Uno scenario politico che, prima ancora di delinearsi con chiarezza, è già un «pasticcio» e un elettorato consolidato che è solo «apparenza». Il filosofo e professore Massimo Cacciari lo conosce bene perché con lui ha un passato nella Margherita e non ha dubbi: in questa prospettiva, Paolo Gentiloni «è la mediazione incarnata che potrebbe essere utile».

Professore, Gentiloni premier è un’ipotesi sempre più verosimile?

Dipende da come andranno le elezioni, ovviamente. Se non dovesse vincere il centrodestra, come invece dicono alcuni sondaggi, e si verificasse una situazione di stallo, allora il presidente Sergio Mattarella potrebbe tentare la via del governo Gentiloni. La strada, però, è stretta.

Il Pd non ha alcuna chance?

Una sua vittoria in solitaria è impossibile.

Lei è stato molto duro con Matteo Renzi, la sua parabola è definitivamente tramontata?

E’ assolutamente pacifico che Renzi non sarà più il premier, qualsiasi sia lo scenario possibile. Qualunque alleanza il Pd possa stringere per rimanere al governo, gli alleati porranno come condizione che il premier non sia lui. Ecco, l’unica cosa certa è che lui non sarà più il presidente del consiglio e lui lo sa bene, per cui si sta muovendo per creare qualche ipotesi alternativa.

Lei lo ha conosciuto bene nella Margherita. Paolo Gentiloni è il nome migliore?

Difficile dire se Renzi stia pensando solo a lui o anche ad altri. L’unica cosa certa è che, se il Pd costituirà un nuovo governo, questo sarà composto da una coalizione arzigogolata e pasticciata. In uno scenario del genere, una persona come Gentiloni può essere utile perché rappresenta la mediazione incarnata.

Si apre così la strada per un progetto centrista che rassicuri l’elettorato frastornato?

Non esiste nessun progetto cen- trista. Di più, non esiste un progetto di nessun genere in questo Paese.

Nemmeno a destra, dove la coalizione sembra tutto sommato più solida?

Quello non è un progetto. Il centrodestra si è limitato a mettere insieme soggetti con idee diverse su tutte le questioni essenziali, a partire dall’Europa. A differenza della sinistra, però, la destra ha sempre avuto un vantaggio: guarda prima di tutto al potere e ha un elettorato di bocca buona che è disposto a seguirlo. Di consolidato e di progettuale, però, non ha nulla.

Rimane il Movimento 5 Stelle, che invece ha un elettorato che sembra solidamente fissato sulla soglia del 30%.

Figuriamoci, sono tutte apparenze. Il Pci, la Dc e i socialisti avevano un elettorato consolidato, oggi invece non l’ha nessuno. Basta un soffio e i 5 Stelle spariscono, basta un nonnulla e il Pd si disfa definitivamente e lo stesso vale per la coalizione di centrodestra.

Un futuro all’insegna della vacuità, quindi?

Non del tutto, ci sono ancora dei leader che hanno un proprio seguito personale. Non c’è dubbio che Silvio Berlusconi abbia un proprio patrimonio personale di voti che viaggia intorno al 10- 12%. Lo stesso vale per Renzi, il quale ha voti personali che non hanno nulla a che fare con il Pd. Si tratta di un bacino che non ha nulla a che vedere con quello che avevano i grandi partiti di massa: attinge a corti personali e ad un seguito di opinione pubblica legata a questo o quel leader, ma non al partito.

Liberi e Uguali di Piero Grasso sarà la variante imponderabile di queste elezioni?

Quello di Grasso è un progetto che non ha alcun senso dal punto di vista politico e strategico. Potrà collocarsi al massimo come un forza di interdizione, secondo il più classico schema da Prima Repubblica. Se LeU prenderà il 7% avrà il potere di bloccare il gioco, perchè dalle urne non uscirà nessun polo vittorioso. Un pasticcio inenarrabile.

Immagina una legislatura lampo?

Dubito, perché nessun parlamentare appena eletto si farà mandare a casa. Sarà un pasticcio inverecondo, con trasformismi di ogni genere: staremo a vedere se dalle urne uscirà un governo Pd con i transfughi del centrodestra, oppure viceversa, oppure ancora un governo con i 5 Stelle. L’ipotesi meno probabile, tuttavia, mi sembra quella di un governo Pd- sinistra. Come vede, tutto l’opposto di tutto, frutto di una politica italiana che ormai è ridotta come il vestito di Arlecchino.

Da professore, come ha accolto la proposta di Grasso di abolire le tasse universitarie?

E’ una proposta assolutamente schifosa. Perché abolire le tasse? Ogni università fissi le tasse che vuole, mentre lo Stato abbia l’obbligo di tutelare con il diritto allo studio una soglia intorno al 15% di studenti senza reddito. In questo modo le università di livello sopravviveranno, quelle invece con un’offerta didattica e scientifica inageduata finalmente chiuderanno, perché non competitive.

Lei la definirebbe una proposta di sinistra?

Io trovo che sia una proposta che dice tutto dell’arretratezza strategica e culturale e dell’inedeguatezza di questa sinistra di liberi e belli.