Cala il sipario in modo pressoché definitivo sul caso Consip. Lannuncio lo ha dato lEspresso che nel numero in edicola domani annuncia che lex Amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, ritira tutte le accuse che coinvolgevano il papà di Renzi, e che erano state il pilastro dello scandalo giornalistico- poliziesco- giudiziario, montato, a quanto pare, per colpire il capo del Pd. Maroni linverno scorso aveva accusato Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, di avergli raccomandato limprenditore napoletano Romeo, e cioè di averlo sollecitato a far vincere a Romeo alcuni grossi appalti pubblici. Ora però smentisce, dice anzi il contrario: le raccomandazioni furono per far vincere lavversario di Romeo. Ma siccome tutte le accuse a Renzi padre si basavano su una presunta tangente pagata a lui da Romeo, si capisce bene che il castello delle accuse crolla definitivamente. Improbabile che Romeo pagasse per far vincere il suo avversario, no? E il castello delle accuse crolla anche perché nei mesi passati erano già crollati altri indizi, anzi si era scoperto che erano falsi, e che erano stati costruiti dal Noe, cioè da un nucleo dei carabinieri e precisamente dal famoso capitan Scafarto, luomo forte del Pm Woodcock. A questo punto le accuse e i sospetti che pendevano sul capo di Tiziano Renzi scompaiono tutti. E sullo sfondo, invece, appare lombra sempre più lunga di qualcosa di molto simile a una piccola congiura di palazzo. Piccola, sì, e pasticciona, ma molto brutta e pericolosa. E probabile che a questo punto tutti gli attori ( vittime e carnefici) del caso- Consip, preferiranno mettere una pietra sopra lintera vicenda. Perché sanno bene che in una faccenda così sporca, o ti tiri fuori o ti riempi di fango anche se sei innocente. E tuttavia, invece, sarebbe giusto fare chiarezza fino in fondo, perché cè di mezzo non solo la solita porcheria della giustizia- spettacolo e del cortocircuito Procure- Informazione, ma stavolta ci sono molte probabilità che non si trattasse di un incidente o di una semplice spinta giustizialista, ma di un complottino in piena regola. Progettato forse allinterno di un settore dellarma dei carabinieri, forse di una Procura, e realizzato con la piena collaborazione probabilmente inconsapevole - di un giornale molto importante, e cioè Il Fatto che per mesi ha pubblicato carte segrete e in parte anche false, senza farsi nessuno scrupolo di verificare la loro attendibilità e la loro legittimità. Recentemente la Procura di Roma ha scagionato il Pm napoletano John Woodcock dallaccusa di essere stato lui a organizzare la fuga di notizie ai giornali. Benissimo. Vogliamo allora rinunciare a sapere cosa è successo, e se ci è stato un tentativo di costruire prove false per colpire il capo del partito dei maggioranza? Possiamo derubricare una eventuale operazione di questa portata a semplice divertimento innocuo messo in pedi da giornali e carabinieri fantasiosi e burloni? A me non pare che si possa far finta di niente. Se davvero il dottor Maroni ha ritrattato le sue accuse, o addirittura le ha rovesciare cambiando completamente la scena, i casi sono due: o qualcuno lo ha indotto a mentire linverno scorso, o qualcuno lo ha spinto a ritrattare ora. Nel secondo caso che però, francamente, appare piuttosto improbabile il nostro ragionamento non si tiene più in pedi, e anzi il caso Consip si riapre clamorosamente e con conseguenze devastanti. Ok. Ma nel primo caso invece diventa difficile fare spallucce sullipotesi del complotto. E se un complotto cè stato occorrerà indagare per trovare i colpevoli: nelle forze armate, nelle Procure, nei giornali, o dovunque altro si nascondano. Naturalmente sappiamo benissimo che questo non avverrà. Che alla fine prevarrà larmistizio, e ciascuno sceglierà la via più semplice per non rischiare di farsi male. E sempre così, dovremo adeguarci. Basta che poi nessuno venga a farci la lezione sulla stampa libera e con la schiena dritta, che non si tira mai indietro, che racconta tutto quello che cè da raccontare per spirito di verità. O l- altra lezione, quella della magistratura incorruttibile, che marcia contro la politica non per calcolo di potere ma per spirito di verità. Non è così. La stampa come dice Francesco Damato in un articolo che pubblichiamo nella pagina qui accanto è completamente militarizzata, è a disposizione di diverse battaglie dei vari gruppi politici di potere. E tra questi gruppi politici e di potere non ci sono solo quelli di maggioranza. Anzi, più spesso sono i gruppi di minoranza ad usare giustizia e indagini per le proprie battaglie. In particolare i 5 stelle. Quanto alla magistratura, è chiaro che ormai è molto divisa e che al suo interno è aperto uno scontro asperrimo tra lealisti ( fedeli alla Costituzione e che vorrebbero riportare la magistratura al suo compito istituzionale di ordine Costituzionale adibito a giudicare i reati), e moralizzatori ( che invece si sentono investiti di un compito etico che sta al di sopra della democrazia e delle istituzioni, e che si esercita nelle Tv, nei giornali, nelle interviste). Ieri è stato addirittura il capo del Csm, Giovanni Legnini, a denunciare la deriva quasi eversiva di alcuni magistrati, che confondono le aule di giustizia con le ribalte dei talk show televisivi. È stato durissimo nella sua denuncia e si riferiva in modo palese a Pier Camillo Davigo. Legnini ha posto esattamente il problema che avevamo sollevato ieri sul Dubbio: come può un cittadino che finisca ad essere giudicato da una sezione della Cassazione presieduta da Davigo, sentirsi tranquillo, dopo aver assistito alle sceneggiate colpevoliste a tutti i costi che lo stesso Davigo ci offre quasi tutti i giorni inTv? Il problema è che lo stesso Legnini ha detto ( come aveva fatto il giorno prima il consigliere Galoppi): «Non abbiamo strumenti per intervenire». E allora che facciamo? Ci arrendiamo? La risposta deve darla la politica. La politica ha tutti i poteri necessari. Vuole usarli, o ha paura e preferisce restare imboscata e criticare piano piano, sottovoce, senza farsi sentire?