«Rivendichiamo quanto fatto finora». Chiara Gemma, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, crede che i quattro colleghi usciti dalsuo partito per aderire al Gruppo dei Verdi al Parlamento Ue non abbiano argomentazioni forti per sostenere la loro scelta.

La fuoriuscita dei suoi colleghi non sembra in realtà un fulmine a ciel sereno, da tempo votavano in difformità dal Movimento. Ma si aspettava questo abbandono in blocco?

Da tempo i 4 europarlamentari non partecipavano alle riunioni di delegazione e non si confrontavano con noi. Questa è la mia prima esperienza politica e mai avrei pensato a un atteggiamento così settario da parte di esponenti del Movimento 5 Stelle. Io sono una docente universitaria e per me il confronto con gli altri è una specie di legge sacra ed è fondamentale per la crescita della nostra società.

I fuoriusciti accusano il Movimento 5 Stelle di aver cambiato anima. In effetti, al Parlamento Ue siete passati dall'alleanza con Farage al sostegno a Ursula. Avete qualcosa da rimproverarvi?

Quando i quattro europarlamentari erano con Farage e con i nazionalisti polacchi non battevano ciglio, adesso invece che abbiamo fatto una scelta di campo europeista nascono i distinguo. Rivendichiamo quanto fatto finora. Con il nostro voto, decisivo, a sostegno di Ursula von der Leyen abbiamo dato il via libera alla Commissione europea che ha incentrato la sua azione politica sul Green New Deal. Poi è arrivata la pandemia e la risposta è stata non l’austerity ma il Recovery Fund, che porta all’Italia miliardi a fondo perduto. Questi sono risultati concreti.

Una delle sue ormai ex colleghe di partito, Eleonora Evi, sostiene che il momento di non ritorno del M5S sia arrivato quando, «con un’operazione “alla Renzi”, l’ex capo politico Di Maio ha deciso di nominare 5 capolista donne, scelte tra le “eccellenze italiane”, ma che nulla avevano a che fare con il M5S» e senza passare da Rousseau. Tra queste eccellenze, figura anche lei...

Se ha espresso tali considerazioni sulle capolista ha una visione della politica miope e immatura. Io sono stata eletta con più di 80 mila voti di cittadini liberi. Il Movimento 5 Stelle fa bene ad aprirsi alle forze belle e sane della società civile. Altrimenti non saremmo al governo e non avremmo mai intrapreso questo percorso di cambiamento dell’Italia.

È solo una coincidenza che i quattro fuoriusciti siano vicini ad Alessandro Di Battista o siamo di fronte a una prova generale di scissione?

Non credo. Alessandro Di Battista vuole bene al Movimento 5 Stelle e da quello che ho letto è molto critico verso queste scissioni che non sono nel dna della nostra comunità.

Due giorni fa quasi 70 tra deputati e senatori del suo partito hanno sottoscritto un documento battagliero per bloccare ogni tentativo di riforma del Mes, contraddicendo la linea indicata dal capo politico Vito Crimi. Il Movimento è nei fatti spaccato in due?

Abbiamo sempre detto che il Mes va cambiato e su questo siamo coerenti. La nuova linea pandemica, pur presentando degli elementi di novità, non è sufficiente a garantire certezza giuridica e sovranità agli Stati membri. Non è un caso se nessun Paese europeo abbia finora richiesto il Mes, mentre ben 16 stanno utilizzando i fondi di Sure, quelli per combattere la disoccupazione.

Che ripercussioni avranno sul governo italiano le divisioni a Bruxelles?

Spero nessuna. Il governo sta lavorando bene e in uno scenario complicato dalla pandemia. Serve compattezza e visione politica. I cittadini ci chiedono responsabilità, dobbiamo parlare di lavoro, salute, imprese, lotta alla povertà, integrazione dei disabili e non fare i piccoli leader politici senza seguito.

Resta aperta la discussione sulla famiglia politica a cui aderire al Parlamento europeo. Dopo i tentativi andati a vuoto coi Verdi, avete aperto un'interlocuzione coi “Socialisti e democrati- ci”. A che punto sono le “trattative”?

È arrivato il momento di trovare una collocazione europea per essere più incisivi in Europa. Con la capodelegazione Beghin e il vicepresidente del Parlamento europeo Castaldo le interlocuzioni con i gruppi europei vanno avanti. Siamo ottimisti.

Un eventuale ingresso del M5S all'interno dello stesso Gruppo in cui siede il Pd e quasi tutti i partiti socialdemocratici d'Europa rappresenterebbe una definitiva scelta di campo del suo partito?

La scelta di campo l’abbiamo fatta nel 2019 quando abbiamo scelto convintamente un campo europeista. Il male d’Europa, come dimostra il veto di Ungheria e Polonia, sono i sovranisti e noi siamo dalla parte giusta della storia e in difesa degli interessi dell’Italia.