Lo scandalo che ha travolto il produttore hollywoodiano Harvey Weinstein, accusato da diverse attrici di averle molestate, ha avuto anche in Italia importanti (e tristi) ripercussioni.

L’attrice Asia Argento, dopo le denunce delle colleghe americane, si è fatta forza pure lei e ha raccontato i ricatti e le violenze sessuali subite da quell’uomo potente quando aveva 21 anni. Ma nel nostro Belpaese, a differenza che negli Usa, il dibattito si è magicamente capovolto: e la colpevole è diventata Asia Argento. Le accuse sono di diverso tipo. C’è chi contesta il fatto che è passato troppo tempo dai fatti ( Asia, dicono, doveva denunciare subito), chi invece sostiene che poteva dire di no e chi poi, come il quotidiano Libero, arriva a scrivere in prima pagina “Prima la danno via, poi frignano e fingono di pentirsi”. Sui social, purtroppo, si è potuto leggere di tutto, comprese le offese più volgari.

L’attrice, figlia del famoso regista Dario, si sta battendo contro un vero e proprio linciaggio. Quando accadde la violenza, ha raccontato, aveva paura a denunciare, Weinstein era potentissimo e nessuno le avrebbe creduto. E ha pubblicato sui social una foto che la ritrae con il dito medio rivolto a chi guarda: «È per gli italiani, ripeto: italiani, che accusano di essermi cercata la violenza subita da ragazza perché non sono scappata e perché non ho denunciato prima. È colpa di persone come voi se le donne hanno paura di raccontare la verità. Dal resto del mondo ricevo solo parole di solidarietà e conforto, nel mio paese vengo chiamata tr... Vergognatevi, tutti. Siete dei mostri».

Il regista Olivere Stone sottolinea invece come contro il produttore sia in corso una crociata «giustizialista». Le accuse vanno dimostrate, ma lo stesso Weinstein ha in parte riconosciuto le proprie responsabilità. Il dibattito pubblico italiano è comunque interessante perché, come dicevamo prima, ha capovolto i termini del discorso.

Come spesso accade, in questo Paese, sotto accusa finiscono le donne. “Ve la siete cercata” è un triste mantra che si ripete molto spesso sia nei casi di violenza sessuale che di violenza domestica. Si dimentica invece di capire chi c’è dall’altra parte: il marito violento, lo stupratore o il produttore cinematografico che pensa di potere usare il proprio potere per ottenere favori sessuali. Se ne è ricordato, caso quasi isolato ma per questo ancora più importante, il presidente del Senato Piero Grasso quando, contro i femminicidi, ha chiesto scusa a nome degli uomini.

Certo le donne possono dire di no. E se oggi sempre più spesso lo fanno e perché si è spezzato quel muro di paura e di omertà che, invece, per tanto tempo ha probabilmente impedito ad Asia Argento di parlare. Dire “te la sei cercata” ci riporta indietro: a quella paura, a quei silenzi, a quell’omertà che tanto hanno pesato anche a Hollywood.

E’ importante che le donne non accettino ricatti, ma prendere di mira chi ha subito violenza non aiuta le altre a denunciare, a ribellarsi, a uscire fuori dalla spirale di paura. No, non aiuta. Perché il vero problema è prima di tutto un altro. Non le donne che subiscono violenza o anche quelle che per tornaconto personale accettano il ricatto sessuale. No, il problema non siamo noi che - come dice volgarmente Libero - “la diamo via”. Il problema principale è chi pensa di usare il potere per ricattarci. E’ questo il punto che va discusso, capito, sviscerato. E cambiato. Ma per favore senza fare processi mediatici né contro Asia Argento né contro Weinstein.