«Le regole non valgono per i magistrati: possono tenerti anche 10 anni sotto pressione e guai se qualcuno dice qualcosa». È un rapporto tutt’altro che sereno quello di Cateno De Luca con la magistratura. Un rapporto iniziato nel 2011, con il primo arresto, e non ancora chiuso. Il neo eletto deputato dell’assemblea regionale siciliana, fresco di scarcerazione ma ancora accusato di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale, racconta al Dubbio la sua battaglia contro quella che chiama «persecuzione» e che lo ha portato a depositare già due esposti contro la magistratura, mentre il terzo è pronto per essere presentato.

Onorevole, perché parla di persecuzione?

Per la consistenza delle accuse. A Messina ci sono alcuni magistrati che fanno il bello e il cattivo tempo. E sulla scorta di questo agiscono per condizionare le dinamiche politiche. Il 4 marzo 2012 ho fatto un comizio di quasi quattro ore, denunciando tutto e nel giro di 15 giorni sono stati aperti dieci procedimenti penali contro di me. Ad ogni mia azione corrisponde una reazione della procura. L’arresto di quale giorno fa si basa sulle stesse carte sulle quali il gup aveva già deciso il non luogo a procedere nel 2014. Sono anni che i fatti per cui mi processano sono sempre gli stessi e per aggirare la scadenza dei termini fanno partire dal troncone principale d’indagine dei sub procedimenti. Ecco come funziona la giustizia, i tempi li decidono loro, le regole non valgono per loro. La mia colpa è essermi ribellato sin da subito: sono andato allo scontro e hanno chiesto la mia testa.

Ma perché dovrebbero avercela con lei?

Dobbiamo partire da chi era De Luca prima di essere arrestato. Il 2 aprile 2011 ho organizzato un manifestazione per lanciare il progetto antisistemico “Sicilia Vera”. Abbiamo raggiunto subito il 3 per cento. Davo fastidio. Mi sono scontrato con tutti, da Cuffaro a Lombardo. La battaglia più forte è stata quando si sono svenduti gli immobili creando un buco da 900 milioni. E siccome c’era contiguità tra la giunta Lombardo e la procura eccomi qua. Ovviamente non dico che il mandante è Lombardo, non me ne frega niente, ma mi attengo a quello che ho subito. Al di là di quelle che possono essere le mie motivazioni, chiunque guardi la mia storia giudiziaria lo vede che non è lineare. Se ancora oggi non ho avuto una condanna penale qualcosa vorrà dire.

Dopo l’arresto lei ha accusato magistrati e guardia di finanza di aver falsificato gli atti. Come avrebbero fatto?

L’ultima indagine è legata al ruolo della Fenapi e alle società ad essa collegate. Ma per accusarmi i pm perché hanno applicato norme generali e non norme di settore e lo hanno fatto in malafede. Il pm aveva chiesto l’arresto a giugno 2014, tre anni fa. In mezzo ci sono state dichiarazioni false, che non sono state riscontrate. La legge allora prevedeva che scattasse il penale dopo la contestazione di una certa cifra. Nel frattempo, nel settembre del 2015, il legislatore ha stabilito che tutti i reati scaturiti da spese non inerenti venissero depenalizzati, perché frutto di interpretazioni formali. Ma il pm ha riqualificato il reato e così le spese non inerenti sono diventate “artifizi e raggiri”. Ora voglio sapere perché la guardia di finanza ha dichiarato il falso, perché un avvocato ha dichiarato il falso e che mi si spieghino le perizie false.

In che senso false?

Il pm, che dovrebbe essere terzo, non può imporre al consulente tecnico di trovare il reato. Tutta l’impostazione della ctu è viziata da questa forzatura. Cosa che abbiano chiesto al tribunale di Reggio Calabria di accertare. Quella perizia non tiene conto della nostra produzione documentale, dunque molte cose sono state ignorate. È successo perché non sono stati consegnati o perchè valutandoli non avrebbe retto l’accusa?

L’avvocato di cui parla è quello che ha ricondotto a lei le società coinvolte nell’indagine?

Quello che ha tentato l’estorsione nei nostri confronti. Noi lo abbiamo mandato a quel paese e ce l’ha fatta pagare. Ci aveva chiesto una percentuale sulla verifica fiscale, ma quando abbiamo chiesto ai luminari del settore se fosse normale ci hanno detto che era una follia. Così questo avvocato ha fatto un esposto alla guardia di finanza, guarda caso, querelando il presidente della Fenapi, Carmelo Satta, che con una nota molto pesante gli aveva revocato il mandato. A febbraio 2017 la querela è stata rimessa, ma la finanza l’ha portata al pm, che ci ha accusati di associazione a delinquere, pur senza riscontro. Ora siamo fuori ma non siamo contenti del provvedimento. Ha lasciato delle zone d’ombra che non ci soddisfano e quindi impugneremo l’ordinanza.

Lei è stato definito “impresentabile”. Querelerà anche Rosy Bindi?

Impresentabile in base a cosa? Sono incensurato. Rosy Bindi mi deve dire quali in base a quale norma non avrei potuto candidarmi, quali sono queste informative di procura e prefettura. Io voglio essere tutelato dallo Stato! Chiederò un risarcimento a tutti, perché è come fare le liste di proscrizione.

Ha sentito il presidente Musumeci?

No, ma l’ho rimproverato pubblicamente: la deve smettere di inseguire il campo della demagogia perché non è un pm, è il presidente della Regione e deve governare. E il fatto di continuare ad inseguire la Bindi sul codice deontologico è sbagliato. La politica sbaglia quando invade il campo della magistratura facendo processi in continuazione, mentre la magistratura fa quello che non fa la politica: governa indirettamente.