Unicost si è rinnovata, i nomi parlano chiaro: il gruppo dirigente scelto dall’assemblea dello scorso luglio apre una nuova fase per la corrente che è stata a lungo protagonista delle competizioni in seno all’Anm e al Csm, e che ha pagato il prezzo più alto per le vicende emerse a partire dalla cena all’hotel Champagne: di Unicost, Luca Palamara è stato per anni esponente di punta. «Non si può parlare di una responsabilità collettiva del nostro gruppo associativo rispetto alle condotte per le quali Luca Palamara è stato condannato in sede disciplinare», dice Rossella Marro, nuova presidente nazionale di Unicost, subentrata l’estate scorsa a Mariano Sciacca. «Credo sia innegabile la fermezza della reazione che, già nella primavera del 2019, venne da Unicost rispetto alle modalità adottate da Palamara ed emerse con le indagini. Se ci fosse stata una condivisione, non credo che ci saremmo espressi con quella forza, e in modo così immediato», dice la magistrata in servizio come giudice penale presso il Tribunale di Napoli Nord.

Presidente Marro, partiamo dalla riforma che molti percepiscono come un possibile regolamento di conti, il ddl sul Csm: davvero c’è da temere che sia l’occasione di una vendetta da parte della politica nei confronti della magistratura?

Non credo, io ho un atteggiamento di fiducia. Non vedo come possa consumarsi una ritorsione. C’è un nodo delicato: la nuova legge per l’elezione dei componenti togati al Csm, ma non credo possa offrire l’occasione di penalizzare le correnti. Lo dico dopo aver ascoltato più volte la ministra Cartabia esprimersi sul valore dell’associazionismo giudiziario, sull’importanza del pluralismo culturale dei gruppi associativi.

Voi di Unicost vi sentire nel mirino? Cosa replica a chi vi addita come la corrente di Palamara e per ciò stesso corresponsabile di certe distorsioni?

Dobbiamo distinguere due piani. Il primo riguarda le modalità emerse con la cena all’hotel Champagne. Come già ho avuto modo di dire, si è trattato di una vicenda deflagrante, ma netta e chiara, appunto, è stata la reazione arrivata immediatamente da Unicost, che ha sentito l’esigenza di avviare la rifondazione del gruppo, di darsi nuove regole dello stare insieme, confluite nel nuovo statuto. Se ci fossimo riconosciuti in quelle modalità, avremmo fatto corpo unico con chi se n’era reso responsabile.

E il secondo aspetto?

Riguarda le cosiddette chat, divulgate successivamente. Credo sia chiaro che non si trattasse di distorsioni caratteristiche della nostra corrente ma di una consuetudine diffusa fra i gruppi, una tendenza generalizzata e senza dubbio deprecabile.

Nel processo disciplinare Palamara è stato privato di alcune garanzie al punto da diventare un capro espiatorio?

Non mi esprimo sul deliberato disciplinare, che è una sentenza a tutti gli effetti, un atto di giurisdizione espresso in seguito a un procedimento dotato di proprie garanzie, di un contraddittorio.

Oggi l’opinione pubblica è in grado di capire che le correnti hanno una funzione necessaria?

Scioglierle sarebbe incostituzionale, innanzitutto. La libertà di associazione non può conoscere esclusioni. Sarebbe anche una scelta disfunzionale, per non dire insensata, visto che la tendenza ad associarsi è incomprimibile e le aggregazioni che alcuni vorrebbero abolire finirebbero per ricostituirsi sottotraccia, segretamente: un’ipotesi priva di senso. E poi il pluralismo, la diversità degli approcci culturali in seno all’Anm e anche nelle sedi istituzionali è evidente, è un dato impossibile da disconoscere: basti pensare ad argomenti come l’organizzazione degli uffici giudiziari, in particolare quelli di Procura, o il regime delle incompatibilità ambientali, seppur la seconda materia dovrebbe essere suscettibile di margini discrezionali assai limitati. Negare le differenze tra le correnti della magistratura vorrebbe dire negare la realtà.

Cosa pensa della riforma elettorale attualmente sul tavolo?

Intanto una modifica del sistema attuale è doverosa. Il collegio unico nazionale, questo è indiscutibile, ha reso dominante il peso delle correnti nella selezione dei candidati. È chiaro che creare una pluralità di collegi dall’estensione contenuta favorirebbe l’affermarsi di candidature sulla base della riconoscibilità, della stima suscitata fra i colleghi. Il che necessariamente ridurrebbe l’incidenza delle correnti.

