L’economista Carlo Cottarelli, per contrastare la dipendenza dal gas russo, ragiona sul fatto che «nel lungo periodo occorre puntare sul nucleare pulito di quarta generazione» e pone il dubbio sul prezzo a cui le compagnie energetiche, in primis l’Eni, importano il gas, perché «potenzialmente c’è il rischio che stiamo pagando bollette più care rispetto a quello che dovremmo».

Professor Cottarelli, quali scenari si aprono nella nostra economia dalla situazione attuale in Ucraina?

Dipende da come si evolverà la guerra. Se le sanzioni rimangono quelle attuali, il problema principale per noi è l’aumento ulteriore del prezzo delle materie prime. Già noi pagavamo una “tassa” sulle importazioni dovuta all’aumento del prezzo delle materie prime, e nel 2022 questo aumenterà ancora. Più in generale, il problema sarà un aumento dei prezzi che taglia il potere d’acquisto. Altri scenari dipendono da un’evoluzione drammatica della guerra e da eventuali decisioni di Putin di chiudere i rubinetti del gas, ma si entrerebbe in un quadro che non ha senso commentare ora. È inutile specularci sopra. Se la situazione rimane al livello attuale, insomma, abbiamo un problema ma non è insormontabile.

In che modo la crescita del 6,6 per cento del Pil certificata dall’Istat nel 2021 potrà risentire della crisi in Ucraina?

Veniamo da una crescita forte nel 2021 e abbiamo già una crescita acquisita del 2,4 per cento per il 2022. L’aumento dei prezzi ha fatto peggiorare un po’ il clima di fiducia di famiglie e imprese, che tuttavia rimane elevato. L’inflazione è cresciuta ancora e siamo al 5,7 per cento. Aumenta anche il prezzo del frumento e quindi di pasta e derivati e questo è il problema principale. Inoltre se la crisi provocherà un aumento della domanda allora la Banca centrale lascerà correre l’inflazione, e questo non è un buon segno.

A proposito di inflazione, come si potrebbe contrastare nei prossimi mesi?

Con l’inflazione i prezzi di gas e elettricità vanno alle stelle, ma essi sono regolati da Arera che è l’autorità dell’energia e dipendono dal prezzo internazionale del gas, che l’anno scorso è aumentato del 280 per cento. Quello del petrolio è aumentato soltanto del 58 per cento. Mi chiedo: a che prezzo le compagnie energetiche italiane, in primis l’Eni, stanno importando il gas? A quei prezzi o a prezzi più bassi grazie a contratti pluridecennali e indicizzati, almeno in parte, a quello del petrolio? Non c’è abbastanza chiarezza su questo.

Si spieghi meglio.

Potenzialmente c’è il rischio che stiamo pagando bollette più care rispetto a quello che dovremmo. Vorrei soltanto sapere, in media, a che prezzo le nostre compagnie importano il gas. Ho sollevato più volte il problema ma non ho ancora avuto risposte su questo.

In che modo si può contrastare la dipendenza dal gas russo, cresciuta in maniera esponenziale negli anni come ricordato dal presidente Draghi in Parlamento?

Occorre rivedere tutta la politica energetica e spingere su tutte le leve, compreso il superamento di quei vincoli che esistono all’uso delle rinnovabili. Se iniziassimo a mettere i pannelli solari su tutti i ministeri di Roma, forse si recupererebbe un po’ di energia. Poi però c’è la soprintendenza che dice che non si può e tutto si blocca. Lo stesso vale per le pale eoliche, che come sappiamo piacciono e non piacciono.

Riusciremo a ricevere più gas da Azerbaijan, Algeria, Tunisia e Libia?

Me lo auguro. Bisogna cercare di ricevere più gas dal Tap e dovremo vedere se sarà possibile prenderne di più dall’Algeria. Nel lungo periodo occorre però puntare sul nucleare pulito di quarta generazione, senza avere paura e facendo ricerca in questo campo. Servono tutte le fonti possibili, con meno vincoli.

Secondo Draghi, se necessario dovremo riaprire anche le centrali a carbone. Che ne pensa?

A me non piace per niente questa idea, ma se ci fosse una chiusura dei rubinetti del gas andrà fatto. Se lo dice Draghi io mi fido, ma non è che si risparmierebbe molto da questa riapertura. Importiamo più del 40 per cento del gas e la riapertura è vero non causerebbe molto inquinamento perché sono poche centrali ma non risolverebbe il problema. È vero che siamo a marzo e l’inverno è quasi finito, ma ricordiamoci che il consumo di elettricità è alto anche in estate per via dei condizionatori.

In che modo la crisi cambierà i rapporti economici tra grandi potenze?

A livello europeo, l’interruzione del Nord Stream 2 sarà un problema visto che doveva portare molto gas. Il problema del prossimo decennio sarà proprio il cambiamento dei rapporti economici tra super potenze. Le democrazie occidentali al momento sono molto legate a Cina e Russia e da questa guerra potrebbero arrivare grosse difficoltà geopolitiche. Si sta creando un dialogo diretto Russia- Cina che all’Occidente può far male. La Russia è un paese economicamente piccolo, ma la Cina no. Dobbiamo smettere di pensare che il mondo sia piatto e pensare invece a un maggior grado di indipendenza su questioni fondamentali.