COMITATO SCIENT. CONSIGLIO STATO

Oggi sono entrati, una dopo l’altra. Non le vedevo, non li vedevo, perché i video sono oscurati la linea tiene poco e non essendoci disponibilità nello spazio digitale bisogna scegliere e quindi tra video e audio in una lezione che è erogata attraverso la parola parlata meglio oscurare il video. Eppure, fanno l’appello e ad uno ad uno si presentano. Ci sono. Presente, presente. Un lungo silenzio, presente. Sono rimasta colpita ma non sapevo perché fino a quando non mi è venuto in mente il libro di Alessandro d’Avenia L’appello: un docente entra in aula, è non vedente conosce i suoi studenti solo attraverso l’appello. Un rituale desueto, eppure l’appello richiama ad una presenza. Esserci.

Sono uscita dall’aula virtuale dopo quattro ore e improvvisamente mi è parso che mi mancasse qualcosa: camminare fra le domande, le loro; soffermarmi sui commenti, i loro; indugiare volentieri sulle curiosità, le loro. Insegnare è un grande immenso privilegio ed innanzitutto una missione civica e scientifica.

In questo anno abbiamo sentito quanta differenza fa nella presa motivazionale, nella empatia con le aule di vite diverse che lì si incrociano, nel dialogo aperto che ti mette in discussione se lo prendi sul serio sempre e comunque la presenza e la distanza. È vero. La distanza fisica non implica ipso facto la distanza del pensiero. Ma alcune cose cambiano: per esempio è difficile capire se e come quanto stiamo trasmettendo incontra le domande latenti di chi ci ascolta.

Cambia la modalità con la quale insegnare, che si declina nel tentativo di incontrare le diversità motivazionali professionali emotive e caratteriali dei nostri giovani per poterli aiutare a scoprire ciascuno di loro il proprio talento. In un libro scritto di recente da Carlo Ossola, una delle virtù che vengono riportate alla attenzione del lettore è la virtù passiva della discrezione e dell’ascolto. Nel mezzo di una comunicazione impazzita dove ad ogni istante la rete produce un inusitato ondeggiare di notizie che sono l’una la contraddizione dell’altra, nel coacervo della parola che non trova controllo se non nel fatto che presto ve ne sarà una altra a controbilanciarla, la discrezione e l’ascolto si candidano per essere i nostri migliori alleati. Soprattutto quando si tratta di insegnare: in quella aula fatta di movimenti sguardi visi illuminati o stanchi occhi distratti dalle preoccupazioni della vita che si fa ogni giorno più piena e più incerta, si ha un ascolto continuo. Un ascolto che non si dice. È. Semplicemente.

Allora prendiamo la didattica a distanza e gettiamo tutto via, direte. Ritorniamo a tutto ciò che non ha alcuna forma di mediazione digitale. Non sarebbe meglio? No. Non lo sarebbe. Sarebbe una enorme perdita, una follia. La DAD è un paradigma nuovo che ci offre l’opportunità inedita di scoprirci docenti e studenti in un incontro potenziato. Accorgersi che nella distanza fisica abbiamo perduto la possibilità di fare un appello con gli occhi e di vedere nelle posture degli sguardi dei sorrisi degli impercettibili sobbalzare degli occhi un interesse o un non interesse una partecipazione una comprensione nel capire che senza l’aula e senza il suo implicito appello non siamo in grado di andare incontro alle infinite diversità che sono i nostri ragazzi e la loro straordinaria freschezza e forza intelligente, ci rendiamo conto che possiamo distillare per integrare, modulare per arricchire il mondo dell’insegnamento di ciò che abbiamo imparato a fare come sistema in questi mesi ma riqualificando il significato rituale simbolico istituzionale e di apprendimen- to profondissimo che sta nell’esserci.

Integrare significa che ci sono funzioni diverse dentro all’insegnare: c’è il motivare l’incuriosire c’è lo spiegare andando incontro alle traiettorie di apprendimento di ciascuna e ciascuno ma c’è anche l’accompagnare nell’approfondimento c’è il portare a definizione degli elaborati c’è il mettere in contatto con un mondo esterno lontano che attraverso la rete facilmente arriva. Ci sono funzioni dell’insegnare che devono mantenersi e potersi mantenere a distanza perché a distanza vengono meglio: sono più efficaci, permettono di concentrare il tempo che deve essere dedicato a studio ed approfondimento. Ci sono funzioni di apertura dei corsi di insegnamento al mondo esterno che a costo bassissimo possono essere svolte proprio e soltanto attraverso il web: mettete i ragazzi in contatto con le realtà che sono diverse dalle loro quotidiane per dare loro l’idea che il possibile è vario e che il reale non ne è che una delle declinazioni possibili.

Quando le condizioni saranno favorevoli e le difficoltà dovute alla pandemia saranno ridotte sotto controllo costruiamo non un surrogato digitale dell’insegnamento in presenza. Ma una modularità di offerte formative che si articolano in DAD e in presenza e che per questo sapranno utilizzare quel principio della differenziazione funzionale che si chiama in questo contesto andare incontro per davvero ai percorsi di apprendimento: là dove avvengono, negli occhi dei nostri straordinari studenti.