che sono massimamente violati quando si minacciano le avvocate e gli avvocati, baluardo della difesa e delle libertà».