Fronte comune italo- spagnolo in Europa. In nome dell'interesse comune, sono pur sempre i due Paesi dell'Unione più colpiti sul fronte economico dalla pandemia, non della collocazione geografica.  "Non si parli di Fronte del sud", mette le mani avanti Giuseppe Conte, ben consapevole di quanto poco conveniente sia mettere le cose nei termini di un fronteggiamento tra Paesi del nord e del sud Europa. Il collega Sanchez, ospite dell'incontro a Madrid concorda.

Non si tratta più di strappare il Recovery Fund: quel risultato è acquisito e non verrà rimesso in forse. Le dimensioni del fondo, invece, sono già tornate in ballo. Una mediazione è una mediazione e per definizione non può concludersi con la conferma della linea di una delle parti in causa. Qualcosa ai Paesi ' frugali' Angela Merkel, vera regista e arbitra dell'operazione Recovery, sa di doverlo concedere. Un terzo dei capitali ipotizzati dalla Commissione europea. Non più 750 mld ma i 500 inizialmente messi nero su bianco dalla proposta franco- tedesca. Per la coppia che ieri si è incontrata a Madrid è un colpo serio, un ridimensionamento grosso. Proveranno a mitigare la mazzata, con la speranza di chiudere la trattativa a 600 mld. Non sarà facile ma non è impossibile.

Non c'è solo il  "quanto" ma anche il  "quando". Nella mediazione della cancelliera quello è il capitolo che andrebbe invece a tutto vantaggio di Italia e Spagna. Quando? Subito o quasi. Prima della fine dell'estate. A quel punto i Parlamenti dei 27 Stati membri avrebbero oltre tre mesi per riunirsi e ratificare. Per gennaio i fondi, sia pure un po' decurtati rispetto alle speranze, sarebbero pronti. Tardi ma non tardissimo per l'Italia che invece avrebbe difficoltà grosse se l'invio dovesse slittare di mesi.

Infine c'è il come, che resta tutto in ballo. Fondo perduto ( in realtà non proprio perduto perché una forma di restituzione parziale ci dovrebbe essere comunque, probabilmente tramite aumento dei contributi) oppure prestito, con tanto di relativo peso sul già oberatissimo debito pubblico? Che la soluzione sia un mix delle due formule è certo: le percentuali invece sono oggetto di trattativa e lo resteranno sino all'ultimo, proprio come le dimensioni del fondo.

L'Italia si presenta all'appuntamento con due fronti esposti. Il primo è il Mes. Ieri Sanchez ha detto che, ove la pandemia tornasse a colpire duro ' no dovremo vergognarci a usarlo'. Intanto però la Spagna "per ora" non intende chiederlo. Conte è stato più cauto, se l'è cavata col solito "Valuteremo dopo il negoziato europeo". Rinviare, rinviare, rinviare anche a costo di far imbufalire il Pd, che vorrebbe definire la questione accedendo al prestito subito, ma anche i 5S, che nel rinvio della decisione intravedono, del tutto a ragione, una manovra di Conte per costringerli a ingoiare il prestito tra settembre e ottobre.

Politicamente Conte non può fare altro: forzare ora sulla scelta vorrebbe dire finire come con la Tav esattamente un anno fa. Disarcionato. Senza più governo né maggioranza. Il rinvio però non è a costo zero. Incide dal punto di vista economico, perché anche arrivare a gennaio, come da ipotesi più rosea, per le esangui casse italiane non è un gioco e l'ipotesi caricare il debito pubblico di un'altra cinquantina di mld in deficit lascia a dir poco perplessi tanto il Pd quanto le istituzioni stesse, dal Colle a Bankitalia. Incide molto dal punto di vista diplomatico, perché difendere la causa di un Paese che da un alto invoca aiuto ma dall'altro afferma di non aver alcun bisogno di un prestito a tasso molto agevolato non è certo facile.

Il secondo punto debole è quello che il Pd rinfaccia inutilmente da settimane a Conte: l'inconcludenza. In Europa, si sa, sono in molti a non fidarsi dell'Italia, delle sue capacità operative, della possibilità di risolvere davvero a spron battuto problemi che si trascinano da decenni come l'impaccio burocratico. La nota è davvero dolente perché il modus operandi di Conte, tutto basato come è sul rinvio dei problemi più spinosi, pare fatto apposta per confermare la sfiducia diffusa nella capacità dell'Italia di agire e decidere in fretta e con la dovuta efficacia.