In carcere, ingresso colloqui, sezione detentiva 41 bis. Avvocato mi mostri il suo orologio, per favore. Mi chiede con cortesia un agente penitenziario. Perché? Rispondo. Devo vedere che non sia tra quelli che possono registrare. Sa, oggi ci sono meccanismi capaci di captare e registrare le conversazioni nascosti dentro comuni orologi. Mi faccia comprendere, dico, perché dovrei registrare la segretissima conversazione tra me e il mio assistito? Cerchi di capire, avvocato. Non tutti gli avvocati sono onesti. Ci sono quelli per bene e quelli che occultano messaggi, introducono oggetti vietati, portano fuori missive e ordini.Non le permetto di buttarmi addosso i suoi sospetti. Rispondo. Il mio mandato è sacro. Io sono qui per permettere al mio assistito di esercitare un diritto inviolabile, di rango primario. Ho prestato un giuramento di fedeltà alla Costituzione. Ho giurato che avrei tutelato il mio difeso attraverso la legge e nel pieno rispetto della legge. So di essere un tutore dello Stato e della legalità quanto lei. Non può controllare il mio orologio, né perquisirmi. Non può leggere i documenti che ho ritenuto utile portare con me. Non può ascoltare il mio colloquio né spiarlo. Non può leggere i miei appunti né le comunicazioni tra me e il mio protetto. Ha lo stesso diritto di pensare che io sia una delinquente che ho io di pensare che lo sia lei. Ha il dovere di fidarsi di me, lei e l’istituzione di cui si onora di far parte.Lasci le sigarette. Mi intima. Non sono consentite. Perché? Se non posso fumare, non fumerò. Tanto dovrebbe bastarle. Possono essere consegnate al detenuto. Dice. L’accendino è uno strumento atto ad offendere. Pensa che darò fuoco al mio assistito? Che gli consegnerò furtivamente il mio accendino e lo userà per fare male agli altri? Per farsi male? Per danneggiare il carcere? Pensa che potrei offrirgli una sigaretta e magari al suo interno avere già occultato un messaggio in codice consegnatomi da questo o quel sodale? Qualunque cosa pensi potrei pensarla anch’io di lei. Io sono un avvocato. Sono un tutore della legge, una sentinella del Diritto e dei diritti. Sono l’altro piatto della bilancia, la garanzia che esista giustizia e non arbitrio, anche per lei.