«Si tratta di una proposta troppo generica per essere valutata. Cosa vuol dire tecnicamente prescrizione per fasi? Sarebbe importante capire quale sarebbe la sanzione processuale qualora i tempi di fase non venissero rispettati». Chiede concretezza il presidente dell’Unione Camere penali, l’avvocato Gian Domenico Caiazza, rispetto alla proposta della prescrizione processuale formulata ieri, in un’intervista a questo giornale da Walter Verini, che nel Pd coordina il lavoro sulla giustizia. Tuttavia, aggiunge il leader dei penalisti italiani, «di positivo colgo la volontà di superare l’incivile principio sancito dalla riforma Bonafede».

Presidente Caiazza, secondo lei è possibile cominciare una nuova fase di politica della giustizia, che contempli due direttrici: efficacia del processo e rispetto delle garanzie?

Io mi auguro che possa essere così. Tuttavia, occorre, come già abbiamo detto, capire di quale riforma del processo penale stiamo parlando. Registro con apprezzamento che l’onorevole Verini abbia fatto riferimento al termine per gli emendamenti alla legge delega sulla riforma del processo penale e alla opportunità di recepire gli approdi del tavolo ministeriale, raggiunti d’intesa tra avvocatura e magistratura. È quello che abbiamo detto da sempre: se ragioniamo di prescrizione all’interno di quel quadro siamo favorevolissimi. Se la riforma del processo penale deve essere quella disegnata dalla legge delega così com’è, allora noi non siamo d’accordo.

La proposta lanciata da Verini di una prescrizione per fasi potrebbe essere un giusto compromesso, lasciando inalterata la norma Bonafede?

Si tratta di una proposta troppo generica per essere valutata. Cosa vuol dire tecnicamente prescrizione per fasi? Sarebbe importante capire quale sarebbe la sanzione processuale qualora i tempi di fase non venissero rispettati. Qual è la conseguenza del mancato rispetto dei termini di fase? L’unica conseguenza seria è la decadenza dell’azione penale. Quindi io di positivo colgo la volontà di superare l’incivile principio sancito dalla riforma Bonafede, ma è troppo generico il riferimento che fa Verini per poterne apprezzare la portata.

Verini ipotizza di poter arrivare a “un processo che può durare 6 anni”, come peraltro già indicato nel ddl Bonafede a proposito delle sanzioni per i giudici. Ma tempistiche del genere sono compatibili, per esempio, con i maxi processi in cui compaiono centinaia di imputati?

Sono numeri fissati in modo arbitrario. Quali sono i criteri adottati per formulare queste ipotesi temporali? A cosa facciamo riferimento? Alla durata delle istruttorie dibattimentali dei processi, o stiamo calcolando all’interno di questi termini anche le fasi morte dei processi che rimangono fermi? Sono tutte idee il cui contenuto ancora non è chiaro e quindi occorre discuterne.

All’interno dell’Odg Cartabia c’è un passaggio in cui si mira ad assicurare al procedimento penale una durata tale da non compromettere la funzione rieducativa della pena. E certo, il principio del fine rieducativo è contraddetto da condanne inflitte a 20 anni di distanza dal fatto. Una premessa simile non rappresenta un limite forte alla norma Bonafede?

Si tratta di uno dei cardini del nostro ragionamento di opposizione alla riforma Bonafede, perciò la definiamo incivile. Non solo perché rende l’imputato prigioniero del suo processo ma anche perché una pena messa in esecuzione decenni dopo il fatto è la negazione del principio rieducativo. Una esecuzione della pena che inizia a 20 anni dal fatto nei confronti di una persona che è necessariamente diversa da quella che ha commesso il reato è una assurdità incostituzionale, viola il principio che per fortuna la ministra Cartabia ha voluto sottolineare.

Però la prescrizione processuale eviterebbe che un reato si estingua solo perché scoperto tardi: quindi lo mandi comunque a processo ma con le garanzie che duri tempi ragionevoli. E però si ripropone il problema della funzione rieducativa della pena. Anche in questo caso ci troveremmo dinanzi a una persona diversa.

È una obiezione giusta. E infatti anche le proposte della migliore dottrina, che si occupa di possibili riscritture dell’istituto della prescrizione, fanno riferimento a un sistema misto di prescrizione: prescrizione del reato e prescrizione del processo. Quindi noi pensiamo che un istituto della prescrizione debba comunque sanzionare anche la perseguibilità di un reato a distanza di troppi anni. Non ha senso indagare su un reato a decenni di distanza dai fatti.

Ragioniamo sulla prescrizione processuale ma sempre accompagnata con quella sostanziale.

Verini nella sua intervista al Dubbio ha parlato anche di riforma dell’ordinamento penitenziario. Secondo lei nella nuova cornice politica allargata il Partito democratico potrebbe muoversi con più autonomia per perseguire il suo scopo di riforma?

Lo spero. Ci tengo molto a ricordare che nella lettera augurale che l’Ucpi ha inviato al ministro Cartabia, abbiamo indicato tre punti: discutere di una riforma della prescrizione in termini sistemici, farlo nel contesto di una riforma del processo penale che recuperi l’accordo Anm- Ucpi, riformare il carcere, facendo tornare alla luce il grande lavoro degli Stati generali dell’Ordinamento penitenziario.

Ultimamente Movimento 5 Stelle e Partito democratico sono molto vicini. Ma arriverà il tempo in cui il Pd riuscirà ad affrancarsi dai pentastellati?

Posso solo augurarmi che il Partito democratico e tutto il Paese si liberino dell’ipoteca del populismo e del giustizialismo al governo. Più presto ci liberiamo di questo incubo, meglio è.