La crisi della giunta Raggi è la conseguenza di un vizio strutturale dei Cinque stelle: l'idea che la presa del potere in nome dell'onestà possa sostituire programmi, competenze, un'idea di mondo che vada al di là dello slogan.L'onestà è sicuramente un valore, nessuno lo nega. Il problema è come questo discorso è stato usato: è diventato una sorta di mantra, con cui nascondere principi, idee, visioni su come governare il Paese. Nel caso della giunta Raggi questa contraddizione è scoppiata nelle mani della neo sindaca: a più di due mesi dall'elezione, la capitale non ha ancora una giunta e, ogni istante che passa, aggiunge particolari che fanno temere che una giunta Roma non l'avrà ancora per lungo tempo. Raffaele De Dominicis che sostituisce al Bilancio l'assessore dimissionario Marcello Minenna, è già inciampato. Ha detto candidamente che ad averlo coinvolto è stato l'avvocato Sammarco che con la giunta formalmente non ha niente a che fare, suscitando l'ira del Pd che ne denuncia il legame con Previti. Paola Muraro ha le ore contate: si è scoperto che la diretta interessata e la sindaca Raggi sapevano del'inchiesta contro di lei fin dal 15 luglio, pur avendolo pur volte negato giocando sul fatto che non ha ancora ricevuto un avviso di garanzia. Un tempo i grillini stigmatizzavano questi comportamenti al grido disonestà. I retroscena su questi episodi e personaggi restituiscono un quadro complesso dei rapporti di potere intrattenuti dai Cinque Stelle. Quello che qui interessa è analizzare perché non si riesca ad andare avanti, quale impasse impedisca ai Cinque Stelle romani di provare a governare la città. Tra i motivi c'è sicuramente questo: il potere per il potere non basta a dare linfa vitale a un progetto politico. Raggi, come più volte contestato dagli avversari, non ha presentato un vero e proprio programma. La sua elezione non è stata fondata sul cosa fare, ma su come e quanto essere "onesti", ed è proprio sulla onestà che stanno cadendo. In questo vuoto è allora quasi una conseguenza "naturale" che la magistratura non solo diventi fonte di ispirazione culturale - "il giustizialismo" dei Cinque Stelle - ma diventi anche sostegno concreto all'azione di governo. Raffaele Cantone ha silurato la capo di Gabinetto, la magistrata Carla Romana Raineri, che oggi in un'intervista a Repubblica e Corriere critica l'operato del capo dell'anticorruzione. Ed è sempre la magistratura che sta dando il colpo di grazia a Muraro. Un ulteriore contraddizione per un partito che si è sempre schierato con le procure e che oggi rischia di cadere sotto i colpi dei pm.No, il potere per il potere non basta, se mancano programmi chiari, competenze, professionalità. Forse da qui dovrebbero ripartire i Cinque Stelle se vogliono provare a governare il Paese. Ma rinunciare agli slogan, imparando l'arte difficile del costruire programmi e compromessi, forse vorrebbe dire perdere quel pezzo duro di identità che li ha portati al successo. È un cane che si morde la coda: o cambiano o rischiano di fare il tonfo, ma cambiando riusciranno ancora ad avere gli elettori dalla loro parte? Il grillismo si è affermato come un movimento populista che, in maniera profonda, ha fatto leva non sulle idee ma sulla pancia. Oggi sembra difficile che possano tornare indietro senza perdere consenso, del resto però così non vanno da nessuna parte.