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enrico costa
Enrico Costa, deputato di Azione, spiega che dopo l’incontro in videoconferenza di ieri con la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, «sotto il profilo della prescrizione la riforma Bonafede è praticamente archiviata» e dice che più che sui referendum proposti da Salvini «dobbiamo concentrarci sul far approvare i nostri emendamenti». Onorevole Costa, quanto confida che nel dl penale possano entrare i temi a voi più cari, legati alla presunzione d’innocenza e alle novità sulle misure cautelari? Ho posto questi quesiti in maniera chiara alla ministra Cartabia. La commissione ministeriale ci ha illustrato proposte e idee e poi c’è stato dialogo sui nostri emendamenti, basati anche su altri temi come il segreto istruttorio, le intercettazioni, il diritto all’oblio. Tutta una serie di proposte che andavano oltre la proposta Bonafede, al cui filo conduttore si è legato invece il lavoro della commissione. Penso e spero che i temi presenti negli emendamenti possano avere cittadinanza, perché ispirati ai medesimi principi seguiti dalla stessa commissione, cioè ragionevole durata del processo e presunzione d’innocenza. Il loro accoglimento significherebbe tuttavia trasformare il dl penale attuale, prendendosi più tempo, che invece stringe. Intravede disponibilità nella ministra Cartabia nell’accogliere le modifiche? Questo non lo so, dobbiamo chiudere la legge di delegazione entro la fine dell’anno sia alla Camera che al Senato e i tempi saranno piuttosto stretti. Tuttavia è evidente che nell’esame non possiamo limitarci al perimetro della riforma Bonafede, all’approvazione della quale tra l’altro io mi trovavo all’opposizione. Condivide l’iniziativa di Matteo Salvini di esercitare pressione attraverso i referendum su una maggioranza che sappiamo essere divisa? Noi siamo una forza politica seria che vuole portare avanti le proprie proposte in Parlamento, che è la sede dell’attività legislativa. Penso che abbiamo l’occasione, noi come altre forze politiche, di presentare le nostro proposte e di vederle approvate. Il referendum è un’opportunità nel caso in cui non ci fosse questa possibilità, ma penso che dobbiamo dare fiducia alla ministra Cartabia evitando di mettere il carro davanti ai buoi. Dobbiamo concentrare le forze sul cercare di portare avanti e far approvare i nostri emendamenti. Anche perché sulla custodia cautelare, sulla separazione delle funzioni e sui magistrati fuori ruolo, i nostri testi sono simili a quelli dei Radicali.Tra i referendum che Salvini propone c’è quello sulle carriere dei magistrati. C’è concreta possibilità che venga abrogata qualche norma tramite referendum? Il referendum abrogativo è molto complesso. Sulla separazione delle carriere abbiamo una proposta di legge di iniziativa popolare proposta dall’Ucpi che è pendente in Parlamento. In generale, sul fatto che il referendum possa essere utilizzato per modificare la norma sulla separazione delle carriere ho molti dubbi. Un conto è la separazione delle funzioni, in merito alla quale si può intervenire sul decreto legislativo del 2006, un altro conto è la separazione delle carriere. Mi piacerebbe vedere come articolerebbero il quesito. È soddisfatto delle ipotesi avanzate da via Arenula per la modifica della prescrizione di Bonafede? Devo dire che sotto questo profilo la riforma Bonafede è praticamente archiviata. Ci sono state proposte due ipotesi: la prescrizione processuale e la prescrizione sostanziale, ma in entrambe le circostanze si archivia lo stop alla prescrizione di Bonafede che determinava il fine processo mai, che come noto per noi era inaccettabile. Chi glielo dice al M5S? La maggioranza è ampia ed è vero che il M5S al momento alle ultime Politiche rappresentava il 33 per cento del Parlamento, ma è anche vero che oggi rappresenta molto meno e se c’è una convergenza del resto della maggioranza su alcune norme di certo ascolteremo la voce del Movimento, ma questa non sarà così determinante come era nelle altre maggioranze. Possiamo dire che oggi la voce del Movimento è un po’ più flebile. A tre mesi dall’insediamento della ministra Cartabia, pensa che la politica stia riuscendo a dare un’immagine di sé al Paese che sia meno divisiva su temi fondamentali come quelli della giustizia? Il cambiamento più evidente è che ora c’è un approccio organico alla materia, non finalizzato ad avere titoli di giornale come accaduto in passato. Su un punto siamo tutti d’accordo e su questo dobbiamo focalizzare l’attenzione: bisogna cercare di avere una ragionevole durata del processo, ancorando le scelte ai principi costituzionali e non a mere visioni politiche dettate da scelte di pancia solo per avere consenso popolare, che portano poi a norme inefficaci.