«Conosco Nicola da trent’anni, l’ho sostenuto al congresso, credo che tra noi vi siano stima e limpidezza. Ho interpretato la sua lettera come un invito alla chiarezza sulla scena politica dei prossimi mesi e sul ruolo che l’Italia può e vuole giocare in Europa». Pur non condividendo la posizione del segretario sul referendum, Gianni Cuperlo non mette in discussione la guida del Pd.

Zingaretti ha di fatto annunciato il Sì del Pd al referendum senza attendere il confronto in direzione. Ha ancora senso riunirsi lunedì prossimo?

Penso a una direzione di chiarezza che vada oltre il solo referendum e ci metta a confronto con uno scenario che si fa sempre più complesso sia se guardiamo in casa nostra, dall’economia alla riapertura delle scuole, sia se alziamo lo sguardo sul Mediterraneo e l’Europa. Quanto al referendum sto ai fatti. Un anno fa il Pd con un consenso ampio diede semaforo verde alla nascita del Conte 2. In quell’accordo la riduzione dei parlamentari era parte del programma assieme a un quadro robusto di garanzie. Purtroppo quelle misure sono rimaste sulla carta. Oggi il segretario rivendica il nostro impegno in quella direzione. Comunque vada il voto sarò con lui nella richiesta di quei correttivi. Ma a questo punto le ragioni di responsabilità che abbiamo espresso dodici mesi fa escono per lo meno infragilite e diventa ragionevole esprimere in coscienza una posizione che, personalmente, mi ha spinto a motivare il mio No. Anche per questo confido in una riunione dove il confronto si svolga senza strumentalizzare un passaggio referendario che, per definizione, riflette opinioni diverse e trasversali.

Tra voi ci sono sabotatori dell'alleanza Pd- M5S, come lascia intendere il segretario?

Per quanto mi riguarda referendum e alleanza coi 5 Stelle sono piani distinti. Aggiungo che questa maggioranza non ha alternative se non il ritorno anticipato alle urne. Penso anche che il governo abbia gestito bene la tragedia della pandemia e che, a mente lucida e osservando la parabola di altre grandi nazioni, questi meriti presto o tardi verranno riconosciuti anche da coloro che oggi li negano. Sul punto delle alleanze Zingaretti fa bene a chiedere trasparenza perché ne va del futuro del paese. Io, come tanti, rivendico l’avere ricongiunto il destino dell’Italia a una svolta della politica europea e considero la scelta di non lasciare il governo nelle mani della destra sovranista una decisione per la quale una maggioranza degli italiani, se non altro col senno di poi, dovrebbe trarre un respiro di sollievo.

Si è sentito chiamare in causa dalle parole dure scritte da Zingaretti?

Ma no, conosco Nicola da trent’anni, l’ho sostenuto al congresso, credo che tra noi vi siano stima e limpidezza. Ho interpretato la sua lettera come un invito alla chiarezza sulla scena politica dei prossimi mesi e sul ruolo che l’Italia può e vuole giocare in Europa.

Ha l'impressione che qualcuno dentro il Pd stia già lavorando al dopo Zingaretti?

Beh sì, i segnali ci sono. Vede questo paese non coltiva il gusto della memoria a breve, ma all’atto di nascita di Italia Viva il suo leader, con una dose di sincerità, spiegò in una intervista come il suo traguardo fosse imitare Macron. Tradotto, ridurre il Pd ai minimi termini e prenderne il posto come perno centrale del campo riformista. In un pugno di mesi quel disegno è fallito e l’uomo che tutto è meno che sprovveduto lo sa. A questo punto l’idea di “riprendersi la ditta” potrebbe divenire la subordinata, naturalmente a patto di trovare una sponda all’interno. La domanda è se tale sponda esiste o meno.

Ha detto che la «ragionevolezza» la porterà a votare No al referendum, è irrazionale sostenere il Sì?

Ho rispetto per quella posizione, semplicemente non mi convince. Non penso che si possa eliminare un terzo della rappresentanza parlamentare senza garanzie sul dopo e sulla base di una “fede riformista” calibrata sui piccoli passi forieri di grandi svolte. Temo invece che un passo sbagliato possa determinare guasti più seri.

La vittoria del No, al momento improbabile, che ripercussioni avrebbe sul governo?

Nessuna. Penso che qualunque sarà l’esito del referendum il governo proseguirà nella sua azione.

E un trionfo del Sì rafforzerebbe, al contrario, la componente populista del Movimento?

In quella eventualità mi auguro almeno che nessuno pensi di illuminare il balcone di palazzo Chigi annunciando, dopo la povertà, anche la sconfitta della “vecchia” politica.

Basterebbe una legge elettorale proporzionale per correggere le distorsioni derivanti da un taglio lineare dei parlamentari?

No, serviranno alcune altre riforme costituzionali, sulla base elettorale del Senato e sui delegati regionali per l’elezione del capo dello Stato oltre a una correzione dei regolamenti parlamentari. Quanto alla legge elettorale potrei dire che si tratta del minimo sindacale, ma dire proporzionale con una soglia al 5 per cento da solo non basta. Se si mantiene la logica delle liste bloccate ci troveremo con meno parlamentari decisi comunque a tavolino da un pugno di persone, il risultato sarebbe un Parlamento ancora una volta nominato senza che i cittadini siano posti nella condizione di ricostruire un legame con chi li rappresenta. Sulla legge elettorale mi auguro un percorso serio e non condizionato come da troppi anni dall’utilità della maggioranza di turno.

Politicamente è più rilevante l'esito del referendum o quello delle Regionali?

Sullo scenario e il clima politico ovviamente il risultato delle regionali avrà un peso.

Secondo i sondaggi, il Pd dovrebbe vincere agevolmente solo in Campania. In Puglia siete in affanno e persino la Toscana è in bilico. Cosa comporterebbe una vittoria della Lega nello storico fortino “rosso”?

Nulla perché non accadrà.

L'alleanza “organica” col Movimento deve rimanere l'orizzonte dem o tutto dipenderà dall'esito delle Regionali?

Se scegli di governare il paese nella stagione più drammatica degli ultimi decenni lo fai perché pensi di poter costruire una stagione diversa e un investimento sul dopo. Meno di questo e l’alleanza avrebbe solo il sapore della convenienza momentanea. Noi siamo un partito che discute e che questa scelta ha compiuto con la consapevolezza dei rischi e delle potenzialità. Coltiviamo le seconde e governiamo i primi, ma non è un compito che possiamo assolvere da soli. Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità, anche i 5 Stelle, a partire dalla scelta sulla loro natura e sul loro avvenire.