L’avviso ai governanti lanciato ieri sera dal Presidente della Repubblica è una cosa molto seria. Riguarda una parte essenziale della democrazia politica: il pluralismo e l’equilibrio tra i poteri. Mattarella era stato preceduto in mattinata da un editoriale molto severo, sul Corriere della Sera, di Sabino Cassese ( chè è uno dei giuristi e costituzionalisti italiani più conosciuti ed apprezzati anche all’estero).

Cassese - come Mattarella - metteva in guardia ( credo soprattutto Salvini e Di Maio) e li avvertiva che qualunque democrazia si fonda sull’equilibrio dei poteri, e se salta questo equilibrio salta tutta la democrazia. Cassese, a sostegno della sua tesi, citava pensatori e giganti politici come James Madison, Alexis de Tocqueville, John Stuart Mill, David Ricardo. Forse esagerando un po’, dal momento che non è affatto detto che tutti i suoi interlocutori conoscano perfettamente questi nomi.

Il professor Cassese ha chiesto ai leader politici di non pensare che il governo e lo Stato siano la stessa cosa. Sono due entità molto diverse ha spiegato - sia in dottrina sia nel quotidiano svolgersi della democrazia.

Mattarella, in modo forse ancor più tagliente e preoccupato, ha avvertito che «l’esercizio del potere può provocare il rischio... di acquisire il senso del dominio». E ha spiegato che il “dominio” non è una bella cosa.

A cosa si riferivano Mattarella e Cassese? In generale ad un atteggiamento da «Re Sole» che troppo spesso caratterizza le dichiarazioni e le polemiche dei due vice premier ( in contrasto, tra l’altro, con la sobrietà e il basso profilo tenuto dal premier). In particolare si riferivano ad alcune loro recenti uscite. Tipo quella di Salvini che - citando Mussolini - grida “chi si ferma è perduto”, o quella di Di Maio che invita il governatore di Bankitalia a dimettersi e presentarsi alle elezioni, o di nuovo quella di Salvini che ieri ha chiesto le dimissioni anche al presidente dell’Inps Boeri. Dichiarando in questo modo l’idea politica che li accomuna: che il potere sia uno solo e indivisibile e che spetti a chi dispone di una maggioranza parlamentare.

Del resto è ormai da diversi mesi che noi assistiamo a questo svolgimento un po’ singolare della battaglia politica. Fino a qualche tempo fa esisteva un rito: l’opposizione, quando c’era qualche problema nel comportamento del governo o di un ministro, chiedeva le dimissioni. E le chiedevano anche tutti i giornali contrari al governo. Possiamo partire dalla mozione di sfiducia a Cossiga nei primi anni ottanta ( ma anche a decine di episodi precedenti) o contro il ministro Mancuso ( ai tempi del primo Berlusconi) per arrivare fino alla Boschi, passando per democristiani, socialisti, socialdemocratici, berlusconiani e prodiani vari. Era un rituale molto noioso, inconcludente, ma in fondo aveva una sua ragione d’essere: la società che contesta il potere, e specificamente il governo. Ora le parti si sono avvertite ( e già con Renzi c’erano state alcune avvisaglie). Il Presidente di Consob non piace al governo? Si chiedono le dimissioni ( e si ottengono). Non piace il governatore di Bankitalia? “Dimettiti e corri alle elezioni”, gli dice Di Maio ( ma Visco non vuole fare il parlamentare, vorrebbe fare l’economista, perché ha studiato tanti tanti anni con questo scopo: se solo glielo lasciassero fare…). E poi il Presidente dell’Inps e diversi altri.

Ieri addirittura un gruppo di parlamentari leghisti ( per fortuna poi smentiti da Salvini) ha chiesto le dimissioni di una giornalista Rai - Cristina Parodi - perché aveva, in un’intervista, espresso una sua opinione - non gradita - sul successo elettorale della Lega.

Speriamo che 5 Stelle e Lega, e specialmente i due leader, diano almeno un po’ retta a Mattarella e Cassese, sennò le cose in Italia si complicano.

*** E poi dovrebbero in genere stare attenti alle cose che dicono, perché alcune, a volte, sono pericolosissime. C’è da tempo una grande polemica, in Italia e in Europa, tra chi considera Salvini un razzista e chi pensa che semplicemente il leader della Lega abbia una precisa idea su come combattere l’immigrazione irregolare senza che questa idea abbia niente a che fare con il razzismo.

Ora però è bene che lo stesso Salvini dia una mano a chi lo difende. Anche per non compromettere la sua immagine all’estero, dove è guardato con una certa diffidenza. E certamente non dà una mano ai suoi difensori quando - come ha fatto ieri - dice di voler chiudere i negozi etnici perchè lì si fa troppo casino.

Se Salvini avesse detto che voleva chiudere i negozi che sono ancora aperti dopo le nove o le dieci o le undici di sera, avrebbe probabilmente trovato molti oppositori, ma nessuno avrebbe avuto il destro per dargli del razzista. Se dice invece di chiudere i negozi etnici ( cioè quelli gestiti da stranieri, in genere asiatici o africani) allora le cose si complicano. Dicendo di voler chiudere i negozi etnici, oggettivamente si rifà a un concetto di razza e a un pregiudizio razziale, molto difficile da contestare. Diventa impossibile non riscontrare un elemento razzista in una dichiarazione di questo genere.