La lista si chiama Civica Popolare, è l’alleata di centro del Pd e - appena nata - ha già generato una querelle con tanto di diffida da parte di uno dei grandi leader del centrismo italiano, Francesco Rutelli. Eppure - al netto della disputa floreale - con Civica Popolare «l’obiettivo è far rinascere un vero soggetto di centro di ispirazione popolare», ha spiegato Lorenzo Dellai, parlamentare trentino promotore del nuovo progetto insieme alla ministra Beatrice Lorenzin.

Onorevole, proviamo a chiarire una volta per tutte la vicenda del simbolo della Margherita. Le spiace aver rinunciato al suo fiore?

Io non ho affatto rinunciato. Se guarda bene, nel simbolo ci sono i cinque loghi dei soggetti promotori. Nel mezzo c’è quello della Margherita trentina, che noi utilizziamo in tutte le elezioni sin dal 1998. Anzi, per me è motivo d’orgoglio che un simbolo territoriale sia incluso in quello di una lista nazionale. E non a caso la lista si chiama Civica popolare: noi ci riferiamo alla tradizione culturale del popolarismo, che abita i territori e non i palazzi romani.

Però Rutelli è stato molto duro nel diffidarvi.

Guardi, tutta questa querelle da parte dei liquidatori della Margherita nazionale è stata esagerata e del tutto ingiustificata. Per evitare inutili contenziosi abbiamo configurato graficamente il simbolo in modo che non ci possa essere alcuna confusione, ma nessuno di noi pensava di usare quel simbolo, anche perchè quel partito si è sciolto, confluendo nel Pd. Per dirla con una battuta, noi ci occupiamo dei fiori vivi.

Lei ha parlato con Rutelli per chiarire la questione?

L’ho sentito nei primi giorni e ho provato a spiegargli che non c’era ragione di fare la polemica, perchè avremmo usato il simbolo trentino, per nulla confondibile con quello di Democrazia e Libertà. Evidentemente ha ritenuto di portare avanti comunque un’azione di diffida, anche se non necessaria.

Vicenda floreale a parte, mirate a dare una nuova casa ai moderati?

La fermo subito. Io non uso mai il termine moderati: non mi piace, perchè non vuol dire nulla. Mino Martinazzoli ci insegnava che la moderazione in politica è una virtù, il moderatismo un vizio. Noi non siamo affatto moderati, anzi ci definirei molto inquieti.

Certo, vogliamo recuperare la moderazione del dialogo, dell’ascolto e dell’equilibrio, ma siamo per il cambiamento, per le riforme e per superare le difficoltà sociali e generazionali del nostro Paese.

Riformulo: c’è spazio per un polo centrista nell’Italia di oggi?

Per noi il centro non è una categoria topografica, ma una categoria culturale e politica. Per questo vogliamo dare il nostro con- tributo affinchè l’Italia possa ritrovare un luogo di equilibrio, che punti all’evoluzione responsabile della società. La sfida è difficile, perchè negli ultimi anni il centrismo è diventato una serie di sigle in cerca di sopravvivenza in un sistema bipolare e bipartitico.

E ora c’è margine per ricostruire il centro?

Oggi il sistema bipolare non esiste più, tant’è che si torna a parlare di coalizioni e non più di partiti unici. L’Italia ha bisogno di un suo centro, non da intendersi come alchimia di nomenclature ma come una cultura politica che si fonda sull’inclusione, la mediazione e la responsabilità istituzionale.

Il centrosinistra è la collocazione naturale di questo progetto?

Sì, un centrosinistra che si presenti in continuità con lo sforzo di questa legislatura e in particolare con il lavoro del governo Gentiloni. La nostra collocazione in coalizione con il Pd è un fatto naturale e coerente con il nostro sostegno ai governi degli ultimi 5 anni. L’obiettivo è dare un contributo - quanto significativo lo decideranno gli elettori - perchè il Paese non finisca in mano alla destra o al Movimento 5 Stelle.

Ma è possibile rifondare il centro di cui lei parla, cominciando con una lista elettorale?

La vittoria del centrosinistra è l’obiettivo di breve periodo, ma già in campagna elettorale e poi dal giorno dopo le elezioni lavoreremo per far rinascere una forza politica di ispirazione popolare. E’ finita l’epoca della reductio ad unum, in cui ci eravamo illusi che tutto potesse essere risolto con la semplificazione brutale della rappresentanza: un partito di destra e uno di sinistra. Oggi questo schema è in crisi e si torna al pluralismo delle culture politiche. Ecco, noi vogliamo ricostruire le infrastrutture politiche della società italiana e riportare al centro i grandi valori del popolarismo e di una democrazia che sia prima di tutto giustizia sociale.

Nel breve periodo - le elezioni politiche - è ancora presto per porsi il tema della premiership?

Più che altro è fuori contesto. La legge elettorale non prevede l’indicazione di un premier di coalizione e sarà il Parlamento a valutare quale sia l’equilibrio più stabile per il governo del Paese, a partire dal nome del premier.

Per fare qualche nome, la coalizione regge perchè sta tramontando l’ipotesi di Renzi premier?

Renzi è il segretario del principale partito della nostra coalizione, ma lui per primo non ha affatto posto il suo nome come condizione per costruirla. Anzi, negli ultimi giorni ha usato espressioni di consapevolezza rispetto al fatto che il quadro politico di oggi è molto diverso rispetto a quello di due anni fa.

Lo ha accennato prima: Gentiloni potrebbe essere il nome giusto su cui puntare?

Il nostro apprezzamento per il premier Gentiloni è noto. Sta agendo con grande equilibrio ed è un punto di riferimento importante, ma sarà possibile discuterne solo dopo le elezioni.

E come conquisterete il voto degli elettori?

Innanzitutto a partire dallo stile. Noi crediamo che la moralità nella politica non sia solo non rubare, ma anche non raccontare bugie agli elettori. Invece, mi sembra che molti contendenti propongano tutto e il contrario di tutto, senza avere la più pallida idea di come supportare le loro proposte sul piano finanziario e di consenso sociale. Ecco, questo modo di fare politica non ci appartiene nè ci interessa. Noi ci richiamiamo a uno stile degasperiano, con un atteggiamento verso gli elettori che non ricerca la tifoseria ma il consenso consapevole.

Eppure la campagna elettorale appena cominciata è già in salita per il centrosinistra.

Io non credo che gli equilibri siano già definiti e non credo alla democrazia dei sondaggi. La campagna elettorale è ancora tutta da fare e una larghissima parte degli elettori è totalmente disorientata. Dobbiamo percorrere la nostra strada con fiducia: la coalizione di centrosinistra può avere ancora il primato in Parlamento.

A che punto è il lavoro sulle liste? Candiderà in un collegio uninominale?

Non lo so ancora, se ne parlerà in sede locale in Trentino, dove per fortuna abbiamo una coalizione solida con la Svp e il centrosinistra. Vedo grande attenzione per i collegi uninominali ma attenzione ai pericoli: vanno tutti conquistati e non ne esistono di sicuri. Credo, invece, che la partita vera riguardi la lista sul proporzionale, perchè lì si esprimono davvero l’autonomia e la proposta di ogni forza politica.