«Le liste? Noi non siamo un partito personale, a differenza di altri», dice il capodelegazione Pd a Strasburgo, Brando Benifei, che poi sul nuovo patto di Stabilità dice: «Non potevamo votarlo, Gentiloni ha fatto un grande lavoro ma il Consiglio dell’Unione europea ha stravolto l’impianto».

Onorevole Benifei, il Pd si è astenuto, come Iv e la maggioranza, sul nuovo Patto di stabilità approvato ieri a Strasburgo. Gentiloni ha detto ironicamente di essere riuscito a unire la politica italiana: che ne pensa?

Paolo Gentiloni ha fatto un grande lavoro con una proposta molto buona di riforma. Purtroppo, nonostante l’impegno dal lato del Parlamento europeo per sostenerla e rafforzarla, il Consiglio dell’Unione europea, nella sua attività di co-legislatore, ha stravolto l’impianto. Inoltre, abbiamo visto il governo italiano subire completamente le imposizioni di altri governi e non riuscire a ottenere nulla per gli interessi del nostro paese rispetto a regole più vicine ai bisogni dell’Italia sugli investimenti. Di conseguenza, per noi un voto favorevole non era possibile, ma la domanda da porsi è come può continuare Giorgetti a fare il ministro dell’Economia nel momento in cui la maggioranza sconfessa il risultato da lui ottenuto a livello di negoziato. A noi il patto, modificato in questo modo, non piace. Ma evidentemente non convince neppure loro.

La segretaria Schlein ha ufficializzato le liste per le Europee su Instagram dopo giornate per così dire molto intense: come giudica le scelte fatte?

Abbiamo discusso in Direzione e abbiamo approvato le liste come partito che si confronta e non fa decidere a uno, come fanno altri. Sono liste molto competitive che parlano a molte e diverse parti della nostra società. Il Pd si sta preparando al ritorno al governo del Paese e quindi ha presentato un mix importante di civici, amministratori di partito e parlamentari uscenti. E sono orgoglioso di essere al secondo posto al nord- Ovest dopo Cecilia Strada, della quale ho grandissima stima.

Una decisione sulla quale si è discusso molto è quella del nome della segretaria nel simbolo, prima fatto votare e approvato in direzione e poi tolto dopo la “rivolta” interna e sui giornali: condivide?

Il dibattito c’è stato ma credo appassioni poche persone. Io ho sempre fatto campagna contro il taglio del finanziamento pubblico ai partiti e ho fatto battaglia in solitaria anche contro il taglio dei parlamentari, che oggi tutti reputano una sciagura. Lo dico perché sono affezionato all’idea dei partiti collettivi e organizzati ma in questo caso il dibattito era su come rendere più efficace l’effetto Schlein dentro la campagna elettorale. Ora guardiamo avanti.

Lei, che fa parte del gruppo dirigente del Pd a Bruxelles, avrà l’occasione di continuare il lavoro: in che modo i Socialisti europei possono essere protagonisti della nuova legislatura?

Decideranno gli elettori se confermare la fiducia ai parlamentari uscenti, noi faremo campagna spendendoci al massimo sapendo che nella nuova legislatura la questione fondamentale sarà non tornare indietro rispetto alle importanti decisioni prese su transizione ecologica, politiche sociali, transizione digitale. In questi cinque anni mi sono occupato di intelligenza artificiale e sarà importante impegnarsi perché non si torni indietro. L’Europa ha bisogno di andare avanti e di diventare un’Europa federale a partire dai paesi e dai governi che sono pronti a fare questo passo. E il Parlamento europeo deve spingere in questa direzione.

Il Pse ha un suo candidato alla commissione, Nicolas Schmit, come il Ppe ripropone von der Leyen: pensa che nel caso non si trovi una quadra sia possibile una qualche convergenza sul nome di Mario Draghi, di cui pure si parla?

Il nostro candidato ha tutte le carte per vincere perché in tutti i grandi paesi le forze dei Socialisti stanno recuperando consensi e sono in crescita. Confido dunque nel fatto che il nuovo presidente della Commissione sarà socialista. Se così non fosse occorre costruire un accordo con le forze che vogliono andare nella direzione di una maggiore integrazione per un’Europa più unita e più forte. A oggi, i nomi appaiono una questione secondaria.

In patria tiene banco la discussione con i Cinque Stelle, visti i rapporti ai minimi termini e i risultati negativi, come in Basilicata: in che modo dovrebbe evolvere il rapporto con Conte e la galassia penta stellata?

Nonostante la sconfitta, i buoni risultati di lista del Pd sia in Abruzzo che in Basilicata dimostrano che il nostro atteggiamento unitario paga, e che le persone sono stufe delle liti da cortile e delle polemiche che vediamo dai nostri alleati. L’affermazione importante del Pd è la precondizione per costruire un’alleanza e una proposta politica larga che tenga insieme le forze di opposizione con la volontà di proporre un’alternativa reale alla destra che oggi malgoverna il paese e sembra tenuta insieme solo da ragioni di potere.