«O si fanno gli Stati Uniti d’Europa, oppure le spinte localistiche continueranno a susseguirsi. Oggi la Catalogna, domani i fiamminghi o gli scozzesi». Massimo Cacciari, filosofo, professore e teorico del federalismo, analizza le ragioni del referendum catalano e la reazione del governo di Madrid.

Professore, il referendum catalano è legittimo, secondo lei?

Per rispondere bisogna rifarsi alla storia della Catalogna, perchè vicende di questo genere si spiegano solo riflettendo sull’evoluzione storica della regione. Non c’è dubbio che la Catalogna abbia una storia secolare tutta in opposizione alle forme di potere centralistico dello Stato spagnolo, prima quello monarchico, poi quello repubblicano e poi monarchico di nuovo. Va ricordata anche la sua dolorosissima storia durante il regime franchista. Esistono, quindi ragioni culturali, storiche e politiche che legittimano in modo forte la volontà di autonomia.

Ma ha ancora senso, nel 2017, chiedere la costituzione di uno Stato- nazione all’interno di un altro?

E’ chiaro che nel mondo contemporaneo una staterello come la Catalogna avrebbe pochissimo senso. Questa voglia di secessionismo, però, si sarebbe disinnescata se ci fosse stata la volontà di creare degli effettivi Stati Uniti d’Europa. Allora sì: all’interno degli Stati Uniti europei una stella in più sulla bandiera non cambierebbe nulla. Nella situazione di oggi, invece, è evidente come la logica di uno staterello sovrano è puramente reazionaria, a prescindere dalle fondate ragioni storiche della richiesta.

Solo l’Europa avrebbe potuto disinnescare la voglia secessionista, quindi?

Certo, ma non solo. Il futuro non sono certo gli staterelli sovrani, ma le grandi repubbliche federali, come la Russia e gli Stati Uniti. O l’Europa riesce a costruire i suoi Stati uniti, oppure - necessariamente - ci sarà un susseguirsi di istanze autonomistiche: oggi la Catalogna, domani la Scozia o i fiamminghi. E’ inevitabile: laddove non si creano grandi unità federali si riproducono necessariamente i nazionalismi localistici. E’ una legge fisica, non politica.

La reazione di Madrid è stata violentissima, però. Si aspettava che si arrivasse agli arresti?

Assolutamente no, è stata una reazione totalmente inconsulta e da regime franchista. Il governo spagnolo avrebbe dovuto lasciar svolgere il referendum, poi nel caso sancirne l’incostituzionalità e non darvi seguito. Arrestare i leader del movimento autonomistico è una cosa pazzesca, che nuoce enormemente al governo perché da un lato rinvigorisce lo stesso movimento, dall’altro esaspera la situazione.

Ma se il referendum si fosse svolto il risultato sarebbe stata l’ennesima spina nel fianco.

Io non direi. Il referendum avrebbe avuto un risultato molto in bilico: certamente avrebbe vinto l’autonomia, ma non credo che la partecipazione avrebbe superato il 50%.

Il risultato, allora, sarebbe stato che solo una minoranza dei catalani vuole l’anutonomia. Questo sarebbe stato un risultato politico forte per il governo di Madrid, su cui poggiare poi le iniziative della Corte Costituzionale, per evitare la secessione.

Rajoy ha spazio per tornare indietro?

Onestamente non vedo come. Il governo ha perso la testa e, anche dal punto di vista della tattica politica, ha commesso una scemenza inaudita.

E’ fuorviante un parallelo con il referendum secessionista proposto dalla Lega Nord per Veneto e Lombardia?

Ma certo, di che cosa stiamo parlando? Non c’è nessuna possibile somiglianza. In Catalogna c’è una storia millenaria di cultura, lingua, tradizioni e lotta politica. Lombardia e Veneto che cosa hanno? I referendum leghisti sono una semplice forma di accattonaggio di qualche voto politico, per di più in malafede.

Perché in malafede?

Perché i politici che li promuovono sanno perfettamente che questi referendum non produrranno alcun che. E sa chi ci crede di meno di tutti? Matteo Salvini.

Eppure sembra un ritorno agli ideali tradizionali della Lega Nord, con lo slogan “Padania libera”.

Bossi a Pontida piangeva su Salvini ma farebbe meglio a piangere su se stesso. La Lega Nord, vent’anni fa, poteva essere la forza trainante per dar vita in Italia a una vera strategia federalista. Invece l’opportunità è stata buttata alle ortiche con ridicole scelte secessioniste e con vaneggiamenti sulla Padania altrettanto ridicoli. Questi referendum sono i cascami ultimi di quella stagione ormai finita, da cui anche il segretario leghista non vede l’ora di allontanarsi.