Ernesto Galli della Loggia, con un editoriale sul Corriere della Sera, ha posto il problema dell'enorme distanza che separa la giustizia per i poveri e la giustizia per i ricchi. Sostenendo che l' Italia, su questo piano, è molto indietro rispetto alle grandi democrazie. Dal momento che chi ha la possibilità economica di difendersi, usando tutti gli strumenti che la legge concede agli imputati, la fa franca e non finisce in galera.Mentre chi non ha i soldi viene messo nel macinino, e così le nostre prigioni sono affollate solo da poveracci.Usando un linguaggio un po' antico, possiamo dire che Galli della Loggia pone il problema della «giustizia di classe». Sostenendo che negli altri paesi occidentali le cose vanno diversamente, visto che per esempio in Germania è finito in prigione, e ci è rimasto per due anni, il Presidente della squadra di calcio del Bayern di Monaco, e negli Stati Uniti il truffatore Madoff sta scontando l'ergastolo.Il problema che pone Galli della Loggia, evidentemente, esiste, ed è molto grave. Non esiste invece - a occhio - una differenza così vistosa con gli altri grandi paesi dell'Occidente. Negli Stati Uniti, per esempio, è praticamente inesistente il carcere preventivo per i ricchi: è sufficiente pagare una cauzione e si torna a piede libero in attesa del giudizio definitivo. E in nessun paese occidentale esiste un numero così grande di politici finiti in prigione - per ragioni cautelari o per scontare la pena - come in Italia. Per citare solo i casi più recenti e spettacolari, sappiamo che è in prigione a scontare una pena per un reato che nel resto del mondo non esiste (concorso esterno in associazione mafiosa) un ex senatore della Repubblica (Dell'Utri) noto per molti anni come braccio destro del premier dell'epoca. Ha scontato fino all'ultimo giorno la pena di oltre cinque anni un Presidente di Regione ed ex parlamentare (Cuffaro), sebbene ci fossero enormi dubbi sulla sua colpevolezza. E' in carcere, ancora in questi giorni, un senatore in carica (Cariddi) e diversi altri parlamentari lo hanno preceduto negli ultimi cinque anni (mentre nei sessant'anni precedenti era successo solo tre volte e sempre per reati di sangue). Non si contano i sindaci e gli assessori o i consiglieri regionali finiti in cella, o in carcerazione preventiva o per scontare la pena. Parlo solo dei tempi recenti: tralascio le retate che furono realizzate in occasione di Tangentopoli, quando alcuni esponenti della politica e dell'establishment arrivarono addirittura al suicidio. E rimando a un'altra occasione la discussione sul carcere preventivo, che viene spesso usato come strumento d'indagine e di pressione psicologica sugli imputati, al di fuori della legge, e senza fare, in questo caso, nessuna distinzione di censo.E tuttavia, resta innegabile il problema che pone Galli della Loggia: la differenza tra ricchi e poveri davanti alla giustizia è grandissima.Mi limito a questo proposito a fare due osservazioni.1) in una società dove le diseguaglianze sociali sono molto forti (e in netta crescita, da parecchi anni) le differenze dei diritti tra ricchi e poveri sono inevitabili e molto diffuse. Riguardano ogni aspetto della vita pubblica e privata. Il diritto ad abitare, il diritto a studiare, il diritto alla sanità, ai trasporti, al tempo libero, alla conoscenza, ai viaggi: tutti questi diritti sono diseguali. Naturalmente la diseguaglianza di fronte alla giustizia fa più male. Sia per le conseguenze che può avere, e cioè la distruzione (o no) della propria esistenza. Sia perché viola quel principio costituzionale e filosofico che dice espressamente: la giustizia è uguale per tutti. E' difficile però combattere una diseguaglianza senza prendere in considerazione tutte le altre, o addirittura considerandole un aspetto necessario nelle società di mercato.2) Quando esistono grandi diseguaglianze sociali, ci sono due vie per affrontare il problema: cercare di avvicinare i più sfortunati ai più fortunati, o viceversa. E così anche per la ricchezza. Per la giustizia le cose non cambiano. Galli della Loggia denuncia il problema delle differenze tra poveri e ricchi come problema di "impunità". E' il titolo dell'articolo: «La grande impunità italiana». Invece probabilmente il ragionamento va rovesciato. Ci si deve chiedere in che modo si possono mettere i poveri nella condizione di difendersi e di usare tutti gli strumenti che la legge prevede, come fanno i ricchi. Per esempio rafforzando il gratuito patrocinio, e investendo delle risorse perché sia realizzato bene. Per esempio depenalizzando i reati, e non facendo a gara per aumentarli e per aumentare le pene. Per esempio ? come suggerisce oggi sulla prima pagina di questo giornale un ex magistrato prestigioso come Gherardo Colombo ? incrementando le misure alternative al carcere. Per esempio chiedendo ai politici di non inseguire la spinta giustizialista di una parte consistente dell'opinione pubblica, ma di operare per rafforzare lo stato di diritto.Le cose stanno così. Si tratta di misurarsi con la modernità. E stabilire se la modernità ha bisogno di più liberalità o di più autoritarismo. E cioè se la società moderna va organizzata attorno al diritto, e ai diritti, e alla loro difesa, e sviluppo, e allargamento, o invece deve crescere attorno al valore "moloch" della pena.