Dai rubli al ribaltone Nel giro di una settimana il fantasma più temuto da Matteo Salvini, quello di un governo Pd- M5S che si insedierebbe ove la Lega abbattesse quello di Giuseppe Conte, è passato dal rango di fantasia paranoica a quello di ipotesi concreta o quanto temo concretamente temuta.

Il Pd smentisce vigorosamente. Le affermazioni di Zingaretti suonano come un drastico ' Non se ne parla nemmeno'. Ma l'esperienza insegna che delle dichiarazioni, incluse le più stentoree, nella politica italiana conviene fidarsi fino a un certo punto.

Ancor più del Russiagate, caso che in realtà sta montando soprattutto Salvini con il suo arrogante rifiuto di riferire in aula, a far suonare il campanello d'allarme è stato il voto dell'M5S che ha regalato per un soffio la presidenza della commissione europea a Ursula Von der Leyen.

E' vero che la stessa lega è stata indecisa sino all'ultimo ma alla fine il discorso durissimo della candidata contro i sovranisti ha reso impossibile al Carroccio votarla.

Mani libere per i 5stelle I 5S non avevano questo problema, essendo casomai nel lessico contemporaneo ' populisti' e non ' sovranisti' e hanno comprensibilmente fatto il loro gioco. Ma quel conta sono le conclusioni e la conclusione in questo caso è che il Pd, l'M5S e Fi fanno oggi parte della stessa maggioranza nel Parlamento di Strasburgo, a sostegno di una presidente che dichiara apertamente di vedere nel gruppo di cui la Lega fa parte il nemico principale.

Tanto più che il voto dei 5S non è piovuto dal cielo ma è il risultato della telefonata della Merkel a Conte. Il Russiagate, almeno allo stato degli atti poco significativo in patria, è invece essenziale all'estero, perché mina la credibilità di Salvini a livello europeo e crea le condizioni ideali per quella manovra avvolgente che il Carroccio sospetta sin dalla pubblicazione della conversazione dell'Hotel Metropol su Buzzfeed.

In questi calcoli c'è molto di fantasioso e molta paranoia da complotto, ma ci sono anche, a supporto, elementi sodi di realtà. Nessuno sa meglio di Salvini che in questo momento i 5S sarebbero disposti a tutto o quasi pur di evitare un ritorno alle urne in tempi brevi, che sospettano rovinoso.

Ostacolo Zingaretti Nel Pd l'ala renziana si trova nelle stesse condizioni, e anche di questo il leader della Lega è perfettamente consapevole. Se Conte cadesse il vero ostacolo alla formazione di una maggioranza M5S- Pd ( senza Fi perché, nonostante i timori leghisti l'accordo con Berlusconi sarebbe indigeribile persino per i 5S con le spalle al muro) sarebbe Zingaretti.

Con i governi di salvezza nazionale i democratici si sono già scottati e non hanno alcuna intenzione di ripetere l'esperienza. Se Salvini, battendo in breccia, avesse provocato la crisi dopo le elezioni europee il Quirinale avrebbe opposto flebile resistenza allo scioglimento delle camere e ancora oggi, in condizioni economiche tutt'altro che emergenziali, con lo spread sotto quota 200, sarebbe così.

Ma in settembre cambierà tutto. A finanziaria aperta e con lo spettro dell'esercizio provvisorio incombente il Quirinale giocherebbe probabilmente tutte le proprie carte per evitare la crisi e la resistenza del Pd, in un clima infinitamente più emergenziale di quello attuale, sarebbe quasi certamente travolta.

Il quadro per Salvini si farebbe a quel punto anche più fosco. Se riuscissero a condividere la responsabilità di governo o almeno la coesistenza in una maggioranza senza scannarsi per uno o due anni l'M5S e il Pd sarebbero inevitabilmente tentati dal presentarsi poi alle elezioni in coalizione, dando vita a un fronte che sarebbe per la destra a trazione leghista estremamente temibile.

Salvini e il timore della crisi Dunque Salvini, non avendo osato rovesciare il tavolo quando era ancora possibile votare in settembre, farà di tutto per evitare la crisi almeno sino all'inizio del prossimo anno. Ma il costo sarà salato e in realtà lo è già. Quasi prima ancora che svanisse l'incubo del voto in settembre, i 5S hanno ripreso a colpire l'alleato/ avversario quotidianamente.

Più la Lega mostrerà di temere la crisi, più i 5S riprenderanno coraggio e foga polemica. Alla fine non è affatto escluso che Salvini debba pentirsi di non aver battuto il ferro quando era bollente, cioè subito dopo le elezioni europee.