«Questa destra è partita malissimo. Invece di occuparsi delle emergenze del Paese con uno scostamento di bilancio, dando risposte a famiglie e imprese che davvero non riescono più a sostenere il caro prezzi dell'energia, hanno scelto di attaccare i giovani con una svolta reazionaria da Stato di Polizia». La vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone, commenta così il primo atto del governo Meloni: quel decreto omnibus che contiene le contestatissime norme “anti rave”.
«Hanno modificato il codice penale con una norma discrezionale che, come dice il presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano, Vinicio Nardo, rischia anche di essere incostituzionale e di finire per reprimere e criminalizzare ogni forma di dissenso», spiega l’esponente del Movimento 5 Stelle.
Per nulla. Quella norma è scritta male e ha un raggio d'applicazione piuttosto ampio. E noi faremo di tutto per fermarla in Parlamento. Mi sembra che la logica della repressione di questo governo si sia manifestata fin da subito con le manganellate agli studenti della Sapienza.
Assolutamente no. E la cosa incredibile è che la stessa maggioranza chiede di tagliare i costi per le intercettazioni di reati molto più gravi. Non è questo il modo di agire. Prendersela con i più deboli, che in questo caso sono i giovani, in altri i percettori di reddito di cittadinanza, è poco coraggioso. Questa destra ci sta abituando a capire che è forte con i deboli e debole con i forti.
Personalmente no. L'impostazione politica del Viminale la dava comunque il ministro Salvini. Di certo, da un tecnico ci si aspetta che conosca bene la legge e quelli che devono essere i confini tra uno Stato di diritto e uno Stato di Polizia.
Stiamo limitando l'ergastolo a persone condannate per mafia, che hanno scelto di non collaborare con la giustizia e quindi di non seguire un percorso rieducativo. Da capogruppo al Senato, nella scorsa legislatura, ho provato per mesi a inserire in calendario l'ergastolo ostativo proprio perché la scadenza della sentenza della Consulta era imminente ma nessun partito mi ha sostenuto. E adesso Fratelli d'Italia, che tra l'altro si era astenuta su quella norma, ha scelto di riproporla in un un decreto.
Ne prenderemo atto. Ma noi abbiamo costruito la norma per i casi in cui davvero esiste un rifiuto alla collaborazione.
Il Pd deve completare il percorso di discernimento che sta facendo. Esistono anime parecchio diverse all'interno di quel partito. Ho letto ad esempio le dichiarazioni di Stefano Bonaccini su autonomia differenziata e sui rave che non mi sembrano molto diverse dalle posizioni della destra. Ecco, il Pd deve scegliere da che parte stare. Noi abbiamo sempre detto che le alleanze si costruiscono sulla condivisione di idee e progetti. E al momento tutto questo non è stato possibile, perché ancora in campagna elettorale il Pd sventolava l'agenda Draghi mentre noi ci presentavamo con un'agenda progressista che metteva al centro la tutela del lavoro, i giovani e l'ambiente.
Questo dipende da loro. E una parte del Pd non ritiene prioritario il reddito di cittadinanza. Noi pensiamo che sia l'unica misura di sostegno per le fasce più deboli della popolazione. È chiaro che bisognerebbe far partire la fase 2 del progetto, quella mai realizzata perché le Regioni, in gran parte a guida centrodestra, hanno boicottato quel provvedimento e impedito, nonostante i fondi stanziati, che partissero le assunzioni.
Il reddito di cittadinanza fa parte della riforma complessiva del mercato lavoro che prevede anche il salario minimo. Perché il nodo è soprattutto lì: questo Paese ha un grave problema di lavoro sottopagato e precario. Sentir dire da questo governo che basta rafforzare la contrattazione collettiva per risolvere le questioni, quando esistono circa 900 tipologie contrattuali registrate in contrattazione collettiva, alcune delle quali non arrivano neanche a cinque euro lordi all'ora, significa chiudere gli occhi. E ignorare anche le direttive europee che ci chiedono di adeguare i nostri salari, i più bassi d'Europa.
Ci sentiamo dalla parte giusta. Andare in piazza non significa schierarsi contro l'Ucraina. Abbiamo chiarito dall'inizio la nostra posizione al fianco del popolo ucraino e contro l'aggressore che si chiama Vladimir Putin, ma dobbiamo prendere atto che un negoziato di pace non è mai partito. E contemporaneamente il continuo invio di armi a Kiev ci ha portato sull'orlo di una Terza guerra mondiale nucleare. Prima ci si rende conto che è il momento di svoltare e provare a incidere a livello europeo e prima si può porre fine alla distruzione in atto.
Sì, se si pensa di inviare armi per ottenere una vittoria sul campo militare. Perché se è quello l'obiettivo temo che lo scenario di una guerra nucleare non sia irrealistico.