Alcuni danno per scontato che farete coalizione con Area: è vero?

Posso rispondere a preoccupazioni del genere e assicurare che siamo usciti dalla nostra costituente determinati ad affermare la nostra identità, costruita nel corso degli anni: un gruppo in cui si riconoscono i magistrati legati da un preciso modo di intendere l’attività associativa, professionale ed anche istituzionale, informato all’equilibrio, alla sobrietà, all’assenza di preconcetti ideologici, alla considerazione della delicatezza ed importanza del ruolo del magistrato, che non è una missione ma neanche semplicemente un comodo impiego ben retribuito.

La squadra di cui lei è l’espressione di vertice è in effetti totalmente nuova rispetto al passato. C’era chi pronosticava una fuga della magistratura di base da Unicost.

Le cose sono andate in modo diverso. Alcuni hanno lasciato il nostro gruppo ma molti altri hanno scelto di restare, e siamo riusciti a coinvolgere nuovi e giovani colleghi. Io ho fatto parte del comitato direttivo dell’Anm precedente all’attuale, ma gran parte degli altri componenti della direzione in effetti non aveva mai ricoperto cariche del genere. Però vorrei che una cosa sia chiara.

Cosa?

Noi non rinneghiamo affatto lo straordinario percorso vissuto per lustri da Unità per la Costituzione. Novità del gruppo dirigente non significa negare i valori del gruppo portati avanti in tutti questi anni da colleghi di assoluto valore. Il nuovo corso segna un patto generazionale tra ciò che di buono ha rappresentato finora Unicost, e non è affatto poco, e le nuove energie rappresentate dai tanti colleghi giovani che si sono avvicinati al gruppo proprio in occasione del processo costituente. Il che si riflette anche nel carattere che speriamo assuma il nuovo sistema di voto per il Csm: proprio per la fiducia che riponiamo nel pluralismo e nella nostra identità in particolare, pensiamo che il sistema proporzionale sia la soluzione migliore.

Nella riforma potrebbe trovare spazio il diritto di voto degli avvocati nei Consigli giudiziari: cosa ne pensa?

Condivido le preoccupazioni espresse dall’Anm in modo ampio e generalizzato. Se davvero i componenti laici votassero sulle valutazioni di professionalità, potrebbero derivarne rischi di condizionamento.

Perché?

Guardi, faccio un esempio diverso da quello più ricorrente: cosa penserebbe il difensore di una parte coinvolta in un giudizio civile, se l’avvocato della controparte fosse chiamato due giorni dopo a votare nel Consiglio giudiziario sulla valutazione di professionalità del giudice di quella causa? Potrebbe o no temere un condizionamento? Io non credo possa verificarsi in concreto, ma credo anche che la sola impressione del condizionamento vada scongiurata.

Cambierebbe idea se a sedere nei Consigli giudiziari fossero i presidenti degli Ordini, figure istituzionali che rivestono di per sé un ruolo di garanzia?

Scusi, ma mi chiedo perché si invochi la valutazione degli avvocati sui magistrati, che ha dei profili di asimmetria, non essendo prevista né richiesta dai magistrati la partecipazione di questi ultimi agli organismi in cui in varia misura si valutino le condotte degli avvocati, e, soprattutto, considerato che alimenterebbe l’idea di una magistratura non in grado, al proprio interno, di assicurare coerenza nei giudizi. Inoltre, è importante ricordare che il sistema attuale già prevede la possibilità per gli avvocati di segnalare al Consiglio giudiziario, attraverso i Consigli dell’Ordine, criticità relative all’operato dei magistrati.

Un rappresentante di Articolo 101, Andrea Reale, si è detto favorevole ad alcuni referendum. E lei?

Appena ho saputo delle posizioni espresse dal dottor Reale nell’intervista al Giornale, sono rimasta sorpresa. Riguardo al quesito sulla custodia cautelare, mi pare evidente che precludere le misure motivate dal rischio di reiterazione del reato crei problemi molto seri per la sicurezza collettiva, impedendo ad esempio di bloccare spacciatori, ladri e stalker nei casi di gravi molestie psicologiche e morali. L’altra proposta, eliminare la raccolta firme per candidarsi al Csm, punta ad abrogare una norma che allo stato attuale pare superata dalla storia, considerato che a breve sarà presentata una riforma che modificherà radicalmente il sistema elettorale. Va peraltro evidenziato nella pratica come un magistrato che non sia in grado di raccogliere un numero contenuto di firme per la candidatura, difficilmente riuscirebbe a ricevere consensi sufficienti alla elezione.